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Salento un territorio eccellente a cui serve una cucina d'autore!

Creato il 22 febbraio 2012 da Upilmagazine @UpilMagazine

Fu subito evidente!
Sin da quando sbarcai la prima volta all’aeroporto di Brindisi per raggiungere il centro di Lecce, capii che in questo territorio c’era qualcosa di speciale. Avevo già fatto esperienze professionali piuttosto lunghe in luoghi affascinanti ed esclusivi della Sardegna e avevo visitato luoghi interessanti e carichi di storia in Sicilia.
Ma il Salento … aveva e ha qualcosa in più!
Ovviamente non sapevo che questo territorio sarebbe stato così importante per il futuro della mia nuova attività. Dopo aver vissuto in Francia, Giappone e Stati Uniti, nel 2004 non avevo nessuna intenzione di fare lo chef in qualche ristorantino della mia pur piacevole località, quindi mi ritrovai ad studiare un nuovo concetto di lavoro che potesse in qualche modo valorizzare le mie competenze professionali collezionate in 15 anni di pellegrinaggio.
Ecco perché l’anno dopo nacque “Solocosebuone”, la ditta di consulenze che oggi vanta aperture e incarichi in tutta Europa. Nello stesso anno eccomi qua, a Lecce, nella veste di consulente tecnico a studiare la nuova linea gastronomica di un catering locale con ambizioni di crescita.
Esportare le proprie conoscenze culinarie fuori dal proprio territorio è complicato! La difficoltà di fare lo chef in altre regioni italiane non è legato alle conoscenze culinarie! Cioè l’atto in sé di cucinare è una cosa naturale, quasi alla portata di tutti, in fondo nutrirsi è un attività spontanea e quindi pure l’assembramento degli ingredienti che creano una pietanza lo è!
La cosa difficile è capire il rapporto che lega un popolo al suo territorio fra il modo di valutare un cibo o un sapore e metterlo in relazione ai prodotti autoctoni, al retaggio gastronomico, alla propria educazione alimentare.
È uno sforzo di sensibilità, il quale va ancora tradotto in linguaggio gastronomico e procedura tecnica: questo sì che è veramente difficile per uno chef!
I modi di cucinare in Italia, a differenza di molti paesi all’estero, sono fortemente influenzati dal territorio, infatti il nostro paese è l’unico che invece di avere una cucina nazionale con qualche divagazione, ha 20 cucine regionali ben distinte e riconoscibili. Questo per quanto riguarda la cultura gastronomica tradizionale, ma la cucina d’autore o meglio la cucina diciamo creativa di oggi che sarà la cucina tradizionale di domani, dove nasce?
Non nasce certo nelle case: non è più da qui che si codificano le ricette che ripetute negli anni diventano patrimonio di un territorio!
Fateci caso, dove nascono le tendenze gastronomiche? Dove partono le mode alimentari e dove si creano gli Chef che si affermano con un modo personalissimo di cucinare?
Oggi nei ristoranti!
Ma dove sono questi ristoranti?
Nelle città, nelle grandi città, anzi nelle metropoli!!!
È evidente che in questi agglomerati urbani convergono persone, usi e culture da ogni parte del mondo e dell’Italia. Per definizione chi lascia la propria terra di solito lo fa per motivi legati alla ricerca di una condizione migliore o di una società più aperta e meno culturalmente caratterizzata rispetto al proprio paese d’origine. Di conseguenza chi nutre certe velleità o chi ricerca un futuro diverso da quello che il proprio territorio gli suggerisce è necessariamente una persona che ama scoprire cose nuove, nuovi concetti e quindi nuovi gusti!
È ovvio quindi che in questo crogiuolo di mondi il terreno di cultura di una società benestante e
l’influenza di centri di pensiero creativo, in qualche modo, fomentino anche la cucina di ricerca. Naturalmente non voglio dire che chi sta in provincia sia più limitato o meno aperto alle novità, o non possa creare delle tendenze diffuse, anzi di solito chi vive bene in provincia vive meglio del cittadino metropolitano che impazzisce ad ogni semaforo.
Tuttavia penso si possa concordare con la mia tesi la quale sostiene che nelle correnti gastronomiche, artistiche, politiche, sociologiche e musicali, sia più facile trovarne di nuove partendo da qualche area triste e cementosa di una periferia metropolitana, piuttosto che in qualche masseria o baglio immerso in un ventoso uliveto magari con uno sfondo marino turchese e magico. Salvo eccezioni naturalmente!
Lecce è una città bellissima! Devo dire che prima di entrare nel centro storico di Lecce mai mi sarei aspettato tanta bellezza e cultura! Rimasi folgorato, figuriamoci, io che sono un visivo pazzesco ove fra le mie passioni, al primo posto, la fotografia! Come non potevo rimanere impressionato dal suggestivo Barocco Salentino riprodotto con incredibile maestria con la sola pietra locale?
Pensavo: se mettono nei piatti la stessa cura con cui fanno le case … sono fottuto!
