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Il quaderno è lì.
Mi guarda.
La penna stilografica è poggiata sopra di esso, un po' di sbieco rispetto al quaderno.
Anch'essa mi guarda.
Accanto alla penna e al quaderno vi è il computer acceso.
Quel paio di icone che uso tenere sul desktop sembrano aprirsi in paio di occhi che mi fissano.
-Scrivi!- dice il quaderno.
-Scrivi!- dice la penna.
-Scrivi!- dice la tastiera del computer, attendendo di sentire il battere incessante delle mie dita.
Fievoli parole nel silenzio che mi circonda.
-La nuova storia ti attende!-, il Duende è seduto sulla cassa destra dello stereo, con le gambe a penzoloni.
Mi guarda.
Il suo buffo cappello a punta e il viso costellato di verruche e rughe attraggono il mio sguardo.
Sorrido.
Avvicino il volto a quel buffo folletto.
Voglio dargli corda come ho fatto in passato. Sì, sono deciso!
-Se proprio vuoi che mi metta a scrivere... entra in me!-, le mie parole sono urlate, neanche me ne rendo conto. Come se niente fosse riescono a rompere quel silenzio che ormai è una cappa pesante e soffocante che tenta di stritolare la mia schiena felicemente appoggiata allo schienale della negra poltrona in pelle.
Piccole gocce di sudore cominciano a rigarmi prima le tempie e poi le guance. La fronte è un continuo comparire di minuscole gocce di liquido salato.
-Apri la bocca!-
Che voce stridula.
Lui sorride.
Io no, ma lo accontento senza fiatare.
Con un balzo il Duende si scaraventa verso la mia bocca.
Sento l'urto del suo fottuto cappello sul mio palato.
Prima il copricapo, poi la testa, poi il petto, le braccia e tutto il corpo fino ai piedi scompaiono tra i denti senza neanche sfiorarli.
I conati di vomito si impadroniscono di me. Fa male buttare giù un così amaro ed enorme boccone. Una sorta di insalata di folletto rancido. Il sapore della sua pelle rugosa e grondante maleodorante sudore mi rimane sul palato e sulla lingua, facendomi contrarre la pelle in espressioni di profondo disgusto. Che schifo.
Finalmente riesco a deglutire.
È dentro di me.
Chiudo gli occhi...
Stelle.
Il buio le circonda.
Fluttuo nel vuoto.
In lontananza appaiono mille bagliori. Sono stelle comete, e puntano dritte verso di me.
Una ad una le comete mi colpiscono. Braccia, mani, piedi e petto vengono tutti trafitti da questi scintillanti e bianchi proiettili. Il sangue, che prima mi veniva pompato dal cuore attraverso le vene, esce a fiotti. Tempo un minuto e mi trovo letteralmente coperto di color rosso sangue.
Non sento affatto dolore.
Dopo qualche secondo le budella fuoriescono dagli squarti che costellano la mia pancia e, non sentendosi più costrette a rimanere prigioniere, si riversano nel vuoto attorno a me per poi rimanere a galleggiare a mezz'aria. Gli intestini mi circondano il collo e mi legano le mani dietro la schiena.
E finalmente eccola... l'ultima cometa.
Il colpo finale.
Quell'ultimo proiettile sparato alla velocità della luce mi centra in mezzo agli occhi, trapassandomi la testa e facendomi esplodere i timpani e le tempie. Gli occhi mi si gonfiano e diventano rossi come quel sangue di cui sono coperto. La nuca esplode in mille pezzi portandosi con sé della materia grigia, fonte dell'ingegno dell'animale uomo.
Anche i miei occhi esplodono.
Di quegli occhi azzurri che hanno sempre fatto impazzire la mia fidanzata non rimane più niente. Sono ormai un teschio dalle orbite vuote e con la nuca sfondata grondante cervello insanguinato.
Lo spazio intorno a me è ormai puntellato di pezzi di stomaco, di fegato, di gocce di sangue e di pezzettini di cervello.
A quel punto il Duende esce dal mio corpo, si avvicina a quegli antri neri che sono le mie orbite e comincia a fissarmi, serio.
-Vedi quanto sangue? Adesso puoi usarlo come inchiostro!-
Luce bianca!
Riapro gli occhi.
Che razza di incubo.
Mi accendo una sigaretta.
Poso l'accendino, ma solo per prendere in mano la bottiglia di vino e versarmi un bicchiere.
Ma quella voce... continuo a sentirla.
-Scrivi... scrivi... scrivi...-
Ora le dita scorrono veloci...
E.
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