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Roberto RAIELI – Poemi muti

Creato il 02 ottobre 2011 da Fabry2010

Roberto RAIELI – Poemi muti

ho contato tutte le foglie
di questo ramo di ulivo
che separa i miei occhi dal resto
la mia vista è sfocata da rivoli tossici
ossessionata dall’invidiare la luce
che buca questo tetto ai miei sogni
l’universo è di là dal mio corpo
sceglie i più adatti i pazzi i curiosi
i giganti hanno lo sguardo oltre il mondo
il sole tramonta aiutato da Dio
vende pace inattesa ai miei sforzi
tutto si arrende al nero uniforme
anche se tu non ci sei
riesco a sentire l’abbraccio
della nostra coperta di lana
ristretta e scucita
su cui sono sdraiato
23 nov 2008
*

il mio esercito spaventa
un milione di soldati
di terra e ossa umane
i miei compagni assassinati
rimessi in piedi come statue
sono pronti a dare battaglia
a vederli da lontano
purché non piova
e non si sciolga
il mio inganno di sterpaglie
e di fanghiglia
18 mar 2008
*

la vita a volte scorre
come un lungo fiume tranquillo
di cui non conosciamo
né fonte né estuario
e poco importa
se non il timore che un’improvvisa diga
la interrompa
ci lasciamo trasportare allora
dal nostro guscio pieno di oblio
una barchetta fatta con mezza noce
su cui conficchiamo uno stecchino
e un francobollo nero
come vela
le ansie e le ferite
che non abbiamo mai ricucito
e le belle cose toccate
da chi ci ha cresciuti
vorremmo accumulare infinite
insieme a questi preziosi manufatti
donati da chi cresciamo
anche se non avremo mai una soffitta
grande a sufficienza
volano in coppia i passeri alla campagna
la rondine dai suoi rondinini

*

la furia di comunicare nell’era delle ragnatele
di infilare il nostro messaggio da una maglia rotta nella rete
la sedata ossessione del vate cibernetico
vogliamo resistere ed essere umani
nel turbinare degli elementi digitali
la buona notizia è che un sms ha le misure della poesia
questo restiamo dunque aneliti indecisi
la nostra sorte è l’eterno o l’eterno scomparire
eppure siamo nati per le sfere più elevate
quanto ci declassano le guerre
la deficienza stipendiata dalle democrazie
i bisogni inventati e calpestati
la parola che dall’altissimo è mediata tra i satelliti
per rimbalzare sulla Terra
e non rimane uno spazio personale per pensare
la nostra immagine sarà un segnale disturbato
un abbaglio proiettato all’infinito
una stella esplosa che compare in altri mondi
e diventa appena un gioco
da bambini
25 gen 2008

*

sono nato in un’acqua scura
ma ora canto in uno specchio infranto
sono il vestito buono del sindaco
di ogni paese
sono il lamento dei cittadini
sono la detrazione dall’ici
sulla prima casa
mi sveglio però ogni mattina sognando
di ritornare rappacificato
in quell’acqua sicura

*

silenzio quiete e tedio
agitano di sera i pensieri non formati
l’anelito confuso di spargersi sul mondo
uno spirito guerriero che non sente vibrazioni
incapace di condurre altre anime alla meta
perso nel disordine del rebus
un muro di braccia gambe tronchi
non più efficace di una diga di castori
carezzato da un’aria lenta senza scopo
è questa la strategia inconsapevole del cosmo
il meccanismo senza avvio e senza freno
la vita senza ansia e senza pace
quanto ridere farebbe il masticare
prendere togliere accrescere godere
guadagnare superare arrivare
amare vivere morire
se davvero ci guardassero da sopra
che spasso il mirare senza preda
la bellezza l’illusione del peccato
ostaggi della storia senza avere capito un passo
il peggiore nemico una monade rappresa
conchiglia imputridita sullo scoglio

*

la divisa della lingua e altri saggi
seduto in cima a mille sillabari
avari tra i limoni i rovi il vino
una muta solitaria domanda
un verso che finisce
silenzio
è chiaro che sto diventando pazzo
il subdolo schiamazzo della nostra
norma grammaticale
copre le atrocità che andremmo a dire
le deviazioni che informano il nostro
chiaro percorso maestro
il torbido sorriso del mio teschio
il muso ben forbito dal rasoio
la cristallina linfa della lingua
continua sempre a scorrere indiscussa
colpevole compagna dei millenni
del nostro inevitabile sfacelo
con altri saggi ancora
silenzio
8 set 2006-28 gen 2007

