“Per fare critica di quarto tipo bisogna dimenticare che esiste un genere detto fumetto. Bisogna andare alla ricerca dell’evoluzione di generi, temi, tecniche e motivi nell’universo del medium-fumetto.”
Sembra una banalità, eppure ne è dovuta passare di acqua sotto i ponti perché anche in Italia lo studio del fumetto raggiungesse questo grado,se non vogliamo dire presuntuosamente di “maturità”, diciamo almeno di specializzazione. In questo senso il saggio Riyoko Ikeda: quando lo shojo diventa storia di Claudia Barrera rappresenta un buon esempio di quanto la critica si sia parcellizzata negli ultimi anni. > LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="219" width="160" alt="Riyoko Ikeda: quando lo shojo diventa storia >> LoSpazioBianco" class="alignleft wp-image-49237" />Il volume fa parte dei Japan Files, collana consacrata dall’editore Iacobelli a studi monografici, di taglio divulgativo, relativi a manga e anime giapponesi.
In particolare il saggio rappresenta il primo tentativo organico di raccontare una delle più celebrate cartoonist, ovvero mangaka, dell’ultimo trentennio, Riyoko Ikeda. Per delineare l’identikit artistico dell’autrice di Versailles no Bara (“Lady Oscar”),la Barrera – fine conoscitrice dell’immaginario “con gli occhi a mandorla” – sceglie i termini di una densa biografia editoriale.
Nei diversi capitoli che seguono, in maniera cronologica, la carriera della Ikeda, dagli esordi al successo internazionale fino alla scelta inconsueta di lasciare il fumetto per altri orizzonti professionali, l’analisi delle opere e quella delle svolte personali vanno di pari passo. Il testo si sofferma anche sul passaggio multimediale dalla pagina disegnata (manga) allo schermo (anime e film) e sulla fortuna delle opere presso il pubblico italiano.
Ne emerge un ritratto ricco di spunti analitici, anche se non sempre equilibrato. Per esempio, alcuni piccoli e interessanti box di approfondimento, dedicati allo stile narrativo dell’autrice e ai temi delle opere, fanno intuire che il respiro dell’analisi avrebbe potuto essere ben più ampio. Lo stesso dicasi delle 32 pagine di illustrazioni, quasi un mini art book che, certo, impreziosiscono la confezione editoriale ma non aggiungono molto alla trattazione, anzi sembrano togliergli spazio utile.
> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="300" width="202" alt="Riyoko Ikeda: quando lo shojo diventa storia >> LoSpazioBianco" class="alignright size-medium wp-image-49236" />La sensazione è che, a prescindere dall’indiscussa qualità del lavoro di ricerca fatto dalla Barrera, la veste editoriale resti figlia di un’ambiguità di fondo tra critica e pubblicistica, presente ancora in una certa parte della nostra cultura del fumetto giapponese per cui, anche sforzandosi di “dimenticare il medium”, non si riesce a dimenticarsi del pubblico cresciuto con quel medium. Come se l’unico lettore possibile per un’opera del genere debba essere un esponente delle “generazioni mazinga nostalgiche”, per dirla con una felice definizione di Marco Pellitteri, cui affibbiare un album di ricordi.
A riprova, un particolare curioso è che il termine “shojo”, presente già nel titolo del volume, e riutilizzato nella trattazione, non viene mai spiegato. Si dà per scontato, insomma, che il lettore di una monografia come questa debba sapere a prescindere che per shojo s’intende quel particolare genere di manga rivolto a un pubblico femminile.
L’oggetto dell’indagine, d’altronde, non è qui il genere, ma l’autore, e il lavoro della Barrera si fa apprezzare proprio perché riesce a restituirci, su tutto, la particolarità del percorso espressivo di una mangaka unica nel suo genere, capace di tradurre la propria sensibilità prima nel fumetto, poi in musica e letteratura, mantenendo intatto il proprio legame con il pubblico e con il proprio, complesso, mondo interiore.
Abbiamo parlato di
Riyoko Ikeda: quando lo shojo diventa storia
Claudia Barrera
Iacobelli editore, 2011
128 pagine, brossurato – 12,50€
ISBN: 9788862521185
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Iacobelli EditoreRiyoko IkedaClaudia BarreraPuoi leggere anche:
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