Due anni dopo, per citare una vecchia canzone di Guccini, provo a fare un po’ il punto sulla salute 2.0 in Italia.
A malincuore, devo dire, mi sento più disincantato e “prudente” sulla salute elettronica e partecipata rispetto ad un tempo, anche se continuo a vedere nella sanità “ad alta comunicazione” un’opportunità e una sfida, tanto affascinante quanto importante, poichè potrebbe far fare un salto qualitativo all’intero Paese.
Non credo di esagerare, se si considerano le numerose e profonde implicazioni a livello personale, sociale e culturale, così come gli impatti economici, politici ed organizzativi che potrebbe portare questo cambio di paradigma: da una (ri)appropriazione della gestione della propria salute e del rapporto con il proprio corpo, ad una maggiore consapevolezza nella scelta di stili di vita salutari e nella capacità di affrontare positivamente la crescente longevità, da una medicina e una relazione di cura più equilibrata, partecipata e socializzata, ad una politica ed una cittadinanza più responsabile e consapevole, fino ad arrivare alla costruzione di un sistema sanitario e un’economia più sostenibili ed equi.
Tuttavia, nel complesso ambito della salute, l’innovazione accelerata che stiamo sperimentando in questi anni è ancora sconosciuta ai più, intimorisce e spaventa molti, e a volte mette in crisi anche i più volenterosi ed entusiasti.
Da un lato infatti osservo che cresce l’interesse per questo tema non solo tra gli operatori sanitari ma anche fra i cittadini digitali, pur con accenti e approcci diversi - a volte più tecnologici, altre più sociologici - e si è cominciato anche da noi a sperimentare e discutere dell’utilizzo in ambito socio-sanitario dei social network e degli strumenti del web 2.0.
Ultimamente, ad esempio, si è tenuto a Milano l’evento “L’esperienza del cittadino-paziente tra “high tech” e “high touch” - Quale ruolo per il marketing esperienziale in sanità?“, la settimana prossima invece (29-30 marzo) a Vicenza ci sarà un convegno su “Salute 2.0: come utilizzare i nuovi media per guidare l’evoluzione della comunicazione sanitaria?” all’interno di Med.it, mentre a Roma, il 14 aprile, la terza edizione della eHealth Conference tratterà anche de “Il cittadino in rete”.
Dall’altro, sul piano tecnologico, nei sistemi sanitari avanzati l’utilizzo delle ICT si fa sempre più intenso ed esteso e si registra un crescente lancio di applicazioni e-Health, m-Health, ecc. ma - al di là del rischio di una ennesima bolla speculativa -, le questioni che frenano un reale ed esteso passaggio alla sanità elettronica non sono “solo” di ordine economico ed organizzativo, ma credo siano principalmente di ordine culturale.
Anche tra gli addetti ai lavori infatti si riscontra ancora una certa confusione non solo su aspetti particolarmente tecnici o nuovi - vedi il dibattito americano sugli incentivi del governo per un “uso significativo” del fascicolo sanitario elettronico (Meaningful use of EHR) o in Italia su quale modello di FSE adottare - ma anche sulle questioni “di fondo” delle forme, modalitè e tempi del cambio di paradigma in corso e della sua portata per tutti gli attori del sistema e per tutti i complessi aspetti dell’assistenza sanitaria ai tempi di internet…
La salute infatti, nonostante sia sempre più vista anch’essa come un ambito di “consumo”, resta un tema (e un settore) molto più delicato di quello dei gadget elettronici o dei beni di consumo appunto, per le implicazioni etiche e filosofiche che smuove e richiama. E la tecnologia non può essere nè la panacea nè una risposta univoca alla domanda di qualità della vita, sempre più pressante e diffusa.
Prima delle sue molteplici e specifiche applicazioni sanitarie ad esempio, mi sembra sempre più vitale che l’intera società trovi risposte consapevoli e condivise, multidisciplinari e interculturali a cosa vuole la tecnologia nel suo complesso, un argomento apparentemente astratto e da esperti (vedi il dibattito tra J. Lanier e K. Kelly) ma che ritengo invece rappresenti l’eterno dilemma sui mezzi e sui fini, oggigiorno troppo spesso eluso.
Lo so, siamo ancora al periodo adolescenziale di Internet (di cui Facebook, non a caso, è l’icona perfetta) e conviene voler guardare molto lontano, però - in fondo - ben prima che arrivasse la Singularity, siamo stati il paese di Leonardo e, in tempi più recenti, dell’Uomo Planetario di Balducci.
Certo, il panorama culturale attuale è spesso sconsolante, ma mi piace immaginare che si possa ancora tracciare una “via italiana” alla sanità elettronica, una sorta di nuovo umanesimo e rinascimento digitale per la Salute 2.0 che sappia unire l’utile e il bello (vedi l’importanza del design, delle interfacce e dell’usabilità nell’economia dell’informazione), la tecnologia e la relazione, la partecipazione civile e l’innovazione sociale, ma soprattutto dare un senso ed una prospettiva profondamente umana alla salute (e quindi alla vita) nel XXI secolo. Vogliamo provarci?