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Rossella Urru: il caso Free Rossella e la posizione di Andrea Sarubbi

Creato il 28 febbraio 2012 da Yellowflate @yellowflate

Rossella Urru: il caso Free Rossella e la posizione di Andrea Sarubbi“la situazione è complicatissima”

“peggio è, perché ogni attenzione mediatica sulla vicenda rafforza la posizione dei rapitori. E lo stesso direi se fossi un familiare di Rossella: quello che mi sta a cuore è la sua liberazione, non che diventi un simbolo”

Rossella Urru, fa parlare il caso della giovane cooperante rapita in ottobre e se la solidarietà e gli appelli volano in rete, mentre nel reale si concretizzano in striscioni, veglie di preghiera, fiaccolate e quanto altro, c’è chi non è d’accordo. E’ questo il caso di un parlamentare del PD.

Andrea Sarubbi,deputato eletto tra le file del PD, molto tecnologico ed attivissimo in rete. Ecco cosa scrive l’onorevole nel suo blog:

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“Per carità, un hashtag su twitter non si nega a nessuno, figuriamoci a chi se lo merita. E ben vengano pure le citazioni a Sanremo, come è stato, se questo serve a svegliare un po’ l’Italia su temi che generalmente interessano a pochi. Rossella Urru non vestiva una divisa, quando quattro mesi fa è stata rapita nel campo profughi di Hassi Raduni, e così nessuno ha scomodato finora per lei la categoria di eroe; agli occhi dell’opinione pubblica rischiava di venire dimenticata, pur essendo un pezzo dell’Italia migliore, così come del resto è dimenticata la cooperazione internazionale, nata per essere una colonna della politica estera italiana e ridotta a un club – tra l’altro sempre più ristretto – di anime belle. Free Rossella, allora, se lo slogan servisse davvero a qualcosa. Ma purtroppo la situazione è complicatissima, come qualsiasi addetto ai lavori potrebbe spiegare se solo avesse voglia di parlarne pubblicamente. Invece, tutto prosegue nel silenzio, come è giusto che sia.

Se Rossella Urru fosse stata rapita in un’isola in mezzo all’oceano, tutto sarebbe più facile: il governo italiano si metterebbe in contatto con quello locale, e i servizi segreti di entrambi i Paesi comincerebbero a lavorare insieme. Prima o poi – più prima che poi – se ne verrebbe a capo. Purtroppo, invece, il sequestro della cooperante italiana è avvenuto in un’area dai confini abbastanza labili, gli stessi tracciati a tavolino con la riga quando i colonizzatori europei se ne andarono; l’ultimo episodio analogo andato a buon fine – quello dei coniugi Sergio e Philomène Cicala – iniziò a dicembre 2009 in Mauritania con il rapimento, finì ad aprile 2010 in Mali con la liberazione e passò attraverso “un grande lavoro diplomatico”, come disse l’allora ministro Frattini, coinvolgendo addirittura il presidente del Burkina Faso (Paese di origine della signora Philomène). Un altro caso recente – chi ricorda la turista fiorentina Alessandra Mariani, anche lei sequestrata nel sudovest dell’Algeria? – è ancora irrisolto dopo un anno. Anche per Rossella, dicono dunque i precedenti, i Paesi da coinvolgere potrebbero essere più di uno, con conseguente moltiplicazione degli sforzi (“L’unità di crisi della Farnesina è impegnata costantemente”, ha scritto l’altro giorno proprio su twitter il ministro Giulio Terzi) e dei rischi di fallimento. Più se ne parla – penserei, se fossi un diplomatico al lavoro su questo caso – peggio è, perché ogni attenzione mediatica sulla vicenda rafforza la posizione dei rapitori. E lo stesso direi se fossi un familiare di Rossella: quello che mi sta a cuore è la sua liberazione, non che diventi un simbolo, perché di fronte ai simboli – come ha dimostrato la vicenda del soldato israeliano Gilad Shalit, liberato dopo cinque anni di trattative che hanno coinvolto mezzo mondo – i negoziati si complicano all’ennesima potenza. L’incontro di Cagliari tra il presidente Napolitano e i familiari di Rossella testimonia che lo Stato è presente, ed è questa la cosa essenziale.”

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