«E se qualcuno per caso ti chiederà di me,
dirai che sono vivo, ma non salvo» – Ovidio
Non so se capita anche a voi, a fronte di tragedie come quella che ha colpito il Giappone, di essere invasi da una sorta di fame di vita al limite dell’euforia: quella sensazione selvatica e istintiva che prende il sopravvento al cospetto della morte, quando gli eventi – siano essi naturali, terroristici o di qualsiasi altro tipo – ci rammentano con violenza con quanta velocità ci se ne possa andare da questo mondo e da questo respiro; uno schiocco di dita e via, non ci siamo più, travolti da un’onda da un’arma da un accidente qualsiasi, si ricade nel niente dell’inesistenza da cui siamo venuti.
Stampa dipinta a mano risalente a fine Ottocento, ad opera del fotografo T. Enami.
Immagine tratta dall’album Okinawa Soba (licenza)
La consapevolezza dura di come la vita sia una minuscola ed effimera parentesi entro due rive infinitamente più ampie e decisive, quando mi si affaccia nei pensieri, mi genera un’impazienza di vita tanto forte da far male: mi attacco ad ogni istante come presa da un amore folle, incredula, confusa e grata al contempo di essere ancora viva, io, persuasa come mai che tra un giorno un’ora o un attimo potrebbe essere altrimenti.
Ecco dunque che il mio pensiero non va certo ai morti, che non ne hanno più alcun bisogno; bensì ai vivi (me compresa), a cui rimane il compito al tempo stesso più ingrato e meraviglioso: quello di essere vivi, appunto.
Stampa dipinta a mano risalente a fine Ottocento, ad opera del fotografo T. Enami.
Immagine tratta dall’album Okinawa Soba (licenza)
Sopra le verdi e gialle risaie passano le ombre
delle nuvole autunnali, inseguite dal sole
rapido e incalzante.
Le api dimenticano di succhiare il miele,
ubriache di luce, ronzano come pazze.
Le anatre, sulle isolette del fiume, senza motivo
starnazzano gioiosamente.
Nessuno vada a casa stamattina, ragazzi,
nessuno vada al lavoro.
Nella corsa, rubiamo l’azzurro del cielo, vinciamo
lo spazio.
Come la spuma sul torrente così l’allegria
vaga nell’aria.
Amici, spendiamo la nostra mattina in futili canzoni.Rabindranath Tagore, da Il Giardiniere, in La poesia della natura
Tirate fuori il tè più pregiato che avete, preparatelo con cura, assaporatelo come fareste nella più speciale delle occasioni. Uscite, godete dell’aria, della luce, delle foglie, del sangue che vi scorre dentro. Fate l’amore, o ditelo forte.
Rubate l’azzurro del cielo, oggi più che mai: per i vivi (voi compresi), non per i morti.