Dopo le note vicende sulla gestione padronalistica dell’Idv, sin qui passate in sordina e rese di dominio pubblico dalla trasmissione Report, rilanciata da tutti gli altri media, i volenterosi carnefici delle nefandezze altrui, Travaglio e Grillo, in perfetto sincrono, si sono lanciati in una difesa d’ufficio a favore dell’ex magistrato-poliziotto-tribuno Antonio Di Pietro.
L’imperativo è, all’unisono, uno soltanto: salvate il soldato Di Pietro!
Solo poco tempo fa Beppe Grillo e il suo autore politico Casaleggio escludevano qualsiasi possibile asse con il padrone dell’Idv. Oggi un ulteriore piccolo bottino elettorale, in vista delle elezioni politiche, val bene una messa celebrata sul blob-blog.
Mentre si è sempre avuto molto da ridire sull’inopportunità dell’allegra gestione del denaro pubblico da parte della cosiddetta Casta, quel che Di Pietro ha realizzato attraverso un triumvirato chiamato a concentrare su sè le disponibilità finanziarie del suo partito, viene annoverato tra i comprensibili e perdonabili errori umani.
Altrettanto dicasi per quanto concerne l’inguardabilità di certi figuri scelti direttamente dal capo di ciò che si è trasfigurata come Italia dei (porta)valori.
Esistono, perciò, due pesi e due misure, secondo cui per alcuni è opportuno adottare comportamenti, certo non penalmente rilevanti, ma moralmente discutibili, mentre per altri tutto è concesso e perdonato. Valgono persino le giustificazioni del giorno dopo (la clamorosa figura di merda), che non ha avuto prontezza di contrapporre da subito e davanti all’incalzare delle domande della giornalista.
Si tratta d’una difesa più che comprensibile proveniente da due fronti, quello giornalistico e quello politico, che condividono medesima visione padronalistica: il ‘Fatto quotidiano’ è oramai falange d’informazione militante, capeggiata da Travaglio, che ha dimostrato di non poter accogliere discrepanze al suo interno; il Movimento 5 Stelle è ostaggio del suo capo politico che ha sin qui dimostrato di voler dar vita a gruppi di automi, organizzati in rappresentanza istituzionale, soggiacenti ai suoi insindacabili voleri e giudizi.
Entrambe le strutture hanno identica matrice padronalistica e, per loro natura, non ammettono e non contemplano opposizione, nè spazio per i non allineati.
Questa concezione personalistica, che sovrappone e rende identica la figura del capo all’intero partito, è così sentita e vissuta da Di Pietro, tanto da averlo spinto a sancire la morte della sua stessa creatura.
Dopo il recente parricidio che ha garantito sopravvivenza, probabilmente temporanea, alla Lega, ci troviamo davanti ad un episodio di segno diverso: il padre/padrone si propone di uccidere tutti i suoi figli.
Tutto quel che ne conseguirà sarà il coronamento della linea politico-editoriale di Travaglio & Co. che, da tempo, speravano in un sodalizio Di Pietro-Grillo.
Tant’è vero che quest’oggi leggerete tutto il giubilo e il plauso a piena pagina.
La parte sana dell’Idv che sopravviverà all’ “après moi le déluge” del boss potrà adesso muoversi in libertà e non più sotto dominio.
Il soldato Di Pietro potrà accogliere l’abbraccio di Grillo, con la benedizione di Travaglio, e andare a combattere contro nuovi nemici comuni, sempre utili a garantire e legittimare la propria immarcescibile sopravvivenza politica.
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