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Rwanda, perdono a comando

Creato il 17 aprile 2011 da Dragor

PICT1220    E’ la Settimana della Memoria e dappertutto si sente parlare di perdono: alla TV, alla radio, sui giornali, per la strada. Perdono e riconciliazione, perdono e riconciliazione, una litania ossessiva. Ti hanno tagliato a fette la famiglia? Secondo il governo dovresti dire: “Ma certo, caro, so che non lo hai fatto apposta. Ti è scappato, si sa, sono cose che capitano. Non avere paura, non ti odio per questo. Anzi, ti voglio bene. So che in fondo sei un bravo ragazzo. Così siamo amici come prima. Anzi, più di prima, OK?”

   Chiunque abbia inventato la parola perdono” non ha la minima idea di come funzionano i processi mentali. Il perdono è il solo processo emotivo al quale si pretende di comandare. In realtà non si comanda un bel niente, perché come tutti i processi emotivi il perdono sfugge al controllo della ragione. Si sa bene che non si può amare a comando. Perché si dovrebbe perdonare a comando? Non basta dire “perdono” per perdonare.  Ecco l’immenso equivoco che circola in Rwanda e che il governo coltiva scrupolosamente con l’aiuto di legioni di preti cattolici e protestanti che scribacchiano e blaterano le scemenze più incredibili. Il perdono presuppone prima di tutto l’oblio e una persona normale non può dimenticare, a meno che non sia colpita dall’Alzheimer o da una forma di amnesia. In secondo luogo il perdono presuppone che non si provi ostilità nei confronti dell’offensore. Certo, tu puoi asserire di non provare ostilità, ma la tua ostilità affiorerà in modo indiretto, secondo quel processo noto in psicanalisi come “ritorno del represso”. Cacciato dalla porta, l’odio rientrerà dalla finestra, perché non puoi non odiare chi ti ha fatto del male. Tutte le ideologie che predicano il perdono sono provviste di finestre dalle quali l’odio rientra in forme socialmente accettabili, come quella forma civilizzata di vendetta che si chiama giustizia. Alla TV ho visto un programma intitolato “Perdoneresti il tuo peggior offensore?” Una ragazza ha risposto: “Io sono cristiana praticante e perdono i miei nemici, pero’ voglio che siano puniti nel modo più severo.” Brava scema, e allora dov’è il perdono? Li odii e hai voglia di vendicarti come tutti, però ti rifiuti di ammetterlo. Non per niente i cristiani hanno inventato l’inferno, con il quale sfogano tutto il loro sadismo contro chi non la pensa come loro. Torture per l’eternità, ecco come trattano i nemici. Altro che perdono, però si credono tutti dei santarellini.

   Il perdono funziona soltanto quando l’offesa non esiste. Un caso tipico è quello di msg. Bienvenu Myriel ne “I Miserabili”. Jean Valjean gli ruba i candelabri d’argento e lui lo perdona. Sì, ma soltanto perché aveva già deciso che i candelabri appartenevano ai poveri, non a lui. Così l’offesa non esiste. A queste condizioni possono perdonare tutti. E la campagna di perdonismo promossa da Kagame significa in realtà: “Cari, non siamo in grado di  arrestare e condannare tutti gli assassini ancora in circolazione perché sono troppi, così dovete fare finta che non esistano anche se li incrociate tutti i giorni. Anche se vivete gomito a gomito con chi vi ha tagliato a fette la mamma, la moglie, il marito o il figlio. Dovete volergli bene, avete capito?” In poche parole, perdono invece di giustizia.

            Dragor


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