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Ro l'ho conosciuta a Ravenna, dove ci siamo specializzati tutti e due in cooperazione internazionale, lei un anno prima di me. Questa è la caratteristica di Rossella, sempre in giro per il mondo, a occuparsi di diritti umani e a preoccuparsi delle cose brutte che succedono un po' ovunque.
Ro è Rossella, Rossella Urru. Sono sincero, sono stato molto indeciso (e lo sono tuttora mentre scrivo) se scrivere questo post oppure no. In qualche modo sono un giornalista e in questi giorni il nome di Ro sta occupando le mie giornate per lavoro, anche se so di non riuscire a essere sufficientemente sereno. In realtà, inevitabilmente, se penso a lei è per amicizia, affetto e non per necessità professionale. Mi permetto di scrivere qui qualcosa perché mi piacerebbe dire a chi, per caso o volutamente, legge questo blog, chi è Rossella Urru.
In questi giorni sto ripetendo che Rossella non è solo una cooperante rapita in Algeria, ma è anche e soprattutto una mia carissima amica. Ro non lo sa, ma anche io e tutti gli altri "quattro gatti" di Ravenna siamo lì con lei. E siamo anche a Samugheo, insieme a papà Graziano e mamma Marisa, insieme al Grande Uomo Fausto, fratello speciale, e con Mauro, il piccolo di casa, l'autore della bellissima caricatura che ho scelto come mio ritratto. Siamo tutti una famiglia, adesso. Siamo tutti vicini, in silenzio e con affetto.
Impossibile, tra l'altro, non diventare amico di Rossella, non volerle bene. A Ravenna eravamo in pochi, appunto quattro gatti, la città non è che offrisse troppo a un gruppetto di studenti, quindi era inevitabile che ci si frequentasse tutti. E allora le cene a casa sua, una birra, qualche serata nei pochi locali di Ravenna, anche semplicemente quattro chiacchiere tra amici.
E parlare con Rossella è sempre un piacere. Davvero entusiasta di quello che fa, anche quando sa di essere stanca. Crede davvero nella cooperazione. Si arrabbia davvero quando vede ingiustizie, scorrettezze e discriminazioni. Coraggiosa senza arroganza, ma con la semplicità e la genuinità di una ragazza sarda consapevole che il mondo là fuori non lo si può ignorare.
Adesso in tanti sono andati a ri-scoprire l'amore di Ro per il popolo sahrawi. Beh, credo che solo chi la conosce da un po' di tempo ha davvero un'idea di quanto le stia a cuore il destino di quella terra lacerata e abbandonata nell'indifferenza generale. Ricordo la sua tesi, in antropologia culturale, sulla "paura dei piccoli numeri": la paura del debole, la violenza sulle minoranze che diventano oggetto della furia collettiva, Ro ne parlava a proposito dei sahrawi. E Ro è molto brava: 110 e lode con menzione speciale per la dignità di stampa.
Negli ultimi mesi ci siamo sentiti qualche volta su Skype. Bello leggere dei campi, del lavoro, anche pesante, che fa lì. Del tè prima di andare a letto o delle passeggiate sotto il cielo del deserto. Al cielo del deserto, a quel cielo, pensavo quando sono stato in Congo. Io ero nella foresta, all'Equatore, in un'altra porzione di cielo africano, ma a volte mi veniva spontaneo pensare che poco più su Ro stava lavorando nei campi profughi sahrawi di Tindouf. Io, in confronto a lei, non ho davvero fatto nulla...
Però devo per forza sorridere, se penso a una cosa. Ogni tanto, quando vado a controllare la provenienza dei visitatori di questo blog, trovo una visita, una, dall'Algeria. E non ho mai dubbi su chi sia!
Bene, voglio tornare presto ad avere una lettrice speciale dal deserto algerino, che magari sorride mentre sorseggia l'ultimo tè della giornata e poi va a fare una passeggiata sotto le stelle.
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