di Doriana Melle
Tipico farmer market salentino
Dai giornali leggo che è una nuova moda diventata un vero e proprio stile di vita, parlo del chilometro zero, ovvero del consumo locale. Zero sarebbero i chilometri che il cibo dovrebbe percorrere dal campo al consumatore. Dopo che ci siamo globalizzati ora ci tocca “sglobalizzarci” o in-globalizzarci perché a detta di alcuni, forse, per molti versi la globalizzazione non è stata proprio una buona idea.
Cambiamo allora senso di marcia; il chilometro zero ci permetterà di crescere per risollevare la nostra economia, di diventare consumatori critici e consapevoli, di avere una maggiore garanzia di freschezza e genuinità e magari riusciremo anche a fermare l’invasione degli alimenti importati.
Da un’indagine svolta da NOMISMA in collaborazione con il mensile Vita di campagna e Fiera agricola di Verona si evince che oggi, a causa della crisi, la gente tende a ricercare e riscoprire la bontà e la convenienza dei prodotti coltivati nella proprio territorio. Da qui la classificazione di due nuove figure, comunque a noi familiari, che finora non avevano questa etichetta: quella dell’hobby farmer e quella dei farmer market.
L’hobby farmer è colui che possiede un terreno agricolo e lo coltiva nel tempo libero, infatti la sua attività principale, lavorativamente parlando, non è nel settore agricolo. I farmer market altro non sono che mercatini che consentono agli imprenditori agricoli la vendita diretta dei loro prodotti, e anche in questo caso si favorisce il rapporto diretto tra produttore e consumatore.
Farmer market: questo strano neologismo, comicamente anglosassone, se lo riportiamo a casa nostra, ancora una volta finisce con l’appellare quella diffusissima figura di contadino-venditore, che cede il proprio raccolto per le strade dei nostri paesi e che alle nostre latitudini è sempre esistito; solo che oggi va di moda. Occorre aggiungere che oltre alla promozione in appellativo anglosassone, ora il farmer market è da intendersi anche nella maniera più moderna, ovvero con un’organizzazione di tipo cooperativo, che permette a più soggetti di condividere i costi di gestione dei locali e poter fornire i propri prodotti in diretta concorrenza con la grande distribuzione. Il primo farmer market in Italia è stato inaugurato proprio a Taranto1.
Quando ho deciso di scrivere dei mestieri e delle botteghe salentine il mio primo pensiero è andato subito a quest’attività che per noi, come premesso, non rappresenta certo nulla di nuovo. Si tratta di un lavoro che da sempre abbiamo fatto. In quest’ottica le nostre botteghe diventano la diretta espressione della nostra cultura, ovvero della cultura dei nostri avi, per loro natura, o per effettiva necessità attenti a quel concetto di sostenibilità ambientale ed economica di cui oggi si sente tanto parlare, ma a cui ci si approccia con grande difficoltà: possiamo dire di essere stati precursori di questo fenomeno? Di certo è possibile guardare alla nostra realtà produttiva ed economica con ottimismo e gli hobby farmer salentini sposano al meglio i concetti virtuosi alla base della filosofia del chilometro zero.
A questo punto possiamo ben dire che farmer market, chilometro zero, filiera corta, hobby farmer non rappresentano una novità per i Salentini anche se questa rinascita viene oggi corredata anche di un impianto giuridico, che arriva a prevedere agevolazioni per le strutture della grande distribuzione che metteranno in vendita prodotti a chilometro zero o norme più semplici per l’apertura dei mercati contadini.
Nel frattempo impazza la moda dell’outdoor, fuga dalla città: scappare nel verde è trend. Lo dicono al cinema (vedi il bellissimo Un’ottima annata), in libreria le riviste di moda tritano e ritritano l’argomento, anche il design segue questa ispirazione con il riciclo di oggetti, il concetto del riuso ora è diventato uno stile di vita. Vorrei solo chiedere a chiunque voglia prendere in considerazione questa “tendenza” di non andare a chiedere a Michelle Obama come si coltiva un orticello e di non leggere le riviste patinate per sapere cosa vuol dire stare all’aria aperta, vivere nel bello.
Per costoro basterebbe guardare al Salento per scoprire quello che per loro è cool; per certi aspetti siamo noi quella realtà che tanto viene acclamata. Noi rappresentiamo ogni singolo aspetto di queste nuove mode, e pur vivendo su una miniera d’oro non ci rendiamo conto di quanto la valorizzazione del nostro territorio possa rappresentare una vera mossa a nostro favore.
In molti acclamano il nostro cibo, la nostra terra, la nostra cultura, i nostri prodotti: i nostri vini, il nostro olio d’oliva, il nostro mare, le nostre campagne con il loro nomi mitici ereditati dai nostri avi, che conoscevano l’arte del riciclo, quella che noi rovinosamente abbiamo dimenticato. C’è dunque molto per essere ottimisti, senza dimenticare di mantenere lo sguardo fisso verso le emergenze più pericolose del nostro tempo, che così come le mode innocue di cui abbiamo parlato, tendono anch’esse a globalizzarci distruggendo tutto quello che di buono i nostri progenitori avevano mantenuto intatto per millenni.
1Il farmer market di corso Umberto I n°121;