Robert edwards e nobel: quando la chiesa perde al gioco dell'eretico
Creato il 05 ottobre 2010 da Alessandro
@AleTrasforini
Non si capisce come mai un Nobel possa essere dichiarato inaccettabile; la vittoria del biologo Robert Edwards è meritatissima, salvo forse essere arrivata troppo in ritardo.
Dai tempi della prima fecondazione "in vitro" sono passati ormai 32 anni. Nonostante ciò, meglio tardi che mai.
In corrispondenza di episodi come questi, purtroppo, la Chiesa deve sempre dire qualcosa capace di dimostrare siderali distanze con le reali esigenze umane a terzo millennio ormai inoltrato.
Robert Edwards è stato capace di regalare bambini a milioni di coppie che, purtroppo, erano condannate a non godere di quel miracolo che inseguiamo nell'esistenza.
Ad oggi, questa geniale scoperta viene utilizzata in tutto il mondo per combattere l'infertilità, male che colpisce indicativamente tra il 15% ed il 20% delle coppie.
Dinnanzi ad un tasso di incidenza in netto aumento, inutile scrivere di quanto una tecnica come questa sappia essere ancora più utile e straordinaria.
In tutto il mondo la Fivet (Fertilizzazione in vitro con Embryo Transfer, nds) ha regalato al mondo 4milioni di nuove vite; solo nel 2008 ben 10212 bambini sono nati grazie alle tecniche di fecondazione e procreazione assistita.
Risultati straordinari, applauditi da tutto il mondo e coronati, giustamente, dalla vittoria di un premio tanto presigioso.
La Chiesa, nonostante i tempi, continua a negarsi a questi traguardi:
"[...] la fecondazione in vitro suscita gravi interrogativi morali quanto al rispetto della vita umana nascente e alla dignità della procreazione umana. [...]"
E' questa l'opinione in merito di Monsignor Colombo, rispettivamente docente della Cattolica di Milano, membro della Pontificia Accademia della Vita e del comitato nazionale di bioetica; nonostante un curriculum così corposo stupiscono dichiarazioni come queste.
Sottolineando il concetto di rispetto della vita umana, si nota una discrepanza tra vita nascente e vita morente.
Se su questioni come queste si rifiutano le modernità imposte dalla scienza, in troppi altri casi persone non vengono fatte morire, contrariamente a quelle che chiamiamo leggi di natura.
Per casi d'esempio, basti vedere alla tragedia subita da Eluana Englaro e da quei tanti che, come lei, si ritrovano in vita grazie all'ausilio di macchine.
In linea d'aria, la questione sembrerebbe attinente al riconoscere e circoscrivere meglio il rapporto che oggi deve intercorrere tra scienza e fede.
L'intuizione di Edwards ha regalato al mondo traguardi impensabili; la sola motivazione che lo spinse a muoversi così febbrilmente verso questa prepotente scoperta fu, a detta sua, un amore incondizionato verso l'umanità intera:
"La cosa più importante nella vita è avere un figlio: nulla è più speciale di un bambino."
Ripete queste parole, in un'intervista, dietro occhiali spessi e cravatta storta. In Italia, dinnanzi a questioni come queste, il dibattito si riaccende.
Si riaccendono le discussioni attorno alla Legge 40, si rivitalizzano le voci di censori e di presunti "arbitri della morale".
In realtà la soluzione è molto più complessa da cercare; la questione più scottante passa attraverso il quanto la scienza possa influenzare il dibattito contemporaneo e le vite dell'umanità.
Il codice scientifico dietro alle vicende umane è stato, da sempre, occasione di infinite riflessioni.
Degna di riflessione è anche, da sempre, la questione per la quale fede e scienza non possano mai intrecciarsi.
Sono forse condannate ad essere due rette parallele ma funzionali alla stessa umanità?
Molti scienziati si sono pronunciati in merito, senza mai fornire adeguate risposte.
La religione, umanamente intesa, niente più è che un'idea.
Il concetto di divino, per condanna della materiale e limitata mente umana, non può che essere un parto di idee.
Idee che fanno paura, suggestione, soggezione.
Idee che confortano, idee alle quali portare sempre massimo rispetto.
Però, sempre e comunque, idee.
I fatti di cui la scienza è stata capace sono, invece, sotto gli occhi di tutti.
Una citazione efficace proviene dal supremo Albert Einstein, riguardante la necessità di fare scienza e di come indirizzarsi riguardo ai passi in avanti compiuti:
"Il miglioramento delle condizioni in tutto il mondo non dipende in maniera essenziale dalla conoscenza scientifica, ma dalla realizzazione delle tradizioni e degli ideali umani."
La sola condizione al contorno con la quale operare per il genere umano deve essere questa, in ogni senso possibile.
Chi "amministra" questioni di fede ha il supremo dovere di modificare le proprie idee, in funzione del bacino contemporaneo.
C'è un enigma perenne che ci pone a contatto diretto con il caos del mondo.
Arrivano uomini come Robert Edwards, ogni tanto, a salvarci dalla nebbia.
Gettano ancore importanti, capaci di regalarci solide certezze.
E' loro il merito se pregevoli scoperte riescono a trasformarsi in lingua e caratteri con cui meglio descrivere quell'immenso libro della natura che Galileo tanto amava e temeva, al tempo stesso.
La Chiesa, fedele testimone di un'idea divina assolutamente condivisibile e pensabile, ha il dovere di adeguarsi gradualmente alle novità umane della contemporaneità.
Idea divina in tutto e per tutto simile a quella in cui credeva intimamente Einstein:
" La mia religione consiste in una umile ammirazione dello spirito superiore ed infinito, il quale si rivela nei dettagli minuti che riusciamo a percepire con le nostre menti fragili e deboli.
Ecco la mia idea di Dio, la convinzione profondamente emotiva della presenza di una razionalità suprema che si rivela nell'universo incomprensibile."
Niente di più incomprensibile e miracoloso si nasconde, infatti, dietro ad una vita che nasce.
Per motivi come questo sono fermamente convinto che in Robert Edwards ci sia qualcosa di profondamente divino.
Scritto da mente scientificamente formata, si intenda.
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