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S’abe ‘e oro - L’ape d’oro - di Antonietta Langiu

Creato il 07 ottobre 2010 da Laperonza

Racconto tratto dal romanzo “Sas paraulas – Le parole magiche”, rieditato nel 2008 con la traduzione a fronte in sardo e inserito ne “I quaderni della memoria della Sardegna”. Si sviluppa attorno al personaggio chiamato Nedda, una donna povera e indifesa, ma forte e coraggiosa, che si batte per la sua famiglia e per la continuità della stessa, contro i soprusi e le prepotenze di allora e di sempre. In occasione della festa del patrono San Sebastiano, quando accorrono in paese molti poveri da tutta l’isola a chiedere l’elemosina, nonna Nedda narra ai suoi nipoti la seguente storia.

  

-Da alcuni anni in paese non pioveva più; la terra era screpolata e grinzosa, le piante avevano perso le foglie e si erano attorcigliate su se stesse; gli animali, tirati e rinsecchiti sotto la pelle, si trascinavano stancamente alla ricerca dell’ultimo stelo giallo e dell’unico filo d’acqua che scorreva in mezzo ai ciottoli nel greto dei fiumi.

Anche gli uomini soffrivano; ad alcuni erano rimasti solo gli stracci che portavano addosso. E, appunto, coperto di stracci, arrivò un giorno in paese un poverello. Assetato e affamato, bussò alla porta di una casa anch’essa povera.

“Chi sei?” gli chiese una donna, affacciandosi.

“Ho conosciuto tuo marito, tanto tempo fa; eravamo amici, dividevamo anche il pane, quando c’era. Ora, ti prego, fammi entrare un momento: ho fame e freddo”, disse l’uomo, con voce implorante.

“Non posso”, rispose la donna “in questa casa non c’è più il padrone, e io non ho niente da darti”.

“Ti prego”, ripeté ancora l’uomo “dammi un bicchiere d’acqua e fammi sedere un poco vicino al camino”.

“Bussa ad un’altra porta, forse ti apriranno”, continuò la donna con voce incolore.

In quel momento un bambino, con un pezzetto di pane nero nelle manine livide, si affacciò sull’uscio e lo porse all’uomo.

“Va’ dentro!”, lo apostrofò la madre, irosamente.

“Aspetta, ho un dono per te”, disse allora l’uomo rivolto al bambino. Appoggiò la bisaccia per terra, l’allargò, prese da un grosso mucchio una moneta d’oro e gliela diede.

La donna spalancò gli occhi dalla meraviglia, aprì la porta e disse, svelta: “Entra e riposati. Ti porterò un bicchiere di acqua di fonte”.

“No”, rispose l’uomo, caricandosi sulle spalle la pesante bisaccia. “Non serve più. Ora sai della mia ricchezza; hai visto il mio tesoro che poteva, in parte, essere anche tuo. Non hai avuto misericordia né carità; e non hai rispettato uno dei doveri sacri al nostro popolo: l’ospitalità.

Ricorda che sotto i panni di un povero qualche volta si cela un re, ma la cura e l’attenzione   per l’uno e per l’altro devono essere le stesse”.

“Un’ultima cosa”, disse ancora l’uomo. “La fortuna, ricordalo, non bussa mai due volte”.

In quel preciso momento gli stracci gli caddero di dosso e si trasformò in un’Ape d’Oro che volò via nel cielo che cominciava a tingersi di nero.

 

________________

E la nonna finì con le seguenti parole: “A ognuno, nella vita, la buona sorte concede almeno un’opportunità. Saperla cogliere è da saggi; e la saggezza non è mai disgiunta dalla carità.

( Deus ne ha pius de dare de cantu ne appede dadu. E chie da’ cun una manu, ne rizevidi sempre cun duasa, Dio ne ha più da dare di quanto non ne abbia già dato. E chi da’ con una mano, ne riceve sempre con due), finì con due proverbi di saggezza antica, come la storia che aveva raccontato.

 

 

L'Ape Ronza ringrazia Antonietta Langiu per avermi concesso di pubblicare questo delizioso racconto.


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COMMENTI (1)

Da sSalvatore Sini
Inviato il 05 novembre a 18:14
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Non è molto diverso dalla mia prosa (Ammentos de su Calarighe) che ti farò leggere quando prima possibile,