E' quindi doveroso ripercorrere - ad uso di chi sembra ignorarele TOTALMENTE - le sommarie biografie dei personaggi che innalza agli inesistenti altari del "giornalismo obiettivo" (che ancora devo capire cosa sia). Se esistesse questa "cosa", i titolari sarebbero assimilabili ad organismi inferiori, privi di opinioni, cultutra, ideologia. Amebe, appunto; plancton; alghe; argilla. Spero che non siano così, neanche i peggiori fra quelli citati dal Nostro come esempi luminosi di "giornalismo obiettivo". A questa categoria vengono in genere iscritti d'ufficio quelli che rispecchiano il nostro pensiero. Essendo gli altri relegati al ruolo di faziosi imbecilli.
Anche quello di Stefano Folli, non è male... imposto da Berlusconi alla guida del "più prestigioso quotidiano italiano, al posto de "dimissionario" Ferruccio De Bortoli, è un anticomunista doc in odore di massoneria, che ha costruito la sua carriera tra i salotti neri della nobiltà romana, fra cui quello della signora Angelillo a Palazzo Giustiniani. Folli compie i primi passi alla "Voce Repubblicana". Folli entra a far parte anche dello staff a Palazzo Chigi di Giovanni Spadolini. Da "La Voce Repubblicana nell'89 passa al Tempo, il megafono della borghesia e della nobiltà in camicia nera romana, con l'incarico di caposervizio politico. Nel '90 Folli arriva al Corriere, durante la direzione di Ugo Stille. Ha fondato e diretto la rivista di affari internazionali "Nuovo Occidente" e ha collaborato a molte altre riviste fra cui spicca il bimestrale neofascista "IdeAzione" fondato nel 1994 e diretto prina dal fascista e consigliere Rai Marcello Veneziani, poi dal fascista Urso.
Negli ultimi tempi ha redatto le schede politiche per la trasmissione "Porta a Porta" condotta da Bruno Vespa. Con queste credenziali è normale che la destra del regime neofascista esulti e tenti di nascondere il vero significato di questo autentico golpe giornalistico dichiarando per bocca del gerarca fascista Ignazio La Russa che: "I partiti sono estranei a questa nomina: Folli è apprezzato da tutti". Ivi compreso, aggiungiamo noi, il vertice del partito della rifondazione trotzkista capeggiato da Bertinotti che, invece di smascherare l'intera operazione, ha addirittura definito Folli un giornalista di "grande professionalità, capacità analitica e equilibrio da liberale autentico", che "merita auguri non formali di buon lavoro" finendo, come al solito, per coprire a sinistra il neoduce Berlusconi (da pmli.it)
Gianantonio Stella: cosa c'entri questo stimasto giornalista d'inchiesta coi Panebianco, i Folli i piduisti alla Ostellino, è cosa che sfugge a tutti, tranne a Carlo che li accomuna.
I PIU' GRANDI DI TUTTI
Anche il "libero" Ronchey segue lo stesso percorso: Voce Repubblicana, Corrierone, La Stampa Fiat di Romiti, poi il Corriere Rizzoli/P2... Si, un altro indipendente 'de noantri. Tutto sinistra, incluso il "Resto del Carlino, vero? Quello che il mitico "Fortebraccio", per sottolinearne a modo suo il filo-amerikanismo, tirava per il kulo defindendolo "Ronchey con la Ypsolon"
Nel 1932 ottenne una seconda laurea, in scienze politiche e sociali, al Cesare Alfieri, con una tesi in cui valutava positivamente la politica di isolazionismo inglese. Inizia a scrivere nel '32 nei giornali fascisti "L'italiano" di Leo Longanesi, e "Il Selvaggio" di Mino Maccari. Nello stesso anno viene ricevuto da Benito Mussolini. Nel '35 l'Italia fascista invade l'Etiopia, e Il Migliore corre ad arruolarsi volontario in camicia nera, come sottotenente in un battaglione di Ascari. Dichiarazione autografa di Montanelli dell'epoca:
«Questa guerra è per noi come una bella lunga vacanza dataci dal Gran Babbo in premio di tredici anni di scuola. E, detto fra noi, era ora». Una dichiarazione vergognosa, visto ciò che gli italiani hanno combinato durante le ignobili guerre di conquista coloniale. Libbberale sti cazzi.
In Etiopia Montanelli ebbe una relazione di "madamato" con una ragazzina eritrea musulmana di 12 anni, Fatima, comprata per la cifra di 500 lire; compresi nel prezzo, ebbe a raccontare l'interessato, anche un cavallo e un fucile. Questa "madama" lo seguì per l'intera permanenza in Africa.
Andiamo avanti?
Redattore de La Nuova Eritrea, Montanelli scrisse un pezzo per Civiltà Fascista intitolato "Dentro la guerra": «Non si sarà mai dei dominatori, se non avremo la coscienza esatta di una nostra fatale superiorità. Coi negri non si fraternizza. Non si può, non si deve. Almeno finché non si sia data loro una civiltà». (Indro Montanelli, gennaio 1936, Civiltà Fascista)
Montanelli fece l'inviato di guerra in giro per l'Europa. Nel 1939 fu in Albania, diventata quell'anno protettorato italiano; sarebbe stato Bottai a fare il suo nome a Galeazzo Ciano, indicandolo come la persona più adatta a raccontare la nuova conquista.
