Oggi festeggiamo il nostro 17° Giorno della Liberazione, il giorno in cui si siamo finalmente tolto dai piedi il governo genocidario. O almeno, quando è stato tolto dai piedi dei Rwandesi benintenzionati.
Perché dico benintenzionati? Ma è chiaro, perché a molti non dispiacerebbe tornare all’ancien régime, al Rwanda di prima del 1994. Non nascondiamoci dietro un dito, sappiamo che sono tanti. Basta vedere i loro siti internet o sentire la propaganda che fanno con le loro radio. Questa gente vive l’unità come un sopruso. Semplicemente, non la capisce. Non riesce a concepire un Rwanda dove ci sono soltanto Rwandesi, dove sulla carta d’identità non c’è la menzione dell’etnia. Considera l’uguaglianza come un’ingiustizia. Per loro il Rwanda è composto da 3 etnie, gli Hutu, i Tutsi e i Twa, e deve comandare la più numerosa, vale a dire quella degli Hutu. La loro idea di “comandare” l’abbiamo vista durante i 33 anni della loro dittatura. Discriminazione, umiliazione, odio, un massacro dopo l’altro fino al genocidio.
Il tema della celebrazione annuale di quest’anno è “Forgiamo il nostro destino”. Mi sembra un ottimo tema. In un mondo dove noi piccoli siamo spesso sballottati come un tappo di sughero nel mare in tempesta, è essenziale che controlliamo il più possibile. Il grande Bob Marley cantava “emancipatevi dalla schiavitù mentale, soltanto voi potete liberare la vostra mente.” Redemption Song, il mio reggae preferito, è un lungo grido di autodeterminazione e dignità umana. Quando Marley parla di schiavitù mentale, probabilmente si riferisce alle abitudini e alle tradizioni che ci mantengono in una condizione miserabile. Nella nostra cultura ci sono molte cose che trovo meravigliose, ma in questa stessa cultura ce ne sono altre che ci impediscono di raggiungere i nostri obiettivi. Se dobbiamo veramente “forgiare il nostro destino”, queste cose vanno denunciate e soppresse. Fanno parte della nostra schiavitù mentale.
Un esempio di questa schiavitù e' la mania dei figli. Ci hanno insegnato che i figli sono benedizioni, doni del cielo, prove viventi di un buon matrimonio e naturalmente mano d’opera gratuita. Sì, ma questa cultura si è formata nel Rwanda pre-coloniale, quando la mortalità infantile era terribilmente alta. Se andate al Museo Nazionale di Butare, vedrete fotografie degli anni 30 nelle quali le colline del nostro bel paese appaiono praticamente vergini. Oggi quelle stesse colline sembrano formicai. E non c’è da stupirsi, perché da qualche parte ho letto che, se le donne del contesto rurale e URBANO non smetteranno di fare in media 6 figli, fra qualche decennio saremo in 40 milioni. 6 figli? Ma stiamo scherzando? E questo sarebbe il risultato della politica demografica del governo? Care amiche, mettevi un tappo. Cari amici, tagliatevelo. Soltanto così potremo andare incontro a un luminoso destino invece di forgiarci un destino di merda.
Un altro esempio di questa schiavitù mentale è la passività con la quale accettiamo i preti sul nostro territorio. Sono venuti qui per imporci la loro religione (che non è nemmeno la loro perché viene dal Medio Oriente). Hanno deposto il re Muzinga perché non li voleva. Hanno ammazzato il re Mutara III perché aveva chiesto l’indipendenza del Rwanda. Ci hanno divisi mettendo un’etnia contro l’altra. Hanno sostenuto la dittatura di Kaybanda e quella di Habyarimana fino al genocidio. Durante il genocidio, al quale molti di loro hanno partecipato attivamente, hanno sostenuto il governo genocidario. Dopo il genocidio hanno nascosto i preti assassini. Eppure la Chiesa Cattolica è ancora presente in Rwanda. Certo, sorvegliata a vista, ma pur sempre presente. Non ha cambiato niente della sua politica e continua a predicare la divisione etnica mentre riarma sottobanco i terroristi. Sembra una iena, troppo codarda per attaccare ma pronta a mordere al primo segno di debolezza della preda.
Questa gente deve tornare a casa sua. Tutta. Fuori la Chiesa Cattolica dal Rwanda. Non possiamo più accettare sul nostro territorio un’organizzazione che cospira per distruggerci. Anche questo significa liberarsi dalla schiavitù mentale. Soltanto così potremo veramente forgiare il nostro destino.
Dragor