Ricordo benissimo che all’epoca, (so di non parlare di 30 anni fa, ma in gastronomia 6 anni sono un era) sul territorio nessun fornitore conosceva le tipologie del tonno ed io, che fra le varie proposte gastronomiche di questo progetto che seguivo, avevo previsto una grande varietà di ricette col tonno crudo e scottato (il tataki per esempio, oggi molto in voga, allora sul territorio era sconosciuto) dovevo impazzire per trovare la giusta qualità di pesce per tali preparazioni . (Il tonno rosso del mediterraneo non è sempre adatto per un consumo a crudo, uno su 3 è in realtà “nero”
adatto solo alle scatolette). Infatti nella cultura mediterranea, per quanto vi sia un’elevata conoscenza del pesce azzurro, le migliori interpretazioni sono state inventate senza dubbio dai giapponesi e quindi come accade per lo stoccafisso (origine norvegese, le migliori ricette sono quelle portoghesi, basche e liguri) non sempre un prodotto locale trova la sua più alta interpretazione gastronomica nel luogo della sua origine.
Passeggiando per le vie del centro, soprattutto nei periodi invernali, quando il lavoro era focalizzato sulla formazione e la sera venivo immancabilmente portato a cena, scoprivo locali fantastici mai visti prima.
Sale ristorante ricavate in ambiente scolpiti nella pietra, pavimenti di basalto risalenti a chissà quale epoca, nicchie in muri spessi 1 metro con mattoni calcarei ove vi si trovavano vini eccellenti.
Il benvenuto in questi posti era ottimo e le aspettative che si cominciavano a consolidare nel mio
immaginario erano sempre abbastanza alte.
Chissà, pensavo:” forse ci sarà un raviolo ripieno di ceci con una spuma di bufala oppure dei gamberi di Gallipoli crudi con qualche sale aromatico e qualche piccolo frutto acido per rilevarne e mitigarne il gusto dolce e minerale del crostaceo crudo”- oppure :-”io quel purè di fave lo servirei come sfondo di un filetto di dentice magari cotto solo sulla pelle”.-
Beh no! Purtroppo sapete anche voi che non è così!
Tutte le buone ricette salentine non vengono mai prese e ripensate o rimescolate per creare piatti nuovi ma con sapori antichi. Ma questo è un mio personale modo di pensare non è detto che con la sola cucina regionale non si possa offrire una cena straordinaria.
In realtà però sono state più le delusioni che le piacevoli scoperte quando si arrivava al dunque, ossia quando si assaggiavano le pietanze di questi ristoranti. Regionali o etniche, alla fine niente ti faceva veramente godere.
Eppure i prodotti del territorio sono eccellenti, basti pensare ai latticini, nessuna regione eguaglia la varietà e la profondità di gusto dei latticini pugliesi.
Ora non voglio fare una mera lista di prodotti ma non posso evitare di parlare del gambero rosso di Gallipoli o dell’ostrica di profondità del Brindisino: solo con questi prodotti 2 prodotti si potrebbero costruire interi menu degustazione.
Personalmente non prediligo il tipo di cucina che fanno i ristoranti “stellati”. O meglio, li preferisco quando sono veramente eccellenti ma questo va aldilà che siano stellati o meno,
nella realtà ho cenato in moltissimi ristoranti stellati e più di una volta ho dovuto frenare l’impulso di
chiamare i Carabinieri! Infatti sarebbe pure l’ora che tramontasse l’influenza di questa guida rossa che ormai è inaffidabile e obsoleta.
Mangiare è qualcosa di molto più cerebrale e intimo di quanto si pensi, tutto concorre alla valutazione di ciò che mangiamo: lo stato d’animo, la stato di salute, la cultura personale, l’ambiente il contesto e altre componenti che sembrano astratte.
Infatti ho ottimi ricordi di osterie e bar-a-huitre perché l’ambiente particolare era unito ad un mio
benessere particolare e a corollario di questo, un cibo di qualità creava la magia!
Oppure ho fissato indelebilmente nella memoria l’assaggio di alcuni cibi fatto in qualche “mercatino dei sapori” e mi sono emozionato per l’assaggio di alcuni prodotti avuto nei luoghi più impensabili del pianeta mentre mi sono incredibilmente rotto le scatole seduto a tavola di qualche ristorantone dove oltre la “mise en place” non c’era niente.
La chiave è superare le aspettative!
Una riflessione, dopo l’assaggio, deve dare nuove informazioni alla parte analitica del cervello che subito non sono state percepite. Più è complesso e articolato un piatto o un abbinamento, più tempo ci vuole per apprezzarlo nel suo insieme.
Naturalmente questo non è sempre vero, a volte ci sono sapori immediati e combinazioni ruffiane che arrivano subito ma personalmente, come per il vino, preferisco addentrarmi in un percorso e capire alcune evoluzioni sensoriali prima di chiudere un giudizio. Ovviamente però, per trovare l’esperienza cui sopra, è necessario per forza andare in qualche ristorante stellato, il problema semmai è riuscire a scremare il ristorante dove veramente c’è una stella in cucina da quelli che sono “sostenuti” dalla “stella” ma che nella realtà non valgono niente.
