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Salario Minimo in Europa: e l’Italia?

Creato il 24 gennaio 2014 da Molipier @pier78

Scritto da: Genny Sangiovanni 24 gennaio 2014 in Attualità, Economia, Esteri, News, Società Inserisci un commento

La Commissione Europea nell’Aprile 2012 ha dichiarato in un documento che “fissare salari minimi di livello adeguato può contribuire a evitare l’aumento della povertà lavorativa ed è un fattore importante per garantire la qualità e la dignità dei posti di lavoro”.

L’Eurostat (ufficio statistico dell’Unione Europea) ricorda che le retribuzioni minime nazionali sono fissate per legge o tramite accordi di categoria e si applicano a tutti i lavoratori dipendenti (o alla maggioranza di questi). Gli importi si calcolano al lordo delle imposte sul reddito e dei contributi di sicurezza sociale (che variano in ogni Stato). Un esempio? La retribuzione minima passa dai 157 euro in Romania ai 1.462 euro in Irlanda, 1.502euro in Belgio e 1.874 in Lussemburgo.

Attualmente sono 21 gli stati (dei 28 che compongono l’Unione Europea) a prevedere un salario minimo nazionale: Belgio, Bulgaria, Croazia, Estonia, Francia, Grecia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica Ceca, Romania, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Ungheria.

Il governo britannico ha recentemente affermato che il salario minimo verrà aumentato entro il 2015 da 6,31 sterline a 7 sterline l’ora (pari a circa 8,5 euro), mentre la Germania lo scorso Novembre ha  annunciato che verrà creato un salario minimo obbligatorio sempre dal 2015.

In Danimarca, Italia, Austria, Finlandia e Svezia non è previsto un salario minimo e le retribuzioni vengono fissate per contrattazione tra le parti sociali, a livello aziendale o per singolo contratto; nella pratica gli accordi generali per ogni settore equivalgono a retribuzioni minime.

Tanti i pro ed i contro alla retribuzione minima. “Il salario minimo permette di trovare un compromesso chiave: proteggere i dipendenti che hanno uno stipendio basso e assicurarsi che trovino un lavoro” ha dichiarato il ministro delle finanze britannico George Osborne il 9 gennaio scorso.

Senza il salario minimo, il datore di lavoro paga i suoi dipendenti in base al loro livello di produttività. Invece, grazie al salario minimo, anche lavoratori scarsamente qualificati, che hanno una bassa produttività, possono essere pagati di più. Ciò rende la loro assunzione non conveniente per le imprese ed esclude questi lavoratori dal mercato occupazionalespiega l’economista Eric Heyer dell’ Observatoire français des conjonctures économiquesche, che, però, aggiunge che “se aumenta il salario minimo aumenterà anche il potere d’acquisto dei dipendenti, che consumeranno di più e così faranno crescere anche il fatturato delle aziende” ricompensando di fatto i costi aggiuntivi per le aziende.

Che si vada verso l’istituzione di un salario minimo europeo condiviso da tutte le aziende dell’Unione? Ancora sembra un’ipotesi lontana, ma la Commissione Europea in un testo del 2012 ha dichiarato che “deve essere possibile poter adeguare in misura sufficiente i minimi salariali, con il coinvolgimento delle parti sociali, per rispecchiare gli sviluppi economici globali. In tale contesto salari minimi differenziati, già d’applicazione in diversi stati membri, possono essere un mezzo efficace per sostenere la domanda di manodopera”.

 

Via|internazionale

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