Quando il trionfo dei San Antonio Spurs ha mandato in archivio la stagione NBA 2013/2014, i malati della pallacanestro a stelle e strisce hanno catalizzato le loro attenzioni su due grandi tavoli: il mercato dei free agent e le scelte iridate di USA Basketball. La seconda Decision di LeBron James ha fatto decollare tutte le trattative e ha acceso l’estate più movimentata dell’ultimo quadriennio; nelle prime tre settimane di luglio i microfoni dell’universo cestistico hanno registrato le rotture di faglia e le scosse d’assestamento che hanno sconvolto gli equilibri della Lega, mentre i giornalisti e i reporter hanno lasciato la preparazione della Nazionale alla FIBA World Cup sullo sfondo dei notiziari.
Gli equilibri mediatici sono cambiati quando i due piani hanno cominciato a intersecarsi pericolosamente: dopo che i Cavs hanno ufficializzato il Ritorno del Re, Kevin Love ha iniziato a sperare di raggiungerlo alla Quicken Loans Arena e ha soffiato a pieni polmoni sul fuoco della trade più rovente d’America; la voglia di Ohio lo ha spinto a rinunciare al Mondiale per non rischiare scomodi contrattempi o brutti infortuni e per seguire da vicino i movimenti del suo agente. Quando Blake Griffin ha scoperto che i dolori alla schiena che hanno tormentato il suo giugno erano imputabili a una frattura vertebrale ed è stato costretto a fermarsi, Team USA ha perso uno dei suoi principali punti di riferimento nel pitturato e si è trovato privo di veri e propri “numeri 4”, ma Mike Krzyzewski e il managing director Jerry Colangelo non hanno mostrato particolari preoccupazioni; il talento sconfinato di Kevin Durant, l’impatto bifronte di Paul George e Klay Thompson, la pericolosità perimetrale di Kyle Korver, la versatilità di Chandler Parsons e lo spirito frizzante di DeMar DeRozan riempivano la faretra statunitense di frecce acuminate e capaci di incidere il tessuto connettivo degli avversari in modi diversi. Il brillante recupero di Derrick Rose e la profondità del back court suggerivano ottimismo agli appassionati americani, ma le nubi della sfortuna stavano per avventarsi sulla squadra di “Coach K”: nel primo scrimmage televisivo fra i “Bianchi” e i “Blu”, Paul George ha cercato di stoppare un lay-up di James Harden con una tremenda chase down, ma ha chiesto troppo al suo nobile atletismo; la gamba destra della stella dei Pacers si è sbriciolata contro il sostegno del canestro e ha gettato nello sconcerto lo staff di Jerry Colangelo.
Mentre le polemiche di Mark Cuban e le proteste dei proprietari meno inclini ai “sacrifici” dell’universo professionistico per la Nazionale a stelle e strisce infuocavano il dibattito pubblico, Kevin Durant ha annunciato al mondo il suo bisogno di riposo e ha lasciato il ritiro di USA Basketball; Mike Krzyzewski e il suo entourage hanno incassato con fatica la rinuncia del trascinatore del Mondiale 2010, ma non hanno alimentato le voci critiche e hanno convocato una vecchia conoscenza dei programmi iridati, l’alterno Rudy Gay. Il tempo delle scelte si avvicina e i problemi della front line fanno versare fiumi d’inchiostro alla stampa sportiva d’Oltreoceano: l’incredibile pacchetto-lunghi della Spagna minaccia i detentori del titolo con la sua fama e con la forza dei suoi interpreti, ma i ragazzi di Team USA possono contare sull’esplosività di un back court stellare e sulla facoltà di alzare a loro piacimento il ritmo delle partite senza alcuna paura di incorrere in passaggi a vuoto.