Rimane il fatto che l’unico ricordo gastronomico che ho del Salento è legato all’assaggio dell’ostrica imperiale! Una straordinario prodotto dal sapore di ostrica ma dalla texture di “tartufo di mare” qui noto come “noce di mare”
Un altro distinguo da fare consiste nel valutare una preparazione da un prodotto: ovvio che nel primo caso è lo chef che fa la differenza mentre nel secondo è il produttore!
Se utilizziamo elementi fortemente caratterizzati e caratterizzanti come il tartufo, il foie gras, il pesce freschissimo del mediterraneo, facciamo cosa buona e giusta a servirli nel modo meno artefatto e alterante possibile e mai in questo caso il cuoco sbaglierà!
A meno che non faccia parte di quella corrente di cuochi, oggi di gran moda, che cucina più per il proprio ego che per i propri clienti. Attenzione però, questo non significa che sono contro la cucina d’autore, io stesso porto ai miei clienti un certo stile personalizzato, ma a volte un po’ di equilibrio sarebbe opportuno. Mentre se utilizziamo prodotti poveri senza particolare forza o aroma e allora è benvenuta una necessaria capacità e fantasia per esaltare e in qualche modo concentrare dei sapori e/o creare delle armonie.
Tornando alla cucina regionale, dal Nord al Sud, essa è forzatamente ideata con prodotti poveri e
abbondanti del proprio territorio e ha dovuto, nel corso dei secoli, essere messa a punto e perfezionata per soddisfare i palati del luogo e dell’epoca trovando un bilanciamento difficilmente superabile oggi. Tuttavia mi rendo conto che alcune ricette regionali sono geniali e trovo difficoltà a migliorarle anche utilizzando il rigore scientifico della tecnica, mentre ci sono altre ricette che fondamentalmente sono state pensate per utilizzare degli avanzi e non hanno nessun senso!
Nonostante ciò quest’ultime piacciono comunque e questo è l’eclatante effetto psicologico dell’archetipo sensoriale precostituito.
Cos’è l’archetipo sensoriale precostituito?
Paroloni per spiegare brevemente che se da bambino t’ingozzano di melanzane alla parmigiana, da adulto o le odierai o le adorerai! Mai ne rimarrai indifferente!
Quindi le vostre preferenze alimentari di oggi sono principalmente costituite da aspetti psicologici,
evocativi ed onirici. Abbiamo già detto che oggi i luoghi deputati all’evoluzione della gastronomia del futuro sono ristoranti veri. Di queste attività ce ne sarebbe sempre bisogno, purtroppo in Italia non stiamo vivendo un momento felice. Ormai costruire un ristorante serio è come mettere insieme una squadra di calcio che ambisca ad entrare in Champion’s League.
Purtroppo c’è un ineluttabile quanto imprescindibile realtà: il ristorante è un attività commerciale e come tale deve dare profitto! Per dare profitto con la morsa delle regolamentazioni italiane e del costo del personale bisogna per forza scendere di qualità!
Abbiamo già visto in questi ultimi 15 anni il progressivo impoverimento culturale e professione del servizio di sala. Praticamente un mestiere estinto! Mentre invece stiamo vivendo un periodo fulgido per chi fa la professione del cuoco, anche se troppi riflettori ora stanno un po’ distorcendo la reale missione di chi cucina..
Questa è la parte razionale dell’argomento, è un dato di fatto molto concreto, tuttavia l’unica chance che abbiamo per non diventare fanalino di coda anche nella ristorazione, nobile attività che per 50 anni ci ha contraddistinto nel mondo, è sfruttare la passione e usare il talento! …e questa è la parte emozionale della questione, nel senso che la prima caratteristica che si dovrebbe avere per ambire ad avere un ristorante di successo è proprio quell’insana irrazionalità dettata dall’emozione e dalla bruciante passione di creare food e di avere il riconoscimento del pubblico ad ogni costo.
E in un territorio come il Salento che di passione e talento ce n’è da vendere mi chiedo: perché non ci sono luoghi dove mi piacerebbe ritornare? Per essere onesti ci sarebbero un paio di locali che mi sono piaciuti sotto il profilo della linea gastronomica.
Chiudo con un consiglio ai giovani e bravi cuochi che hanno intrapreso la nobile arte e sono ad un bivio: preparatevi, studiate e viaggiate, siate curiosi e imparate nuovi modi di cucinare e assaggiate nuovi cibi.
Siate scienziati ma anche alchimisti, siate raffinati nel presentare ma primitivi nei sapori, non fate piatti vuoti ma pieni di piccole cose, fatevi un bagaglio internazionale ma non pensate di tornare a casa ad applicare quello che avete visto per il mondo, sfruttate i “concepts” senza esserne schiavi ma, soprattutto, seguite il cuore e portate la cucina d’autore nel Salento.
Un saluto a Renzo Rossi, lungimirante appassionato di cucina e amico sincero per questo lungo percorso avuto insieme.


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