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Saggio storico sull’opposizione di Pio IX e Pio XII a comunismo e nazismo

Creato il 20 aprile 2011 da Uccronline

Saggio storico sull’opposizione di Pio IX e Pio XII a comunismo e nazismoL’ex direttore (e attuale editorialista) de Il Corriere della Sera, Paolo Mieli, ha recensito il nuovo libro di Philippe Chenaux, intitolato: “L’ultima eresia. La Chiesa cattolica e il comunismo in Europa da Lenin a Giovanni Paolo II“. Chnaux è un esperto e docente di storia contemporanea, particolarmente informato circa il rapporto tra comunismo e cattolicesimo.

CHIESA, EBRAISMO E COMUNISMO. Nella parte iniziale dell’articolo Mieli, di religione ebraica, si dedica a ricordare quanto fecero Benedetto XV e Pio XI (e gran parte della Chiesa) per superare la critica interna al cattolicesimo verso gli ebrei. In seguito affronta i rapporti tra Benedetto XV e Lenin. Ricorda che a causa della spietata ferocia russa contro i cristiani e i sacerdoti, si volle creare un accordo tra la Santa Sede e l’Unione Sovietica. L’obiettivo era quello di aprire i confini russi ad un intervento umanitario proveniente dalla Santa Sede. Il dialogo comunque fallì e nel 1926 Pio XI ordinò di procedere «senza indugio» alla riorganizzazione religiosa in Russia abbandonando la via delle trattative ufficiali e procedendo nella massima segretezza. E ciò avvenne, anche se con numerosissime perdite. Il comunismo comunque riuscì a penetrare nel cattolicesimo, sopratutto in Francia, per uno sforzo di conciliazione, ma il Consiglio di vigilanza dell’Arcivescovado di Parigi pubblicò un comunicato nel quale si diceva che queste posizioni non potevano in alcun modo essere considerate «cattoliche». Anche Pio XI mostrò forte preoccupazione per questa, seppur isolata, apertura verso il comunismo (considerato da lui «il male, il regno di Satana»).

CHIESA E FRANCHISMO. L’articolo su Il Corriere della Sera ricorda che la sollevazione militare spagnola dei franchisti del luglio 1936, appariva ai cattolici come una «giusta» rivolta contro la «Spagna empia e rivoluzionaria» dei comunisti e degli anarchici. Tuttavia importanti esponenti cattolici, Jacques Maritain, François Mauriac e Luigi Sturzo, si opposero a tale posizione. Nel maggio del 1938 il Vaticano riconobbe ufficialmente il governo di Franco, nominando un nunzio apostolico a Madrid nella persona di monsignor Gaetano Cicognani. Ma dopo il bombardamento di Durango e Guernica, la Santa Sede fece pervenire allo stesso Franco le proprie rimostranze per le sofferenze inflitte alla popolazione basca. Il Vaticano, malgrado le sollecitazioni di una parte consistente del mondo cattolico, non benedisse mai l’impresa franchista come una giusta crociata contro il comunismo.

CHIESA E NAZISMO. Mieli spiega che dopo il concordato tra la Santa Sede e il Reich (1933), all’indomani dell’ascesa al potere di Adolf Hitler (1934), la Chiesa aveva messo all’indice i testi base della propaganda nazista. Nell’ottobre 1934 la Congregazione del Sant’Uffizio chiese la censura per il razzismo, il nazionalismo radicale e il totalitarismo di Stato nazista. Il 14 marzo del 1937 fu data alle stampe l’enciclica antihitleriana Mit brennender Sorge. Il 19 marzo 1937 uscì invece l’enciclica Divini Redemptoris, che imputava al comunismo di essere «intrinsecamente perverso». Pio XII, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, accettò (con grande stupore degli storici), di fare da intermediario tra la resistenza tedesca e la Gran Bretagna per un complotto che mirava alla deposizione di Hitler. Nell’estate del ’41, quando Hitler attaccò l’Unione Sovietica, «non mancarono» , sottolinea Chenaux «le sollecitazioni al capo della cristianità, anche da parte di eminenti dignitari della Chiesa, perché benedicesse le forze dell’Asse contro la Russia bolscevica». Ma non lo fece.

«Tutte cose che i suoi successivi detrattori tenderanno a valorizzare poco. Molto poco», conclude Mieli.


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