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RUSSIA: Da Gazprom il 30% in meno di gas verso l’Italia

Creato il 06 febbraio 2012 da Eastjournal @EaSTJournal

Come ogni inverno c’è il problema del gas russo: arriverà? non arriverà? Ma dietro al problema delle forniture se ne cela un’altro, eminentemente politico: l’Italia e l’Europa non sono sovrane se non sono autonome dal punto di vistoa energetico. Maggiori dettagli su Gazpromenade.

di Matteo Zola

RUSSIA: Da Gazprom il 30% in meno di gas verso l’Italia
E la Russia taglia il gas, dopo qualche giorno di silenzio Gazprom ammette ufficialmente di non poter fornire gli abituali quantitativi di metano all’Europa. Troppo freddo nella steppa. Così hanno cominciato a ridurre: il 31 gennaio Gazprom aveva pompato verso l’Italia il 7% in meno del metano programmato, poi l’11,63% di gas in meno il 1° febbraio,il 24,33% il giorno dopo, il 29,25% il 3 febbraio e ben il 29,58% ieri.

Un terzo delle forniture sono state tagliate, il picco è previsto per giovedì. Secondo il leader di Confindustria, Emma Marcegaglia, il rischio maggiore lo corrono le aziende. Ora, le forniture di gas non piovono dal cielo, occorre sviluppare piani di approvvigionamento degni di questo nome. Ma l’Italia, da quindici anni a questa parte, sta investendo tutto su Gazprom o, meglio, con Gazprom. Un’allenza, frutto anche dei rapporti informali tra Putin e Berlusconi, che vale all’azienda italiana importanti (e lucrose) partecipazioni all’estero che però a nulla servono se poi in Italia si resta al freddo.

Tra i progetti targati Eni-Gazprom c’è il famoso South Stream, gasdotto con cui si dovrebbe risolvere una volta per tutte il problema dell’approvvigionamento di metano ma si tratta comunque di gas russo. South Stream, infatti, prende il metano in Siberia centrale e lo porta in Europa con una strategia energetica finalizzata principalmente al controllo geopolitico. South Stream bypassa Ucraina e Polonia (inaffidabili secondo Mosca perché “contrarie” a certe politiche aggressive del Cremlino) di fatto isolando i nemici del Cremlino che corrono il serio pericolo di trovarsi senza metano poiché, ad oggi, in Europa centro-settentrionale il fornitore possibile è uno solo: Gazprom.

La situazione per il nostro Paese non è tanto diversa: abbiamo il gas libico, e navi (dispendiose) che solcano il Mediterraneo, ma se i russi chiudono i rubinetti siamo daccapo, con o senza South Stream. E i russi, quei rubinetti, potrebbero anche chiuderli per motivi che nulla c’entrano con il grande freddo: come intimidazione o minaccia verso l’Europa. Il problema quindi è duplice: da un lato l’Italia dovrebbe differenziare le proprie forniture, dall’altra interrogarsi se è così bello dipendere politicamente dal Cremlino.

Sto calcando un po’ la mano, lo ammetto, ma il problema esiste. Ed esiste anche una soluzione possibile e si chiama Nabucco. Un progetto finanziato dall’Unione Europea, che vede la compartecipazione di aziende europee, finalizzato all’autonomia energetica del vecchio continente. Nabucco è un gasdotto che dovrebbe prendere il metano dal mar Caspio, affidandosi all’Iran e all’Azerbaijan, per poi farlo arrivare in Europa attraverso Georgia, Turchia e Balcani.

Un progetto che avvicinerebbe all’Unione Europea aree geopoliticamente importanti e contese, come i Balcani, la Turchia, la Georgia e l’Iran. Se l’Unione Europea vuole essere un soggetto politico autonomo e sovrano deve giocare la propria partita energetica a scapito di altri, Russia in testa, poiché Mosca è un grande partner economico ma anche un concorrente.

Nabucco e South Stream sono dunque progetti “concorrenti”: l’assetto geopolitico derivante dal successo del progetto Nabucco sarebbe vantaggioso per l’Europa ma non per la Russia, e viceversa.

Italia, Francia e Germania (che sono i principali membri dell’Unione Europea) invece di partecipare al progetto (europeo) Nabucco fanno affari con Gazprom. Solo una nota: il gasdotto Nabucco è finanziato con i soldi della Banca Europea degli Investimenti (BEI) e la Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS). Istituti finanziati dai Paesi membri e con quote maggioritarie proprio da Italia, Francia e Germania.


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