Montanelli si accorge del fatto che il fascismo fosse una dittatura fra il sanguinario e il ridicolo solo quando il fascismo inizia a crollare. In fondo, siamo sempre l'Italia di Ennio Flaiano, vero? quella sempre pronta a saltare sul carro dei vincitori. Non si sa mai... Per Montanelli però la resistenza era una manica di banditi...
"...Dopo l'8 settembre ho avuto più volte la tentazione di arruolarmi nelle bande, ma vi ho sempre rinunziato: vorrei combattere come soldato; ma, non potendolo, rinunzio a combattervi come bandito»... Leggete questo Montanelli, e non vi viene in mente tale Pansa?
Ancora: " Nello stesso periodo, tutti i suoi vicini di cella (26 persone) vennero portati al muro e fucilati, tranne lui. Il 6 maggio Montanelli e la moglie vennero prelevati dal carcere tedesco e trasferiti nel carcere di San Vittore. Le condizioni di vita migliorarono notevolmente: le guardie erano italiane ed il Comitato di Liberazione Nazionale aveva in carcere i suoi delegati. Ma in luglio cominciarono le fucilazioni anche a San Vittore. Di nuovo, uno dopo l'altro i suoi compagni di prigionia furono messi al muro. Con l'aiuto di più persone, tra le quali anche Luca Ostèria, funzionario dell'Ovra (che fabbricò un falso ordine di trasferimento), un giorno prima della data prevista per l'esecuzione, Montanelli e un altro prigioniero vennero prelevati dal carcere e portati in un nascondiglio. Passati dieci giorni, i fuggitivi furono condotti fino a Luino, al confine con la Svizzera; l'operazione fu eseguita con l'appoggio del C.L.N. A piedi Montanelli raggiunse la città di Lugano. Rimase in Svizzera fino alla fine della guerra. (chissà se li ha conosciuto l'altro imbucato di lusso... Tale Luigi Berlusconi, poi direttore della Banca Festi-Rasini, unica banca italiana mai chiusa d'imperio da Bankitalia per riciclaggio di danaro mafioso...NdR)
Dal 1954 questo giornalista senza camicia nera inizia la collaborazione con "Il Borghese", noto giornale non fascista.
Ed ecco, per gli agiografi, come nel '56 Montanelli ("uno dei più grandi di tutti i tempi") commenta il varo della legge Merlini:
« … in Italia un colpo di piccone alle case chiuse fa crollare l'intero edificio, basato su tre fondamentali puntelli, la Fede cattolica, la Patria e la Famiglia. Perché era nei cosiddetti postriboli che queste tre istituzioni trovavano la più sicura garanzia… »
A partire dal 1965 partecipò attivamente al dibattito sul colonialismo italiano. In accesa polemica con lo storico Angelo Del Boca, Montanelli sostenne ostinatamente l'opinione secondo cui quello italiano fu un colonialismo mite e bonario, portato avanti grazie all'azione di un esercito cavalleresco, incapace di compiere brutalità, rispettoso del nemico e delle popolazioni indigene. Nei suoi numerosi interventi pubblici negò ripetutamente l'impiego sistematico di armi chimiche come iprite, fosgene e arsine da parte dell'aviazione militare italiana in Etiopia.
Torna al Corriere, che lascia quando alla direzione arriva il "komunista" Piero Ottone (che ho avuto il piacere e l'onore di conoscere). Immediatamente lo assume un altro konunista, tale Gianni Agnelli (quello indipendente, quello che "la Confindustria è governativa per definizione"). Ma l'rrequieto e "indipendente" Indro ha già in mente la fondazione di un suo giornale: Il Giornale Nuovo"- Giornale "indipendente", che può vedere la luce grazie ai soldi di Eugenio Cefis, allora "padrone" della Montedison. Si sa... pecunia non olet.
Nel 1975, Montanelli troncò la quarantennale amicizia con Ugo La Malfa. Il motivo della rottura, avvenuta in seguito ad una violenta lite, fu la decisione, da parte del presidente del PRI, di sostenere il compromesso storico, ovvero il riavvicinamento fra DC e PCI.
Finiti i finanziamenti di Cefis, il "Geniale Nuovo" di Montanelli trova immediatamente un nuovo finanziatore: il palazzinaro Silvio Berlusconi. Ma va??? Il rapporto finirà quando Montanelli - era ora! - capirà che Berlusconi non fa niente per niente, e chiede che il Geniale diventi l'organo della nascituta Forza Italia. Meglio tardi che mai.
E veniamo all'altro mito del giornalismo alla Carlona: Piero Ostellino. Ripercorrerne la carriera non è facile, perchè non ha mai avito una carriera. Propongo quindi al geniale Carlo un indovinello. Si tratta di un giochino semplice semplice: si tratta di indovinare cosa accomuni i nomi di questi personaggi e di queste istituzioni, all'epoca del Piero Ostellino "Direttore":
Angelo Rizzoli, Bruno Tassan Din, Corriere della Sera, Fabrizio Cicchitto, Franco Di Bella, Licio Gelli, Maurizio Costanzo, Mino Pecorelli, Paolo Mosca, Piero Ostellino, Rizzoli, Roberto Calvi, Roberto Gervaso, Silvio Berlusconi, Umberto Ortolani... Mi sono "tenuto basso" di proposito, solo per non apesantire la lettura... Ma la soluzione dell'indovinello dovrebbe essere facile facile...
Buona Domenica a tutti. Anche a Piero Ostellino, un Grande del Giornalismo alla Carlona.
Tafanus