Prima di determinare il roster definitivo, “Coach K” e il suo staff vogliono valutare con attenzione tutte le loro carte. Fra gli esterni puri, il ritrovato Derrick Rose, Stephen Curry e James Harden sono già sicuri del posto poiché garantiscono freschezza, esperienza e grande voglia di incidere ad altissimi livelli. L’MVP della stagione 2010/2011 ha accettato la crudeltà del suo destino e si è messo al lavoro con la maturità di un vero adulto: l’attesa ha pagato frutti importanti e lo ha restituito integro alla pallacanestro. Le immagini delle prime settimane di allenamento e le parole del sempre parco Tom Thibodeau – assistente di Krzyzewski e head coach dei Chicago Bulls – confermano che il recupero di D-Rose procede secondo i piani e suggeriscono che il nativo della Windy City sia in piena corsa per giocare una FIBA World Cup da assoluto protagonista. “Steph” scalda le polveri e sogna una consacrazione nel sistema che privilegia maggiormente le sue paranormali doti balistiche, mentre Harden spera di riscattare le delusioni del mercato di Houston e attende un’occasione prestigiosa per dimostrare che il suo posto nel Primo Quintetto NBA non è stato un caso legato all’infortunio di Kobe Bryant, ma una proiezione di un futuro d’egemonia barbuta.
Kyrie Irving e Damian Lillard si giocano l’ultimo biglietto per Barakaldo e sperano che la defezione di Durant convinca i tecnici ad aumentare ulteriormente la rapidità delle transizioni e a puntare sempre più spesso sulle small balls; secondo gli addetti ai lavori d’Oltreoceano, la stellina dei Cavs avrebbe un piccolo vantaggio sulla new sensation dei Portland Trail Blazers poiché la sua capacità di attaccare il ferro e scegliere le soluzioni migliori nel traffico intriga la sete di talento dello staff tecnico e spalanca vantaggi strategici all’attacco americano, ma il fascino da clutch scorer e la straordinaria personalità di Lillard potrebbero ancora sovvertire parecchi pronostici. I quintetti piccoli richiedono l’energia spaventosa del lungo undersized Kenneth Faried e la polifunzionalità di Klay Thompson, che sembra molto vicino alla scaletta dell’aereo per la Spagna. Rudy Gay conta sulla sua notevole capacità di creare tiri dal nulla e sugli ottimi ricordi che ha lasciato alla Nazionale nella sua ultima esperienza, mentre DeMar DeRozan e Gordon Hayward si sfidano a colpi d’identità per allargare la rotazione perimetrale: la sorpresa dei Raptors accende il perimetro con la sua rapacità offensiva e con la duttilità di un potenziale swing-man. I suoi 201 centimetri d’elettricità aprono prospettive multi-uso piuttosto interessanti in ottica small ball, ma il ragazzo dell’Indiana avanza la sua candidatura sulla scia dei fondamentali e dell’ottimo impatto che ha saputo offrire nei momenti in cui è stato chiamato in causa.
Kyle Korver e Chandler Parsons sperano che le loro caratteristiche inducano il santone dei Blue Devils di Duke a servirsi dei quintetti piccoli e ad allargare gli spazi dell’attacco con ottime bocche da fuoco sugli scarichi. Sotto le plance, Anthony Davis si gode l’inamovibilità del predestinato e attende compagnia; Mason Plumlee, DeMarcus Cousins e Andre Drummond vanno a caccia dell’iride con legittime speranze di “fare la squadra”. Il talentuoso centro dei Sacramento Kings parte in vantaggio, ma un fastidioso infortunio al ginocchio destro rischia di compromettere le sue possibilità nel momento decisivo della preparazione. Drummond offre un grande impatto fisico e una notevole protezione del ferro, ma sembra ancora troppo grezzo per dialogare con le stelle del perimetro; Plumlee si adatta perfettamente ai ritmi elevati di una squadra “piccola” e ha una straordinaria intelligenza tattica, ma non dispone ancora delle risorse offensive che servono per vestire la maglia di Team USA.
Chi salirà sul volo per l’Euzkadi? Il mistero sarà sciolto fra pochi giorni, ma non libererà la squadra dai mille punti interrogativi della stampa: D-Rose e i suoi compagni saranno all’altezza dell’Oro? La voglia, la fame e le polemiche non mancano; per tutto il resto, c’è solo l’attesa. Il 30 agosto e la Finlandia sono vicini; Ucraina, Turchia, Repubblica Dominicana e Nuova Zelanda attendono dietro gli angoli di Bilbao.
Let’s get it started!