di Pietro Acquistapace
I conti che Ponta dovra’ far quadrare…
Il parlamento rumeno, riunitosi il 7 maggio, ha dato la fiducia al nuovo Governo: l’esecutivo di centrosinistra guidato da Victor Ponta ha infatti ricevuto 284 voti favorevoli a fronte di 92 contrari, diventanto cosi’ il terzo Governo del paese nel’arco di un anno. I voti contrari sono venuti dal partito della minoranza ungherese (UDMR), che tuttavia ha dichiarato che si terra’ sul piano di un’ opposizione costruttiva, e dal Partito dei Democratici-Liberali (PDL).
Il nuovo Governo dell’Unione Social-Liberale (USL), che riunisce socialdemocratici, liberali e conservatori, non segna tuttavia una rottura con il passato in quanto numerosi ministri e funzionari sono stati chiamare a ricoprire le stesse cariche detenute con il precedente governo. La stessa proposta di Ponta è venuta, senza particolari rimostranze, da parte del Presidente Traian Băsescu. Un governo che nasce quindi senza “battaglie” politiche e che sembra avere come fine quello di traghettare il paese alle elezioni politiche previste in autunno, termine ammesso dal governo stesso.
Anche le prime dichiarazioni governative sembrano avere poco di “rivoluzionario”. Il neo ministro dell’Economia, Georgescu, ha infatti annunciato che la priorità dell’esecutivo del quale fa parte sarà quella di collaborare con il FMI per trovare una soluzione che permetta di aumentare celermente pensioni e stipendi pubblici. Priorità sulla quale si è soffermato anche Ponta, accusando I governi precedenti, ossia quelli di Emil Boc e Razvan Ungureanu, di avere disatteso le promesse proprio su tali questioni.
Il rapporto con il FMI sembra essere un punto cruciale per la politica rumena. I Governi di Boc prima e di Ungureanu poi, sono caduti proprio per via delle misure da loro adottate per poter ripagare un prestito da 20 billioni di euro ricevuto nel 2009 da parte del FMI, dell’Unione Europea e della Banca Mondiale. Tali riforme si concretizzarono in tagli delle pensioni, riduzione del 25% degli stipendi pubblici e aumento delle tasse fino al 24%, creando un clima di malcontento generale che portò alla caduta, in gennaio, del Governo Boc ed alla sfiducia fatta dal Parlamento, il 27 aprile, del Governo Ungureanu.