Una giovane e novella sposa di provincia, Rosemary Woodhouse, va a vivere insieme a suo marito Guy a New York. I loro vicini sembrano inizialmente molto gentili, ma gradualmente sembrano diventare sempre più oppressivi, in particolare in seguito all’avanzare della gravidanza di lei e in seguito anche a strani e inquietanti avvenimenti concomitanti. Tratto da un omonimo romanzo di Ira Levin e riadattato da Polanski stesso, è il film che ha consacrato il successo del regista a Hollywood, ricevendo un Oscar per Ruth Gordon una nomination per la miglior sceneggiatura adattata. La pellicola ha inizio con dei titoli in rosa corsivo che, accompagnati da un’inquietante ninna nanna canticchiata, danno un effetto molto straniante. Essi sembrano essere seguiti da un normale idillio di una coppietta appena sposata alla ricerca di un nido, anche se sono già presenti alcuni particolari perturbanti nell’appartamento: ad esempio c’è un grande armadio che ostruisce l’ingresso a una porta e non se ne capisce inizialmente il perché.
I segni che la protagonista riconduce al diavolo... ehm ehm!
Rosemary, interpretata da Mia Farrow non ha un’ occupazione e passa molto da sola in casa, in particolare da quando il marito Guy, interpretato dal famoso regista John Cassavetes attore con problemi di carriera, ottiene una parte importante in seguito all’improvvisa cecità di un attore più famoso. Il centro focale del film è indubbiamente la famosa scena del presunto rapporto con il diavolo e le conseguenze che ci saranno nel perverso rapporto che Rosemary avrà nei confronti della gravidanza, sempre più mal vissuta all’insegna del rifiuto di femminilità e di cure mediche consone al suo stato. Piuttosto che accettare la propria maternità e, soprattutto, piuttosto che essere penetrata dagli aghi del dottore per le analisi, Rosemary preferisce bere intrugli teoricamente curativi che le provocano crampi, preparatigli dalla sua inquietante e onnipresente vicina Minnie, ed è disposta a tenere al collo un ciondolo con dentro un’ erba che puzza di morte, ma che però le hanno detto che porta “fortuna”.
Il genio di Polanski , sia in qualità di scrittore che di regista, sta nel fatto che riesce a mettere in scena un horror psicologico in cui è possibile sia, da una parte, credere, insieme alla protagonista Rosemary, che lei sia davvero incinta del diavolo, e dunque provare terrore e paura come in un horror vero e proprio, sia, d’altra parte, raccogliere tutti gli indizi che il film ci offre fin dall’inizio (l’educazione rigidamente religiosa, la sua superstizione e influenzabilità) e dunque, a questo punto, provare pena per la giovane donna che si ritrova sempre più in trappola. Gli indizi dati attraverso i sogni avvicinano moltissimo l’opera di Polanski a quella del più anziano e surrealista Bunuel: i sogni a sfondo religioso di Rosemary somigliano moltissimo a quelli che fa Tristana nell’omonimo film di Bunuel del 1970. Come Tristana sogna di rifiutarsi di fare la comunione, poiché si sente trasgressiva e ribelle, così Rosemary sogna di essere rimproverata dalle suore mentre canta, poiché fragile e paurosa di peccare e di aver peccato.
E’ inoltre sempre presente, come in tutti i film di Polanski, ancora di più in questo che è il secondo film della cosiddetta “Trilogia dell’appartamento” (gli altri due sono “Repulsion” e “L’inquilino del terzo piano”) il forte conflitto tra interno e esterno: si pensa sempre che sia in atto una grave congiura dall’esterno, e in genere, come anche nelle altre pellicole dell’autore, una base di verità c’è sempre, ma è dall’interno che il vero e proprio disagio mentale proviene. Il disagio interiore è incancrenito ancor più in occasione di un isolamento forzato che fa rompere del tutto i margini che prima contenevano e delimitavano l’io: un io che quindi si ritrova a straripare, giungendo a un punto di non ritorno in cui realtà e ossessione diventano indistinguibili, irrimediabilmente fuse. Anche se si prova a fuggire, oramai sembra essere troppo tardi e poi, mentre dagli altri si può fuggire, come si fa a scappare da se stessi? Questa è infatti la situazione in cui si trova Rosemary verso la metà del film: ha preso consapevolezza di molti avvenimenti, ma la sua inguinità e influenzabilità la continuano a mettere nuovamente in pericolo. In questo filmPolanski vuole dunque mostrare il modo in cui coloro che credono in qualcosa di trascendente, è molto facile che diventino vittima anche di altre credenze considerate, in teoria, diametralmente opposte alle proprie. E’ come una diga che si apre che ormai non può essere richiusa e che, anzi, comporterà a catena danni sempre maggiori sia inflitti dall’esterno, da persone più furbe, sia autoinflitti da un disagiato e oscuro interno.