Cosa si intende per cibo spazzatura? Perché ci piace tanto? Perché bisogna fare attenzione alle patatine fritte? E soprattutto possiamo paragonare il junk food alle droghe?
L’espressione cibo spazzatura (junk food), comunemente riferito ai prodotti alimentari ricchi di calorie ma di scarso valore nutritivo, fu coniata nel 1972 da Michael Jacobson, direttore del Center for Science in the Public Interest di Washington (USA) che disse: «Le bibite sono la quintessenza del junk food, tutto zucchero e calorie senza nessun nutriente. Gli americani stanno affogando nelle bibite».
A proposito di bibite: il Dipartimento di nutrizione dell’Università della Carolina del Nord di Chapell Hill (Usa) ha pubblicato uno studio sull’American Journal of Preventive Medicine, dove dimostrava che i bambini abituati a bere tante bibite dolci sono anche quelli più propensi a nutrirsi di cibo spazzatura.
Tra gli studi più allarmanti sul cibo spazzatura, quello pubblicato su Frontiers in Psychology, secondo cui il junk food riduce l‘appetito per i nuovi sapori (che normalmente ci aiuta a mantenere una dieta bilanciata – Leggi la notizia) e uno della University of South Wales, che ha dimostrato che topi alimentati con una dieta ricca di grassi e zuccheri presentavano alterazioni consistenti della memoria dopo appena una settimana.
Ma cosa rende certi alimenti poco sani così appetitosi? Secondo David Kessler, ex commissario della FDA americana e autore del libro “Perché mangiamo troppo (e come fare per smetterla)”, i produttori di cibo spazzatura lavorano su una perfetta combinazione di sale, zucchero e grassi per creare l’iper-palatabilità, una nuova e amplificata sensibilità del gusto, che eccita il cervello.
Kessler non è l’unico a pensarla così: all’Istituto Scripps di Jupiter, in Florida hanno dimostrato che il junk food agisce sui recettori della dopamina (e dunque sull’organismo) come le droghe, spingendo verso la dipendenza chi ne consuma abitualmente.
Il cibo spazzatura è spesso associato ai cosiddetti grassi idrogenati (acidi grassi trans). Ma cosa sono esattamente? Gli oli vegetali contengono acidi grassi polinsaturi, che vanno incontro rapidamente all’ossidazione: per evitarlo le industrie alimentari vi aggiungono atomi di idrogeno (idrogenazione), ottenendo così grassi (o oli) vegetali idrogenati o parzialmente idrogenati, che si conservano più a lungo. Ma possono essere dannosi: molte ricerche dicono che l’abuso di acidi grassi trans alza il livello del colesterolo cattivo (LDL) e aumenta il rischio di malattie cardiovascolari. I grassi trans sono presenti in grandi quantità nella margarina, nei prodotti da forno confezionati, nelle principali pietanze dei fast food e negli snack confezionati.
Altra nota dolente, gli additivi alimentari: in Europa ne sono permessi più di 300, dai coloranti naturali e artificiali fino agli esaltatori di sapidità (come il glutammato e l’aspartame). Uno dei più preoccupanti è l’acrilammide, che si forma “naturalmente” quando alimenti ricchi di amidi vengono cotti a temperature elevate. I maggiori problemi riguarderebbero la cottura al forno e la frittura di alimenti ricchi di amidi come patate (quelle fritte soprattutto), cracker, pane e biscotti. Secondo scienziati giapponesi, inglesi, svedesi e svizzeri in grandi quantità, l’acrilammide è cancerogena e provocherebbe danni al cervello e agli organi riproduttivi. Anche gli esperti della FDA americana si dicono allarmati.
In Giappone all’inizio degli anni 2000, complice l’assonanza con l’espressione fortunata Kitto Katsu (“vinci sicuramente”) e un’intelligente campagna di marketing, è scoppiata la Kit Kat mania e la Nestle ha prodotto 200 edizioni speciali della famosa barretta di cioccolato e wafer dai gusti insoliti come soia, bitter, ostrica e wasabi.
Ricercatori dell’Università di Liverpool nel Regno Unito hanno esposto 60 bambini, tra i 9 e gli 11 anni, a pubblicità alimentari e di giocattoli, scoprendo che gli spot alimentari li spingevano a mangiare di più. La cosa era ancora più evidente nei bambini obesi, che dopo la pubblicità aumentavano il consumo di cibo (134%), rispetto ai bambini in sovrappeso (101%) e ai bambini di peso normale (84%). Le statistiche dimostrano che il consumo di cibo spazzatura diminuisce nei Paesi che regolano la la pubblicità di junk food come Australia (proibita qualsiasi pubblicità di alimenti per i minori di 14 anni), Olanda (niente pubblicità di dolci per i minori di 12), Svezia (non è permesso usare personaggi dei cartoni animati per la pubblicità) e Norvegia (proibita qualsiasi forma di pubblicità rivolta ai bambini).
La buona notizia? Il 21 gennaio 2015 si è svolto il convegno di OKkio alla Salute (un sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità nei bambini delle scuole primarie italiane): rispetto alle precedenti rilevazioni si è osservata una progressiva diminuzione della percentuale di bambini di 8-9 anni in eccesso ponderale: il 20,9% è in sovrappeso (23,2% nel 2008) e il 9,8% obeso (12% nel 2008). I ricercatori hanno evidenziato miglioramenti anche per quanto riguarda alcuni comportamenti sedentari e abitudini alimentari. L’Italia insomma resiste al junk food.