La vicenda si svolge a New York, sul finire degli anni sessanta.
Rosemary, una giovane donna appena uscita dal college e suo marito, Guy Woodhouse, attore di teatro alla ricerca di successo, consultano un agente immobiliare per cercare un appartamento in cui vivere.
L’uomo li porta in uno stabile elegante, in cui c’è un bel appartamento vuoto,lasciato libero dalla proprietaria che nel frattempo è morta.
I due attratti dal’insolito przze basso della casa accettano la proposta dell’agente e lo affittano.
Conoscono così Roman e Minnie Castevet, una coppia di anziani coniugi all’apparenza cordiali e disponibili verso di loro.
Nasce così un’amicizia che diventa, da parte dei coniugi Castevet, abbastanza invadente; ma Rosemary accetta la situazione, mentre Guy mostra segni di insofferenza.
Una sera Minnie regala a Rosemary uno strano amuleto, dicendole che le porterà fortuna, e la ragazza accetta, nonostante dallo stesso esca un’aria assolutamente sgradevole.
La carriera di Guy all’improvviso decolla, grazie anche alla sfortuna che si accanisce sull’attore che era stato scelto per l’opera teatrale che deve interpretare Guy; l’uomo, infatti, all’improvviso ha perso la vista.
” Facciamo un bambino?”
Preso dall’euforia, chiede alla moglie di avere un bambino, così una sera, dopo una cena romantica, tutto sembra pronto per il fatidico passo; ma dopo cena Rosemary all’improvviso sviene, e durante il dormiveglia in cui è immersa, si vede trasportata su uno yacht, all’interno del quale c’è suo marito e ci sono i coniugi Castevet; Rosemary, scesa sotto coperta, diventa partecipe di un sabba infernale, in cui viene segnata con dei numeri simbolici.
Quando la donna all’indomani si sveglia, stordita, si rende conto di avere dei segni lungo la schiena, e suo marito la informa che hanno avuto, nonostante lei fosse in stato di incoscienza, un rapporto sessuale.
Rosemary sogna di essere su uno yacht
E in effetti sembra che la notte d”amore abbia avuto esito; gli esami che Rosemary fa confermano che è incinta e che suo giglio nascerà a giugno.
Appresa la notizia, sia Guy che i Castevet esultano e la coprono di premure, consigliandole anche il cambio del ginecologo.
Sapirstein, il dottore deputato al controllo della gravidanza di Rosemary, invita la donna a seguire una strana alimentazione, a cui da corda anche la signora Castevet, che ogni giorno propina alla giovane donna uno strano intruglio.
Con il passare del tempo la gravidanza di Rosemary si rivela molto difficile; la donna deperisce a tal punto da insospettire le sue amiche, che la consigliano di rivolgersi al suo vecchio dottore.
Il sogno del sabba
Un altro fatto arriva a turbare la serenità di Rosemary; un suo amico scrittore, preoccupato dall’aspetto terribilmente patito di Rosemary, indaga sia sui Castevet che sugli strani eventi che stanno capitando alla ragazza.
Edward Hutchins, lo scrittore, chiama la ragazza e la invita ad un incontro urgente; ma quando Rosemary si reca all’appuntamento, scopre che l’uomo è inspiegabilmente entrato in coma.
A questo punto i sospetti di Rosemary sullo strano comportamento dei Castevet, sul distacco che suo marito ormai ha messo tra loro, sulla inspiegabile morte di una sua amica cresciuta proprio dai Castevet e le varie stranezze legate al comportamento di quelli che la circondano la convincono che forze oscure stanno tramando contro di lei.
Simboli demoniaci
Edward muore, ma riesce a consegnarle un libro tramite la sua vedova; grazie al libro stesso, Rosemary apprende l’esistenza di associazioni satanistiche e sui loro strani rituali.
A qel punto la donna indaga personalmente, si reca dall’attore rimasto cieco, collega il suo strano amuleto a quello identico che il dottor Sapirstein porta al collo, mette assieme i fatti e si convince definitivamente di essere caduta nelle grinfie di una congregazione satanica.
Consacrata al demonio?
Fugge e si reca dal suo vecchio ginecologo, ma mentre crede di essere al sicuro, si vede arrivare il marito, gli immancabili Castevet e il dottor Sapirstein,che la riportano a casa.
