Sarà ancora in streaming per qualche giorno, sul sito della radio NPR, Rooms Filled with Light, il nuovo album dei Fanfarlo, gruppo svedese attivo a Londra (e ispirato nel nome a una novella di Baudelaire) che tre anni fa esordì con uno degli album migliori della recente produzione indie, Reservoir, vero e proprio manifesto di rock corale (o se volete anthem rock) con la fortuna di incontrare sulla propria strada David Bowie: una dichiarazione fatta un po' per caso che finì per spianare la strada del successo a un album comunque notevole di per sé, ispirato in maniera evidente agli Arcade Fire ma capace benissimo di vivere di vita propria, trovando accenti di pura esaltazione malinconica (ecco cosa disse Bowie: “I Fanfarlo hanno quella particolare capacità di creare una musica esaltante, che al tempo stesso è benedetta da una deliziosa malinconia”). Rooms Filled with Light, anticipato nei mesi scorsi da alcuni dei suoi pezzi migliori (Recplicate, Decostruction, Shiny Things: ma perché sempre più spesso i gruppi svelano da subito le loro carte vincenti?), sembra a un primo ascolto meno ispirato di Reservoir, meno coinvolgente ed emotivo, per quanto meno incline a svoltare verso il pop. Come c'era da aspettarsi, c'è il più classico degli sguardi retrospettivi sulla new wave anni '80 (mai, comunque, come con gli M83) e un uso tutt'altro che al risparmio di fiati e ritmi sincopati. Prese singolarmente le tracce sono belle, ma in generale, soprattutto dopo la coralità coinvolgente di Reservoir, questo album sembra avere il fiato più corto, scritto con finezza, è ovvio, ma senza lo stato di grazia che rendeva brani come Comets o Finish Line strazianti. Succede sempre così, comunque, quando si ama alla follia un album: quello che viene dopo parte svantaggiato. Poi so già che una volta uscito (dovrebbe arrivare la prossima settimana), lo riascolterò e cambierò idea.
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Sarà ancora in streaming per qualche giorno, sul sito della radio NPR, Rooms Filled with Light, il nuovo album dei Fanfarlo, gruppo svedese attivo a Londra (e ispirato nel nome a una novella di Baudelaire) che tre anni fa esordì con uno degli album migliori della recente produzione indie, Reservoir, vero e proprio manifesto di rock corale (o se volete anthem rock) con la fortuna di incontrare sulla propria strada David Bowie: una dichiarazione fatta un po' per caso che finì per spianare la strada del successo a un album comunque notevole di per sé, ispirato in maniera evidente agli Arcade Fire ma capace benissimo di vivere di vita propria, trovando accenti di pura esaltazione malinconica (ecco cosa disse Bowie: “I Fanfarlo hanno quella particolare capacità di creare una musica esaltante, che al tempo stesso è benedetta da una deliziosa malinconia”). Rooms Filled with Light, anticipato nei mesi scorsi da alcuni dei suoi pezzi migliori (Recplicate, Decostruction, Shiny Things: ma perché sempre più spesso i gruppi svelano da subito le loro carte vincenti?), sembra a un primo ascolto meno ispirato di Reservoir, meno coinvolgente ed emotivo, per quanto meno incline a svoltare verso il pop. Come c'era da aspettarsi, c'è il più classico degli sguardi retrospettivi sulla new wave anni '80 (mai, comunque, come con gli M83) e un uso tutt'altro che al risparmio di fiati e ritmi sincopati. Prese singolarmente le tracce sono belle, ma in generale, soprattutto dopo la coralità coinvolgente di Reservoir, questo album sembra avere il fiato più corto, scritto con finezza, è ovvio, ma senza lo stato di grazia che rendeva brani come Comets o Finish Line strazianti. Succede sempre così, comunque, quando si ama alla follia un album: quello che viene dopo parte svantaggiato. Poi so già che una volta uscito (dovrebbe arrivare la prossima settimana), lo riascolterò e cambierò idea.
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