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ROMANIA: Decimo giorno di protesta, ma nessuno ne parla. Che succede a Bucarest?

Creato il 22 gennaio 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

di Matteo Zola

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Su quanto accade in Romania è il silenzio. Da dieci giorni continuano le proteste di piazza contro il governo in carica, guidato da Emil Boc, leader del partito democratico liberale (Pdl), ma nessun quotidiano italiano ne parla, le ultime notizie risalgono a quattro giorni fa e sono, invero, piuttosto generiche. La stampa internazionale non conforta, solo una breve su Le Monde e una su EuObserver. Non trovo altro. Viene da pensare che, probabilmente, non sta accadendo nulla di rilevante  ma non è così.

La homepage di Adevarul (“la Verità”, socialista, erede del vecchio giornale di regime Scinteia “scintilla”) e quella di Jurnalul Nacional (conservatore), come pure quella di Gandul (fondato da alcuni fuoriusciti di Adevarul), ci raccontano un’altra storia. Anzitutto le proteste vanno avanti da giorni con sempre maggior seguito, accanto a un’anima pacifista ne è emersa una più violenta composta per lo più da giovani. La stampa romena li ha definiti “hooligans“, descrivendoli come facinorosi che hanno approfittato del disordine per aggiungere disordine. E’ anche possibile che si tratti di definizioni frettolose e un poco sinistre. Era il 1989 quando gli studenti universitari, accortisi dell’avvenuto “scippo” della loro rivoluzione da parte delle seconde linee del vecchio partito comunista guidate da Ion Iliescu, scesero in piazza per protestare. Iliescu e il Fsn (Fronte di salvezza nazionale, le seconde linee del vecchio partito comunista) cercarono di delegittimarne la protesta chiamandoli, appunto, “hooligans”. Contro di loro Iliescu scatenerà la repressione (la Mineriada) garantendosi il potere che, a fasi alterne, manterrà fino al 2004.

Accanto agli “hooligans” i giornali romeni parlano di “punk“. Jurnalul Nacional si mostra scettico, afferma che la Gendarmeria, che è violentemente intervenuta contro di loro, sia “il braccio armato del Pdl”, cioè del partito di governo, e rincara la dose titolando “inviate truppe speciali per vincere la grande battaglia contro i cittadini“: secondo quanto riportato degli “ultras” sarebbero stati infiltrati tra i manifestanti di piazza Università a Bucarest con il compito di scatenare episodi di violenza dando così possibilità alla polizia di intervenire. Pare che gli ordini prevedessero dei “premi” a quei gendarmi che si fossero mostrati più duri nella repressione. Jurnalul Nacional parla apertamente di “poliziotti in borghese e ultras della Dinamo” mandati in piazza a scatenare uno scontro in cui, dice ancora il quotidiano: “a uscire ferite erano madri con bambini in braccio”.

L’homepage di Adevarul dà ampio spazio al commento della casa reale romena. Ebbene sì, tra i manifestanti molti inneggiano al ritorno della monarchia vista come ultima possibilità di riscatto per il popolo romeno. E sua maestà, senza corona, non si è fatto pregare: “I romeni hanno perso la fiducia. La crisi si sta facendo sempre più pesante”. E’ la prima volta dall’inizio delle proteste che “dall’ufficio stampa di sua maestà Re Michele” esce una dichiarazione ufficiale. Il principe ereditario, Radu, dal suo blog ha dichiarato di “sostenere le proteste pacifiche”. Se un ritorno alla monarchia pare inverosimile, una “discesa in campo” nella politica romena del vecchio re è forse più probabile. “La lezione del 1989 mostra come i romeni abbiano fiducia nella democrazia. L’Europa e la Romania devono camminare insieme e nulla deve sostituirsi alla democrazia”. Nessun putsch monarchico in vista, quindi. Forse re Michele ha in mente quanto fece un’altra testa coronata, nella vicina Bulgaria: re Simeone II, in un contesto non dissimile da quello romeno di oggi, riuscì a diventare primo ministro dal 2001 al 2005, periodo in cui risanò (se non quelle dello Stato) le casse della sua casata restituendosi quelle proprietà che erano divenute dello Stato.

Il numero dei manifestanti è poco chiaro: EuObserver parla di 7000 in piazza giovedì scorso. Adevarul, in merito alle proteste di ieri, parla di 800 manifestanti in piazza Università. Anche la diaspora si fa sentire: circa 200 i romeni che a Londra, davanti all’ambasciata romena, hanno gridato slogan contro Basescu. Un altro centinaio, analogamente, ha fatto a Madrid. E a Roma, Milano, Torino? Per ora tutto tace, o almeno così dicono i giornali. I nostri giornali che da giorni tacciono su quanto avviene in Romania che, a ben vedere, non sembra così trascurabile.

In ballo non sembra esserci solo il cambio di governo. La gente di Romania sembra stanca dell’attuale classe politica, che è poi quella degli ultima vent’anni, ma non sembra avere reali alternative in mente. I manifestanti vicino all’opposizione chiedono elezioni anticipate ma le proteste sembrano indirizzate contro tutti i partiti, a destra come a sinistra (se questa distinzione, in Romania, ha un senso). Le Monde riporta una dichiarazione di un giovane manifestante: “La democrazia romena… che significa?”. Appunto, che significa? Dopo una rivoluzione, quella del 1989, rubata a chi manifestò per difenderla (e ne morirono). Dopo una transizione infinita. Dopo un potere corrotto troppo legato al passato regime comunista. Dopo un Basecu, che ha lasciato scivolare il Paese in una crisi senza uscita consegnandolo, come già in Grecia, alle (forse troppo) rigide misure di “austerità”. Dopo, ci chiediamo, verrà una  ”democrazia” che non sia solo uno slogan?


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