*

queste strategiche ore
che l’anima scorre dietro le porte
rinserrate del corpo
si sommano a migliaia
e formano una vita
rifletto con lo spasmo controllato
di un esperto soldato
sul momento in cui andare
all’assalto finale
ora la morte è certa
e questo mi spaventa

*

Roberto Raieli
Poemi muti
Lietocolle (Faloppio, 2010)
Prefazione di Maurizio Cucchi
*


Il pregio che subito si avverte, nelle poesie di Roberto Raieli (e che era ben presente, del resto, anche nel suo precedente Fuoricampo), è la dolcezza morbida e avvolgente della sua pronuncia. Una dolcezza che rivela, da un lato, una sicurezza espressiva matura e, dall’altro, una autenticità aperta, a volte gioiosa a volte malinconica, del sentimento dell’esistere che il poeta cerca di esprimere con semplicità lodevole in ogni suo passaggio, quasi in ogni suo verso.
Poemi muti è il titolo che corrisponde a un atteggiamento discreto, a un tratto di eleganza naturale che Raieli possiede e coltiva, nell’understatement dei suoi modi, felicemente esenti da accentuazioni enfatiche. Eppure i suoi testi non si abbandonano certo a forme di astuzia minimalista, ma riescono spesso a impennarsi con energia, essendo lui ben consapevole di agire in un campo ostile. In un contesto che non gli ottunde, tuttavia, «la furia di comunicare» in un’era (l’«era delle ragnatele») che cerca, appunto, di rendere muto o inascoltabile il suono profondo della poesia. Sulla quale, nella quiete meditativa dei suoi modi, Raieli riflette, attento a quanto di silenzio – espressivo nella ricchezza di virtualità dei suoi spessori invisibili, inudibili – circonda la parola poetica:
tra un verso e un verso
c’è uno spazio in silenzio
un luogo che brucia di senso
un nucleo pesante di cose
è un vuoto crudele e curioso
questo non va riempito
[…]
Dicevo che Raieli non si rifugia nel conforto di cantucci minimi o minimalisti. Al contrario, riesce a cogliere sensi ulteriori, che più si rivolgono turbati alla «strategia inconsapevole del cosmo» (passaggio notevole, quest’ultimo, e comunque imprescindibile, nella lettura), che colgono, negli strati più ordinari e apparentemente bassi del reale, messaggi di profondità:
mi piace quando la casa
rimane chiusa una settimana
la polvere si deposita uniforme
sopra ogni cosa
uno strato sottile
nessuna traccia di noi
del nostro fare tra gli oggetti
[…]
La casa, gli affetti domestici, le sedi dell’amore più autentico e fedele a cui Raieli dedica molti, delicati versi, attingendo alla «cristallina linfa della lingua», oppure creando utili pause riflessive in prosa. Sempre mostrando una compostezza dello stile e una linearità nel suo procedere che lo fanno apprezzare, che danno al suo testo una limpida plausibilità onesta. (Maurizio Cucchi)

*

Roberto Raieli vive a Roma. Si è diplomato in Regia cinematografica e laureato in Filosofia e in Biblioteconomia con dottorato in Scienze bibliografiche. Ha realizzato varie regie teatrali e diretto alcuni cortometraggi, scrivendo per il cinema e il teatro. Si occupa di studi sulle biblioteche digitali e l’informazione multimediale. È impegnato nelle attività del Movimento per la Neorinascenza della letteratura, di cui è uno dei fondatori. È vice direttore della rivista «línfera», fondata dal Movimento nel 2006.
Tra le sue pubblicazioni, la partecipazione alle antologie di poesia Partendo dalla sala infera (Notegen, 2005), Mini Antologia Poetica (Progetto Cultura, 2005), Roma verso Milano (LietoColle, 2007), Verba Agrestia (LietoColle, 2008), alle antologie di narrativa Rac-corti (Perrone-Lab, 2008), I racconti del XLI Premio Teramo (Teramo, 2010), e il libro di poesie Fuoricampo (LietoColle, 2006).



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