E’ una storia vera e molto bella. Si tratta di tre giovani maliani che, sbarcati in Italia, finiscono come tanti altri giovani connazionali e non solo per andare a lavorare a Rosarno, in Calabria, a raccogliere arance e mandarini.
Devono farlo di necessità, e senza troppi distinguo, in quanto le famiglie laggiù hanno bisogno dei loro risparmi.
E la paga sarebbe anche discreta, nelle giornate buone, se non ci fosse da pagare un’infinità di gabelle. Compresa quella al caporale che recluta i lavoranti.
Le ore di lavoro superano spesso le dieci e, addirittura, le dodici. Ma i denari occorrono e la fatica non si conta affatto.
Trascorso un certo periodo di tempo, parliamo di un paio d’ anni, con la nota rivolta dei braccianti di Rosarno del 2010, i nostri vengono trasferiti in gruppo di autorità a Roma.
Anche qui c’è necessità di trovare un alloggio. Dormono nei primi tempi addirittura alla Stazione Termini o lì dove è possibile cci sia un riparo. E poi finalmente li accoglie un centro sociale, quello ex-Snia.
Ma i nostri giovani non se ne stanno tutto il giorno a non fare niente e s’ingegnano a trovare un mestiere semplice, con cui tuttavia poter racimolare un po’ di soldini.
Pensano alla lavorazione del latte per fare lo yogurt. E cominciano con solo quindici litri di latte fresco a settimana.
Una volta realizzato il prodotto, cui danno nome di “Barikama”, che in lingua bambara, la più diffusa in Mali, significa “resistente”, lo vanno a vendere nei diversi mercatini rionali e cominciano, giorno dopo giorno, a farsi i clienti proprio per la genuinità del prodotto.
Oggi la produzione si basa su duecento litri di latte e non più i quindici iniziali e i clienti che maggiormente acquistano dai “nostri”, che hanno dato vita ormai ad una vera cooperativa,dove lavorano in sei, sono i cosiddetti gruppi di acquisto solidale.
Una scommessa intelligente per gli amici maliani, che per ora sta dando i suoi buoni frutti e che ci auguriamo continui ancora a darne, sempre di più, in futuro.
Perché il futuro è dell’imprenditoria giovane. E lo è sotto qualunque cielo.
Marianna Micheluzzi (Ukundimana)