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Salone di Torino: finalmente si respira!

Creato il 19 maggio 2015 da Beltane64 @IrmaPanovaMaino

Finalmente si respira!

Salone di Torino: finalmente si respira!

Finalmente si respira aria nuova e non solo perché, aprendo le porte, il caldo torrido, presente nel corso della Fiera, è stato spazzato via da una gradevole corrente, ma anche per uno spirito positivo che ha iniziato a infestare i corridoi e gli stand fin dalle prime ore di giovedì mattina. Partiamo dalle note dolenti...

Quest'anno il Salone, checché ne dicano gli organizzatori, è stato piuttosto disertato da molti editori, per lo più fra i piccoli. Sicuramente la causa va ricercata nel dispendio di energie, costi economici e umani che un evento di questo genere richiede, ma credo che non sia questo il motivo principale. La causa credo che vada ricercata nel mancato "movimento" della precedente edizione. Se volessimo fare un paragone, si potrebbe tranquillamente affermare che dal silenzio tombale del primo giorno di Fiera dell'anno scorso, rispetto al primo giorno di quest'anno, esiste un abisso. Non solo da un punto di vista di presenze, ma soprattutto per quella sensazione di speranza, positività e consapevolezza che aleggiava fin dalle prime ore. Abbiamo avuto modo di parlare con tutti, dagli editori, agli autori, ai lettori, senza dimenticarci di giornalisti, fotografi, altri professionisti del settore e, non ultimi, gli addetti alla ristorazione, la sicurezza e l'organizzazione. Abbiamo chiesto a tutti cosa ne pensassero di questa edizione, quali fossero le loro sensazioni a riguardo e la risposta è stata unanime: "Tutta un'altra aria!"

Salone di Torino: finalmente si respira!

Ci siamo chiesti perché. Per quale motivo, improvvisamente, quest'anno si sentisse aleggiare questo nuovo refolo. Qualche risposta siamo riusciti a trovarla, soprattutto approfondendo l'argomento con editori e autori. L'interesse nato intorno al mondo editoriale ha affrontato una svolta, lasciando il limbo pionieristico vissuto nei primi tempi per accollarsi, finalmente, le proprie responsabilità. Da parte degli editori, a parte qualche nome ormai tristemente noto, è sorta la necessità di tornare a lavorare con più serietà e professionalità, rendendosi conto che la pubblicazione di un libro non è un mestiere adatto a tutti e quelli che portano avanti questo "fardello" devono farlo attenendosi a delle regole ben precise, anche se non scritte. Da parte degli autori è scaturita la consapevolezza che l'era amatoriale è terminata e che per affrontare questo mestiere ci vogliono basi, capacità e umiltà. L'insieme dei due fattori ha fatto sì che, ad esempio, ci fossero meno scrittori disperati in cerca di un editore. Gli stand non sono stati presi d'assalto, così come capitava negli anni precedenti, da autori che si sono presentati con il manoscritto dell'anno, che nessun editore aveva ancora avuto il coraggio di pubblicare. Al contrario, gli autori, che hanno colto l'occasione per trovare una Casa Editrice in grado di apprezzare il loro lavoro, sono arrivati armati sì di speranza, ma anche di una sana capacità di giudizio. Le domande che hanno posto erano adatte a comprendere se l'editore in questione poteva essere quello "giusto" e se poteva sopperire alle loro necessità. Domande mirate, studiate, frutto di ricerche già fatte e di una nuova esperienza. Non abbiamo assistito al classico caso dell'autore che, non avendo la più pallida idea di cosa voglia dire pubblicare, si presenta a un editore lasciandosi "impacchettare" da tanti bei discorsi. Al contrario, abbiamo assistito a dei dialoghi, molto onesti e molto consapevoli, sia da una parte che dall'altra. E questo fatto, unito al numero consistente di visitatori, per lo più lettori felici di potersi immergere in tanta "carta", ha creato un'energia di cui tutti hanno usufruito. Le grandi case editrici hanno sicuramente spopolato, come sempre, ma sono stati i piccoli editori a fare la differenza.

La seconda nota dolente: la connettività assente.

Salone di Torino: finalmente si respira!

Molti di voi, che sono passati dal Salone, hanno usufruito degli spazi in cui il segnale wi-fi è stato distribuito gratuitamente e questo ha fornito l'illusoria convinzione che il progresso tecnologico fosse finalmente giunto anche nei padiglioni. Se non altro quella pratica civile che vede diversi paesi del mondo distribuire segnali gratuiti in spazi comuni. Va bene, forse potremmo obiettare che il Salone della Fiera non è uno spazio comune? Ironicamente potremmo rispondere che se quello non è uno spazio comune, allora non si capisce che cosa dovrebbe esserlo. Persino gli aeroporti o gli alberghi sono considerati spazi comuni...

Ma a parte questa sottigliezza, il punto è che la connessione a internet non è un bene comune e, di conseguenza, viene considerata come un privilegio per pochi (i soliti), dunque non condivisa e, soprattutto, non gratuita. Gli espositori se vogliono aggiornare in tempo reale i propri blog, le pagine social o altri spazi web, sono costretti ad acquistare una password venduta a caro prezzo. Senza di essa qualsiasi connessione con il mondo esterno è praticamente inibita. Non solo, secondo un regolamento anti costituzionale e, commercialmente parlando, controproducente per tutti gli operatori telefonici, le chiavette, che l'espositore potrebbe portarsi da casa, sarebbero di conseguenza vietate. Dunque, o si china la testa davanti a quella che è una forma ricattatoria, oppure il progresso viene relegato in cantina, dimenticandosi che l'informazione non è solo un diritto, ma un dovere. E, giusto per entrare nel merito della faccenda, impedire la promozione (con qualsiasi mezzo previsto dalla legge e dalle logiche commerciali) di un prodotto, penalizza fortemente il commerciante. E se l'Italia è una Repubblica fondata sul lavoro... impedire alle persone di poter commercializzare al meglio le proprie produzioni diventa quasi un abominio. La Fiera dovrebbe uscire dalla propria logica medievale, entrando in quello che è il nuovo millennio, ovviamente informatico.


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