Ormai prigioniera, Rosemary arriva alla fine della gravidanza, e da alla luce un bambino; ma suo marito Guy la convince che è nato morto.
La ragazza non crede alle parole del marito, e grazie ad un ripostiglio situato nell’appartamento, arriva a scoprire l’atroce verità: al centro della stanza, circondata da molte persone, fra cui suo marito e i Castevet, c’è una culla coperta da un drappo nero sulla quale campeggia un crocefisso rovesciato.
Suo marito le rivela la verità; in cambio del successo e dl denaro, ha fatto un patto con il diavolo, complici i soli Castevet.
Rosemary si avvicina alla culla e solleva il drappo, colta da un improvviso senso di orrore.
E’ stato solo un sogno?
E’ solo un attimo; quando Roman Castevet le ricorda che lei è pur sempre sua madre, lei si avvicina alla culla nella quale il diabolico bambino sta piangendo, e inizia a cullarla con dolcezza.
Girato da Roman Polanskj nel 1968, Rosemary’s baby è un film straordinario sotto tutti i punti di vista.
Nel film non accade praticamente nulla, non ci sono scene splatter, horror o che fanno sobbalzare sulla sedia, tuttavia è presente una tensione assolutamente ineguagliabile, frutto di una regia attenta, con i fiocchi.
Il regista riprende il romanzo di Ira Levin e lo trasporta sullo schermo mantenendo la tensione latente del romanzo, e scrivendo una delle pagine più importanti della storia della cinematografia; la capacità di lasciare con il fiato sospeso lo spettatore in attesa di un’esplosione di qualcosa, violenza o furia omicida, del diavolo o di una sua apparizione, ha del sorprendente.
Polanskj veniva dall’ottima prova di Per favore non mordermi sul collo!, e decise di cimentarsi con l’horror, adattando quindi il romanzo di Irvin e puntando tutto sull’aspetto psicologico del film, piuttosto che sull’effetto scenico di facile presa.
Una scommessa difficile, ma vinta alla grande, grazie anche al contributo fondamentale del cast; addirittura superba è Mia Farrow, aria candida e innocente da collegiale, assolutamente insuperabile nel tratteggiare la igura fragile di Rosemary, una ragazza alle prese con una sfida da spezzare le braccia.
Altrettanto bravo è John Cassavetes, che delinea alla perfezione la figura del viscido, infido Guy, l’uomo che per vanità a brama di denaro, distrugge il suo matrimonio consgenando al demonio il suo primogenito; una figura che sin dall’inzio appare allo spettatore antipatica in modo estremo, prima ancora di sapere dove andrà a parare il film.
Merito di questo attore eclettico, cosi come eclettici sono Ruth Gordon, ovvero la Minnie Castevet del film e Sidney Blackmer, suo marito Roman, entrambi viscidi al punto giusto, sin dai primi fotogrammi del film.
Un’opera che convince, affascina, turba.
E che si conclude in maniera degna, con quel dolce cullare di Rosemary davanti alla cula con dentro il figlio del male.
Figlio del demonio, è vero, ma pur sempre figlio di una donna che lo ha portato in grembo per nove mesi.
Un telo nero, una culla, un crocefisso rovesciato: è tutto quello che Polanskj concede alla platea, lasciando per sempre il dubbio sulle reali fattezze del bambino nella culla.
Sarà un mostro, avrà le classiche corna a punta come per secoli immaginato dalla gente, avrà gli occhi di un gatto, secondo larga parte dell’iconografia classica, o cosa?
Chi può saperlo?
La bravura di Polanskj sta anche in questi dettagli, così come da antologia è la scena onirica, sospesa tra reale e sogno, del sabba in cui Rosemary scende nuda nella cabina, mentre fuori si è alzato il vento, e va incontro al suo destino.
Rosemary’s baby è un capolavoro assoluto, uno dei cento film che non possono assolutamene mancare nella cineteca degli amanti del cinema.
