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Saleme

Creato il 06 novembre 2010 da Renzomazzetti
Giuseppe Cesare Abba

Giuseppe Cesare Abba

 

Si leva il campo e si marcia su Saleme, paese grandissimo fabbricato stranamente sul pendio di un’alta collina. Appena giunti gli evviva ci assordano. La banda del paese gira suonando per le contrade. L’aspetto della popolazione è desolante, e porta l’impronta d’un popolo suscettibile di civiltà ma avvilito dalla doppia tirannide sacerdotale e laicale. I mendichi ad ogni passo ingombrano la via. Si pernotta sparsi qua e là pei conventi. Il nemico è a nove miglia di distanza. Giungono variate notizie. Il nemico si ritira rapidamente e lascia i posti. I nemici abbandonano nella notte Caltafime e noi avanziamo al paese sulla punta del giorno. I nemici sono in scompiglio e si vanno ritirando sempre verso Palermo. Durante la battaglia io sentii queste parole di Garibaldi in risposta a Nino Bixio che lo pregava a non esporsi come faceva: E come posso spendere meglio la mia vita che pel mio paese. Ordine del giorno del Generale: stupendo. Ormai il mio cuore è pieno. Il tramonto del sole mi fa mesto. Seduto sulla punta del colle S.Vito agli ultimi avamposti io sempre guardo il golfo di Castellamare ed Alcamo e la profonda valle e le colline seminate di fiori. Marcia da Caltafime ad Alcamo sul golfo di Castellamare. I Regii sbarcati a Castellamare si rimbarcano nella stessa mattina. Sull’orizzonte si vedono due legni che paiono da guerra. L’armata è in buon stato. Anche qui la miseria invade e la fame., ed a ogni passo ti si appresenta il triste spettacolo della mendicità. Pare che nel popolo lo spirito predominante sia la religione guasta dall’ignoranza. In tutte le altre parti d’Italia non si troverebbe una casa povera come quella di un siciliano. Sulla punta del giorno i Cacciatori delle Alpi lasciano Alcamo per recarsi a Pardenigo attraverso a magnifiche campagne. Ad ogni tratto i contadini postati sulle rive gridano evviva all’Italia a Garibaldi a Vittorio Emanuele. Alle porte di Pardenigo uno spettacolo desolante comincia a presentarsi. Cavalli morti sventrati, e cadaveri di soldati abbrustoliti e fetenti. Il paese mezzo distrutto dalle fiamme fa deplorarci queste guerre fraterne. Per quanto sia duro dover combattere soldati italiani, dacché per una causa iniqua devastano ed uccidono, è santo dovere l’andare avanti e tentare la redenzione di un popolo suscettibile nell’avvenire di grandi e belle cose. Quei di Partenigo distrussero così la volonna stata da noi sbaragliata a Caltafime, tredici prigionieri sono in loro mani. Lo spirito della popolazione esasperata è sollevato al più alto entusiasmo. Si avvicina ora una grande giornata, il nemico è forte, ma Garibaldi è con noi. -Giuseppe Cesare Abba, tratto da: Memorie, maggio 1860:EPOPEA DEL PRIMO RISORGIMENTO.

 

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11 maggio 1860: Giuseppe Garibaldi sbarca a Marsala.

11 maggio 1860: Giuseppe Garibaldi sbarca a Marsala.

SUORA E GARIBALDINO

Vicini entro la fossa

li han posti a riposare

ne la camicia rossa,

nel bianco scapolare.

Per gli infetti recinti

ove regnò la morte,

da uguale amor sospinti;

uguale ebber la sorte.

Ella spirò, pregando

tregua all’uman dolore,

egli morì, chiamando

un secolo migliore…

Posate, anime care,

posate, o povere ossa,

nel bianco scapolare,

ne la camicia rossa!

-Ernico Panzacchi-


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