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Roma “disoccupata” e Marino sgombera a sua insaputa

Creato il 20 marzo 2014 da Albertocapece
  • angelo1-kuaC-U4301011082138211DI-593x443@Corriere-Web-RomaRosella Roselli per il Simplicissimus Sembrava un giorno come tanti, a Roma. Uno dei classici “giorni neri”, funestato dallo sciopero dei trasporti che ha gettato ancora una volta nel panico una città sempre più invivibile, appesantito dalla consueta udienza papale del mercoledì che per la viabilità del centro si trasforma paradossalmente in un castigo di Dio e dalla calata dei pendolari che con mezzi propri e i pochi autobus a disposizione tentavano di raggiungere il proprio posto di lavoro. Chi ha potuto, come la sottoscritta, ha deciso di sottrarsi al consueto massacro di queste giornate decidendo di rimanere a casa. Uno dei pochi privilegi rimasti a noi lavoratori “garantiti”. Nelle prime ore della mattinata come spesso succede su twitter, cominciano a scorrere in Tl i primi messaggi, preoccupanti, su sgomberi in atto nella Capitale. Stavolta, nel mirino delle forze dell’ordine tre fra le occupazioni “storiche” di Roma: quelle abitative in via delle Acacie a Centocelle e in via Anagnina, e quella dell’Angelo Mai Altrove Occupato, centro culturale di produzione indipendente alle Terme di Caracalla, occupati da circa dieci anni. La novità consiste nel fatto che lo sgombero è stato disposto da Tribunale di Roma in seguito all’inchiesta condotta dalla Digos e coordinata dalla Procura della Repubblica di Roma che, come riporta già nella mattinata il Messaggero diffondendo parte della nota della Questura di Roma, “mirava a “delineare i contorni di un sodalizio criminale” responsabile di “invasione di edifici ed estorsioni, queste ultime in danno degli occupanti con riferimento al pagamento di somme di danaro”. E sull’Angelo Mai, spazio artistico e culturale concesso dal Comune nel 2009 e già colpito da sequestro nel 2012 prima che gli occupanti decidessero di riprenderne possesso, pende l’accusa di “esercizio ricettivo abusivo”.” Allo sgombero si aggiungono quindi i fermi di ventuno attivisti accusati di reati come violenza, minaccia, furto di energia elettrica e associazione a delinquere finalizzata all’estorsione. Nelle stesse ore il Comune fa sapere di non essere stato messo al corrente e di essere all’oscuro dell’operazione in corso nonostante la massiccia presenza di blindati e forze di polizia a poche centinaia di metri dal Campidoglio, che pure era difficile ignorare, e le numerose richieste di chiarimento subito partite da movimenti e cittadini che hanno assistito agli sgomberi. Uno “sgombero benefico”, dunque, che vuole liberare la città dal giogo di un presunto “racket delle occupazioni”, e che per il “bene” dei tanti senza casa che negli anni hanno portato avanti progetti di autorecupero di edifici abbandonati e spazi inutilizzati, getta di nuovo in strada circa trecento persone, moltissimi bambini che ne sarebbero vittime, e priva la città di uno dei più consolidati e attivi spazi culturali. Non sfugge la coincidenza dello sgombero con lo sciopero dei trasporti, che ha impedito a molti di portare solidarietà e aiuto alle persone in strada, e quella che sembra una vera e propria pianificazione dell’operazione in un momento in cui l’amministrazione capitolina è sottoposta al pressing di costruttori e speculatori come forse è mai avvenuto da molti anni. Vedremo probabilmente in futuro altri episodi di questo genere con l’approvazione del piano casa promesso da Renzi, i palazzinari si metteranno in fila per “riqualificare l’esistente”, sottrarre spazi e abitazioni a chi negli anni ha tentato tra mille difficoltà di ristabilire il diritto all’abitare, e quello a esercitare forme di cultura e aggregazione che escano dai canoni e dai circuiti abituali del profitto. E nostante l’apparente “lieto fine” della nota diffusa in serata dal sindaco Marino http://www.ignaziomarino.it/angelo-mai-il-comune-chiede-il-dissequestro/ resta l’amarezza e la rabbia per l’impotenza istituzionale, per la scarsa attenzione a un problema tanto vitale, che lungi dal divenire una priorità è costantemente ignorato o, come è ancora una volta accaduto, convogliato nei corridoi di un palazzo di Giustizia

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