Rosemary’s Baby – Nastro rosso a New York, un film di Roman Polanski. Con Mia Farrow, John Cassavetes, Ruth Gordon, Sidney Blackmer, Maurice Evans,Ralph Bellamy, Victoria Vetri, Patsy Kelly, Elisha Cook Jr., Emmaline Henry, Hanna Landy, Phil Leeds, D’Urville Martin, Hope Summers, Charles Grodin
Titolo originale Rosemary’s Baby. Horror/fantasy, durata 137 min. – USA 1968.
Le doglie
La setta diabolica
La confessione di Guy
* Mia Farrow: Rosemary Woodhouse
* John Cassavetes: Guy Woodhouse
* Ruth Gordon: Minnie Castevet
* Sidney Blackmer: Roman Castevet
* Maurice Evans: Edward “Hutch” Hutchins
* Ralph Bellamy: Dott. Abraham Sapirstein
* Angela Dorian: Terry Gionoffrio
* Patsy Kelly: Laura-Louise McBirney
* Elisha Cook Jr.: Sig. Nicklas
* Emmaline Henry: Elise Dunstan
* Charles Grodin: Dott. C. C. Hill
* Hanna Landy: Grace Cardiff
* Phil Leeds: Dott. Shand
* D’Urville Martin: Diego
* Hope Summers: Sig.ra Gilmore
* Marianne Gordon: Joan Jellico, amica di Rosemary
* Wende Wagner: Tiger, amica di Rosemary
* Bill Baldwin: venditore della casa
* Walter Baldwin: Sig. Wees
* Patricia O’Neal: Sig.ra Wees
* Roy Barcroft: uomo abbronzato
* Charlotte Boerner: Sig.ra Fountain
* Gail Bonney: Babysitter (voce)
* Carol Brewster: Claudia Comfort
* Jean Inness: Suor Agnes
* Lynn Brinker: Suor Veronica
* Sebastian Brook: Argyron Stavropoulos
* William Castle: Uomo vicino al telefono pubblico
* Gordon Connell: Allen Stone
* Patricia Ann Conway: Sig.ra John F. Kennedy
* Tony Curtis: Donald Baumgart (voce)
* Joyce Davis: Dee Bertillon
* Paul Denton: Skipper
* Duke Fishman: uomo
* Janet Garland: infermiera
* Michel Gomez: Pedro
* John Halloran: meccanico
* Ernest Harada: giovane giapponese
* Marilyn Harvey: segretaria Dott. Sapirstein
* Mona Knox: Sig.ra Byron
* Mary Louise Lawson: Portia Haynes
* Natalie Masters: Giovane donna
* Elmer Modling: Giovane uomo
* Floyd Mutrux: Invitato al party
* Robert Osterloh: Sig. Fountain
* Josh Peine: Invitato al party
* Gale Peters: Rain Morgan
* Jack Ramage: Patron
* Joan T. Reilly: donna incinta
* George R. Robertson: Lou Comfort
* George Savalas: operaio
* Almira Sessions: Sig.ra Sabatini
* Michael Shillo: Papa Paolo VI
* Bruno Sidar: Sig. Gilmore
* Tom Signorelli: Invitato al party
* Al Szathmary: Tassista
* Clay Tanner: il diavolo
* Viki Vigen: Lisa
* Frank White: Hugh Dunstan
Regia Roman Polanski
Soggetto Ira Levin (romanzo)
Sceneggiatura Roman Polanski
Fotografia William Fraker
Montaggio Sam O’Steen, Bob Wyman
Musiche Krzysztof Komeda
Scenografia Richard Sylbert
“Uno dei capolavori di Polanski e in generale del cinema, non solo horror. Praticamente perfetto in ogni aspetto: la storia congegnata in modo impeccabile, la recitazione degli attori, la fotografia e la musica e, ovviamente, la regia del grande maestro polacco. A quasi 40 anni di distanza riesce ancora a trasmettere tutta l’angoscia che generò all’epoca della sua uscita, un classico esempio di come la tensione e la paura non nascano necessariamente (anzi…) da effetti grandguignoleschi.
Capolavoro in cui l’inquietudine nasce da uno scarto, all’inizio quasi impercettibile, fra l’essere e l’apparire, una crepa che sgretola il guscio di banalità di una coppietta borghese. Come spesso accade per i capolavori, si presta a molteplici letture: donna/bambina, la Farrow rifiuta la maternità, salvo riconciliarsi con il frutto del suo ventre in un finale beffardo che pur mette in brividi, considerato che l’anno successivo il regista dovrà fare davvero i conti con uno che riteneva d’essere una incarnazione di Satana.
