di Giovanni Bensi
da Mosca - Nel progetto di programma in vista delle elezioni presidenziali del 4 marzo, pubblicato sul sito [email protected], la politica estera e di sicurezza che intende svolgere l’attuale premier Vladimir Putin quando (e chi ne dubita?) sarà presidente, è lasciata per ultima, ma non per questo essa è meno importante.
Si incomincia constatando che “la cresciuta autorità del paese rende la sua partecipazione agli affari internazionali sempre più richiesta”. Si passa a considerare i “successi”: “L’unione doganale di Russia, Bielorussia e Kazakhstan funziona”, scrive Putin e aggiunge: “Dal 2012 diventa realtà lo spazio economico unico: si tratta di un livello più profondo di integrazione”.
L’Unione doganale
Secondo alcuni dati, la Russia, con la creazione dell’unione doganale, può ricavare entro il 2015 un profitto di circa 400 miliardi di dollari, gli altri due partner 516 miliardi ciascuno. Il pieno sfruttamento del potenziale dell’unione doganale può portare alla riduzione di circa 4 volte dei tempi di trasporto delle merci dalla Cina in Europa. È stato anche calcolato che lo stimolo allo sviluppo economico derivante dall’unione può generare un’ulteriore crescita del PIL dei paesi interessati fino al 15% entro il 2015.
L’Unione Eurasiatica
Il progetto di programma promette che “andremo anche oltre, verso la crezione dell’Unione Euroasiatica che apre una nuova epoca nello spazio post-sovietico”. Questa idea era stata lanciata da Putin in un articolo pubblicato sulle “Izvestija” ai primi dell’ottobre scorso ed aveva avuto subito l’appoggio del presidente bielorusso Aleksandr Lukashenko e di quello kazakho Nursultan Nazarbayev. Le proposte di un’Unione Euroasiatica vanno però più indietro nel tempo e non sono solo un espediente post-comunista per ricostituire una sorta di Unione Sovietica in versione “soft”. (Si veda: C’era una volta il Patto di Varsavia, e oggi?)
La necessità, o l’opportunità, di creare una Unione Eurasiatica fu per la prima volta sottolineata negli anni ’20 e ’30 del XX sec. dai classici dell’eurasismo, Trubetskoj, Savitskij e Vernadskij. Essi preconizzavano una graduale trasformazione dell’Unione Sovietica in un’Unione Eurasiatica mediante la sostituzione dell’ideologia comunista con quella eurasista, che vedeva i popoli al di qua e al di là degli Urali come elementi di un unico ambito storico, culturale e “geopolitico”. Il primo progetto dettagliato di “Unione delle Repubbliche Sovietiche di Europa e Asia” fu proposto ancora prima dello sfaldamento dell’URSS dall’accademico Andrej Sakharov. Naturalmente un simile progetto, se portato avanti coerentemente da Putin, comporta delle difficoltà.
Ucraina e Stati Uniti
Accanto al disagio psicologico internazionale per la possibilità di una “URSS in versione light”, c’è l’atteggiamento di molte repubbliche ex sovietiche (vedi l’Ucraina) rivolto a cercare forme di integrazione con l’Unione Europea e la NATO, piuttosto che con una formazione neosovietica e lo CSTO (o ODKB).
E c’è la prospettiva di uno scontro con gli USA che parlerebbero di “espansionismo neoimperiale russo”, vedrebbero turbati i loro piani di cooperazione con paesi ex sovietici, dall’Uzbekistan, al Tagikistan all’Azerbaigian, soprattutto nei settori energetico e militare (Afghanistan).
Putin nel suo progetto di programma mantiene un atteggiamento “assertivo”: “Le regole del gioco nella politica ed economia internazionali – afferna – non possono essere stabilite dietro le spalle della Russia o trascurando i nostri interessi. La collaborazione internazionale – osserva Putin – è una via con due sensi di marcia. Noi siamo per l’interazione costruttiva e il dialogo su questioni come la lotta al terrorismo internazionale, il controllo degli armamenti, la garanzia della sicurezza collettiva”.
La reazione allo “scudo” missilistico euroamericano
“Invece i passi unilaterali dei nostri partner, che non tengono conto dell’opinione della Russia e dei suoi interessi, riceveranno una valutazione adeguata e la nostra reazione di risposta”. Si sente qui l’eco della controversia sullo “scudo” spaziale antimissilistico in Europa che la Russia, a torto o a ragione, ritiene rivolto contro di essa e al quale minaccia di opporre mezzi di difesa, come i missili “Iskander” nella regione di Kaliningrad. (Si veda: Tutti i missili dell’Europa orientale, aggiornato all’agosto 2011)
Riformare l’esercito
Segue nel progetto di programma un capitoletto dedicato alle forze armate in cui si auspica l’aumento della loro “professionalità” e si afferma: “Realizzeremo una profonda modernizzazione delle Forze Armate, doteremo le truppe di nuovi, moderni armamenti. Particolare attenzione sarà dedicata alla massima protezione del personale, sia sul campo di battaglia, che in tempo di pace”. Non abbiamo qui lo spazio per discutere questi problemi, ma ricordiamo i mali di cui soffrono le forze armate russe: armamenti vecchi e inadeguati (vedi i frequenti disastri con i sommergibili atomici), strutture sociali obsolete, mancanza di motivazione, “dedovshchina” (“nonnismo”) che assume spesso dimensioni criminali (vedi caso Sysoev), frequenti suicidi fra i militari ecc. Tutto ciò rende i piani di Putin alquanto utopistici.
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