Lo abbiamo già anticipato ieri. E, detto fatto, l’erede prediletto della banda del buco, quella degli Amato, dei Ciampi, dei Dini, dei Draghi (e dei Prodi), Fabrizio Saccomanni, lo ha “ipotizzato” ieri: “Verranno vendute le quote pubbliche residue di aziende strategiche come Eni, Enel e Finmeccanica. “Sono compagnie profittevoli e danno dividendi al tesoro”, ergo – questa la sublime tesi del nuovo distruttore di ciò che rimane delle aziende-gioiello nazionali – vanno vendute, o comunque usate per esperimenti di “finanza creativa” sulle piazze finanziarie internazionali. In una sua intervista moscovita alla Blomberg Tv, Mr. Saccomanni, il prediletto di Draghi, si è lanciato infatti e in particolare nell’ipotesi “b”, quella di usare le azioni pubbliche come “collaterali”. Spieghiamo: i collaterali sono obbligazioni che hanno come garanzia collaterale un debito. Vengono inserite in un “pacchetto” detto “veicolo” che le mette in garanzia sull’indebitamento (nel caso dell’Italia, neanche a dirlo, il debito è quello usuraio delle banche d’affari internazionali che hanno rastrellato l’indebitamento a garanzia dei loro prestiti). Detto fatto, insomma. Le quote “profittevoli” che fanno “dividendi” vengono date così in pegno per pagare gli interessi sugli interessi vantati dalle varie Gioldman & Sachs o Morgan Stanley. Im poche parole, invece di fermare il dissanguamento da usura, l’usura si rimpolperà, garantita delle uniche aziende traino dell’economia nazionale. E Mr. Saccomanni è il “consigliori” di tale ricetta. Tanto sarà la Nazione a pagare, non certo lui.
U.G.
La Rinascita