Sceneggiando con assoluta fedeltà lo splendido romanzo di Ira Lewin, Polanski, gira uno splendido ed insolito film demoniaco che rinuncia completamente agli effettacci tipici di film del genere e che tuttavia riesce a creare, con insuperata maestria, un clima crescente di tensione e paranoia davvero notevole e coinvolgente e che ancora oggi, a quarant’anni di distanza, continua a inquietare non poco. Ottima la prova della Farrow. A tutt’oggi il miglior film del regista polacco. Sconsigliato alle donne in dolce attesa.
Se c’è una singola parola che può andar bene per definire questo film è senz’altro “inquietante”. La costruzione della tensione è semplicemente perfetta, rimane un’ambiguità di fondo che fa guadagnare altri punti ad una pellicola già splendida; in più il cast -formato perlopiù da vecchi leoni e leonesse hollywoodiane- è azzeccatissimo. 130 minuti che passano in un batter d’occhio: se gli horror fossero questi e non le sciocchezze sanguinolente per cui sbavano in troppi, vivremmo senz’altro in un mondo migliore.
Capolavoro di Polanski, che vanta numerosi tentativi di imitazione, in gran parte poco riusciti. Un horror senza una goccia di sangue, tutto costruito su atmosfere surreali e allusive, personaggi ambigui e perversamente simpatici e continui rimbalzi tra realtà e fantasia, che garantiscono un risultato eccellente in termini di inquietudine e angoscia, complici anche l’ambientazione nel vecchio, sinistro palazzo e i riferimenti all’occulto. Tra gli ottimi attori spiccano la Farrow e la Gordon.
Ottimo film, in cui Polanski fa Polanski, cioè scolpisce i suoi burattini in un àmbito spaziale ristretto, crea un’atmosfera magica (qui diabolica) che scaturisce dalla vita di tutti i giorni, prepara lentamente, mattone su mattone, sospetti ed eventi che poi scatenano l’apocalisse. Meravigliosa la Farrow. Non centratissimo, invece, Cassavetes, talora un poco anonimo. Opera ottima, ma non da massimo assoluto (però, forse, è questione di lana caprina…).
Film maledetto, se non altro per le implicazioni (susseguenti) cui è andato incontro Roman Polanski. È stato un punto di riferimento per tanto cinema a seguire (e che verrà) sviluppato attorno al tema della cospirazione (basterà citare il nostrano e riuscito, Il Profumo della Signora in Nero). Le interpretazioni sono da Oscar, come la scenografia e la sceneggiatura. Nel finale qualcuno ha visto (e ancora vede) cose che non ci sono: potere della suggestione e di una buona regia…
Magistrale e copiato fino alla consunzione, il film ha beneficiato della tragica concatenazione di eventi, almeno quanto Polanski ne ha risentito. Ma al di là delle implicazioni sulfuree, la pellicola è perfetta, compatta, concisa, senza via di scampo. Effettivamente Cassavetes è un po’ impiegatizio, ma forse è un bene, perchè alimenta l’ambiguità. Farrow mai più così brava: però Woody Allen, che pure il film l’avrà visto, avrebbe dovuto capire..
Capolavoro di Polanski. Il demoniaco (o meglio: ciò che di inquietante non appartiene alla nostra quotidiana esperienza sensoriale) è nella realtà e la minaccia attraverso i suoi fantasmi più rassicuranti. Il film è un crescendo mozzafiato di tensione costruita sull’impercettibile e sul casalingo: l’anormalità sulla normalità. L’orrore che sconvolge, senza che si vedano effetti da grandguignol. L’angoscia che sale senza effettacci o musicacce: magistrale. Eccellente Mia Farrow. Finale da brivido.
Bellissimo e angoscioso con classe. Polanski ha saputo partire da un’atmosfera idilliaca, tipica dei film hollywoodiani passati, trasformandola piano piano in qualcosa di inaspettato e terrorizzante. Senza concedersi a scene sanguinolente, ambientando anzi il tutto in una normale abitazione. Bravissime la Farrow e la cerchia dei vicini. Su questo film si basa L’avvocato del diavolo.”