Robin Williams se n’è andato. Ci ha lasciato ieri, all’età di 63 anni (da poco compiuti): trovato morto nella sua abitazione di Tiburon, in California. Le notizie sono ancora incerte, e i problemi che negli ultimi tempi aveva affrontato erano stati gravi. Ma non aggiungerò oltre. Perché voglio ricordare il Robin attore, l’uomo che con le sue interpretazioni ci ha accompagnato per molti anni, e che, personalmente, è stato fondamentale nella mia crescita di cinefilo, perché i suoi film sono stati momenti fondamentali della mia infanzia da appassionato di Cinema e sono opere scolpite nella storia del grande schermo. La sua scomparsa getta nello sconforto tutti coloro che lo hanno adorato da attore ma anche chi, semplicemente, lo ha apprezzato in varie occasioni.
Attore versatile e capace di passare da ruoli comici a ruoli drammatici con incredibile leggerezza, è stato senza dubbio tra i volti più amati di Hollywood. Dopo il successo nella serie tv “Mork & Mindy”, tra fine anni ’70 e inizio anni ’80, con “Popeye – Braccio di ferro” (1980) si afferma al Cinema, e da lì per oltre 30 anni ci regalerà delle interpretazioni incredibili, grazie al suo straordinario talento. Lo speaker radiofonico dell’aviazione Adrian Cronauer di “Good Morning Vietnam” (1987, regia di Barry Levinson) è un personaggio simbolo del Cinema degli anni ’80: quel suo «Gooooooooood Morning, Vietnam!» sconvolge Saigon e tutta la base militare americana del 1965 durante la guerra nel Paese asiatico, e le sue trasmissioni, con musica e allegria, gli regalano moltissima popolarità ma anche parecchi problemi coi suoi superiori, troppo rigidi. Finché la tragedia che si sta consumando in Vietnam rischierà di affievolire persino l’energia di Adrian. Candidatura all’ Oscar e vittoria del Golden Globe per Robin.
Ed è l’inizio di una lunga serie di personaggi e film indimenticabili. Ad esempio il professor John Keating de “L’attimo fuggente” (Dead Poets Society, 1989, regia di Peter Weir): un film eccezionale, nel quale Keating, insegnante di lettere, già dalle prime lezioni con i suoi allievi introduce i suoi nuovi metodi di insegnamento rassicurandoli e dando loro fiducia, con la possibilità di confrontarsi addirittura salendo sui banchi. Ma l’amore per la poesia e l’arte, e il teatro, che i ragazzi impareranno a coltivare nella rifondata “Dead Poets Society” (setta dei Poeti Estinti), mal si concilia con la retrograda mentalità del Vermont del 1959. Un’interpretazione che vale a Robin la seconda Nomination all’Oscar.
Intanto, tra le altre pellicole, arrivano due collaborazioni con Terry Gilliam, “Le avventure del barone di Münchausen” (1988) e “La leggenda del Re pescatore” (1991, terza Nomination all’Oscar e vittoria al Golden Globe), il ruolo di Peter Pan nel mitico “Hook – Capitan Uncino” di Steven Spielberg (1991), “Toys – Giocattoli” di Barry Levinson (1992); nel 1993, è Daniel Hillard, che, per avere una possibilità di rivedere spesso i suoi figli dopo la separazione dalla moglie, diventa – anche con abile travestimento e voce cambiata grazie alle sue doti di doppiatore – la tata Mrs. Euphegenia Doubtfire nel film diretto da Chris Columbus, proprio “Mrs. Doubtfire”. Altro Golden Globe vinto, e Robin è sempre più artista e attore completo.
Brillante, divertente, irresistibile. In breve tempo recita in “Jumanji” di Joe Johnston (1995), “Piume di struzzo” di Mike Nichols (1996), “Jack” di Francis Ford Coppola (1996), “Due padri di troppo” di Ivan Reitman (1997), “Flubber – Un professore tra le nuvole” di Les Mayfield (1997), partecipa ad altri tre film e sempre nel 1997 è il dottor Sean McGuire in “Will Hunting – Genio Ribelle” (regia di Gus Van Sant), ruolo molto complesso che finalmente gli vale l’Oscar come Miglior attore non protagonista. “Al di là dei sogni” di Vincent Ward (1998), “Patch Adams” di Tom Shadyac (1998), “Jakob il bugiardo” di Peter Kassovitz (1999), “L’uomo bicentenario” di Chris Columbus (1999), “One Hour Photo” di Mark Romanek (2002), “Eliminate Smoochy” di Danny DeVito (2002) sono film molto importanti con altrettante splendide interpretazioni di Robin, che nel 2002 viene diretto da Christopher Nolan nel thriller “Insomnia”, insieme ad Al Pacino e Hilary Swank. Ruolo da cattivo che Williams rende in maniera straordinaria, ed è un ulteriore dimostrazione della sua poliedricità.
Negli ultimi anni, ricordiamo i due capitoli di “Una Notte al Museo” (2006 e 2009, e il terzo sarà in uscita a fine anno), “L’uomo dell’anno” di Barry Levinson (2006), “Una voce nella Notte” (2006), “Licenza di matrimonio” (2007), “Big Wedding” (2013), “The Butler – Un maggiordomo alla Casa Bianca” (2013) e quindi “The Angriest Man in Brooklyn”, anch’esso previsto prossimamente in uscita.
Nelle sue numerose interviste televisive, nelle occasioni pubbliche, nei momenti nei quali abbiamo potuto conoscere il Robin Williams fuori dal set, abbiamo sempre apprezzato la sua simpatia e le qualità umane. Ed è il caso di non dire oltre. Il dolore resta alla famiglia, soprattutto ai figli, a noi che lo abbiamo apprezzato nei suoi film resta il grande dispiacere di un talento straordinario che se n’è andato. Ma come sempre – e non è retorica, ma certezza e giusta consapevolezza – quando una persona ci lascia, restano i ricordi e le emozioni. Quando va via un attore, un artista, un amico che ci ha accompagnato per anni sul grande schermo, restano anche le sue opere e l’enorme contributo culturale. Ciao, Robin: da oggi il firmamento di Stelle del Cinema, che ci guardano da lassù, splende ancora di più, con te.
Giuseppe Causarano