Mercoledì 16 ottobre 2013, nella sala conferenze del Centro Russo di Scienza e Cultura di Roma, si è tenuto il seminario G-20: Dopo il summit di San Pietroburgo. L’evento, organizzato dall’Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG) in collaborazione con il Festival della Diplomazia, si proponeva di discutere i risultati del vertice internazionale in concomitanza con l’uscita del “Quaderno di Geopolitica” Russia G-20: come tornare alla crescita.
Dopo i saluti iniziali di Oleg Osipov, Direttore del Centro Russo di Scienza e Cultura, ha preso la parola Tiberio Graziani, Presidente dell’IsAG e Direttore di “Geopolitica”. Secondo Graziani, la coincidenza fra il tema della crisi siriana e le proposte sul riassetto dell’economia mondiale ha reso il G-20 pietroburghese un punto di contatto fra la transizione uni-multipolare in ambito geopolitico e il tentativo di elaborare nuovi modelli di sviluppo. In coerenza con l’evoluzione del nuovo scenario globale, la presidenza russa ha favorito le discussioni e gli incontri concernenti soluzioni alternative al sistema liberista, responsabile delle crisi monetarie e speculative del biennio 2007-2008. Una serie di crisi, ha evidenziato Graziani, che non sono tanto “globali”, quanto “della globalizzazione”, nel senso che investono e manifestano tutte le contraddizioni interne di una globalizzazione che nelle sue strutture e nella sua gestione decisionale risulta ancora a guida anglosassone.
In rappresentanza dell’Ambasciata della Federazione Russa in Italia è intervenuto il Ministro Consigliere Dmitrij Štodin, che ha portato i saluti a nome dell’Ambasciatore Sergej Razov. Il diplomatico russo ha quindi ripercorso le tappe e i momenti salienti del G-20 di San Pietroburgo e ha insistito sull’importanza del rapporto bilaterale, in questo caso tra Roma e Mosca, come strumento di riaffermazione di misure concrete in ambito politico e imprenditoriale. Il prossimo vertice italo-russo che si terrà a Trieste il 26 novembre costituisce in questo senso un appuntamento di assoluto rilievo per la cooperazione fra i due Paesi.
Dario Citati, Direttore del Programma “Eurasia” dell’IsAG e moderatore della conferenza, ha toccato il problema della transizione uni-multipolare ancora incompiuta, soffermandosi su una tematica che occorrerà approfondire in sede scientifica nel futuro prossimo per comprendere l’evoluzione degli scenari mondiali: quella della sovranità. Uno dei punti fermi della teoria geopolitica è infatti che gli attori della politica internazionale siano essenzialmente gli Stati sovrani. Proprio questo fattore sembra spiegare l’esito ancora incerto del passaggio al multipolarismo: gli Stati Uniti, da una parte, sono al contempo sia un polo geopolitico sia uno Stato sovrano, dotato cioè di una moneta unica, di un esercito, di un apparato di servizi d’informazione, di una popolazione accomunata dalla medesima cittadinanza e di un assetto istituzionale pienamente unitario, per quanto differenziato al suo interno. Dall’altra parte, i nuovi poli emergenti – UNASUR, Unione Eurasiatica, in linea puramente teorica la stessa Unione Europea – si configurano invece ancora come aggregati, ossia strutture sovra-statali prive di quella dimensione di sovranità che garantisce una capacità decisionale univoca, particolarmente importante sul terreno geostrategico e militare.
Jurij Gromyko, Direttore dell’Istituto Shiffers di Mosca, ha illustrato il progetto del Corridoio Transeuroasiatico “Razvitie” insistendo sulla contrapposizione fra i concetti di “crescita” e di “sviluppo” come chiave di lettura per la ricerca di un nuovo paradigma economico nel XXI secolo. La crescita è connotata negativamente non in nome di un’ostilità al progresso scientifico e tecnologico, ma perché nei suoi parametri di base – ad esempio, il Prodotto Interno Lordo – si limita ad un approccio quantitativo, auspicando un ottimistico quanto irrealizzabile benessere cumulativo. Al contrario, il concetto di “sviluppo” implica un metodo qualitativo di programmazione economica e di politica per gli investimenti, in cui al profitto immediato si sostituisca la logica lungimirante del ricavo sul medio e lungo periodo. Un rilievo notevole assume in questo senso la dimensione dello spazio e la sua organizzazione: grandi progetti infrastrutturali, sfruttamento di nuove tecnologie per il miglioramento della vivibilità urbana, coordinamento sistemico dei poli di ricerca sono gli ingredienti che possono inaugurare un nuovo ciclo economico al principio del terzo millennio.
L’intervento di Alessandro Lundini, ricercatore associato del Programma “Eurasia” dell’IsAG, è stato occasione di un’articolata analisi dei rapporti fra potenze. Oltre a confrontare le posizioni di numerosi commentatori, fra i quali lo storico Richard Sakwa e l’ambasciatore russo in Gran Bretagna Aleksandr Jakovlenko, Lundini ha fatto il punto sulle relazioni russo-americane dopo il G-20. Relativamente alla politica estera statunitense, i risultati incerti delle primavere arabe e le difficoltà diplomatiche sulla Siria dovrebbero suggerire al Presidente Obama una maggiore cautela, sia per ciò che concerne l’impostazione generale sia per quanto riguarda il rapporto con la Federazione Russa.
Paolo Raimondi, economista e membro del Comitato Scientifico di “Geopolitica”, ha presentato una chiave di lettura del G-20 centrata sui principali nodi della crisi. Il problema fondamentale, ha sostenuto Raimondi riprendendo alcuni spunti dalle relazioni precedenti, è quello di una terziarizzazione delle economie occidentali che ha snaturato la produttività reale e l’innovazione industriale. Lo sviluppo ipertrofico delle attività finanziarie, prova per eccellenza di un sistema economico che punta eccessivamente sul settore dei servizi a scapito della produttività, è ancora il più grande ostacolo alla ripresa. Nonostante gli insuccessi degli ultimi decenni dimostrino che sia del tutto velleitario pensare ad una riforma dell’architettura finanziaria globale, il G-20 pietroburghese ha offerto taluni segnali importanti. In primo luogo, il documento finale ha esplicitamente fatto riferimento ad una politica degli investimenti. In secondo luogo, la decisione dei BRICS di costituire una banca comune per offrire credito alle imprese rappresenta un evidente stimolo affinché il sistema bancario torni ad essere funzionale all’economia senza sovrapporsi o sostituirsi ad essa.
Consistente il pubblico che ha manifestato interesse alla fine degli interventi, attraverso numerose domande rivolte ai relatori. Presente anche la Senatrice Stefania Giannini, la quale ha partecipato al dibattito.