Da mille anni un papa non proclamava beato il papa che l’aveva preceduto.
In più con un processo ecclesiastico velocissimo, neppure cinque anni; per la chiesa santo è una persona a cui si riconoscono virtù eccezionali, modello da seguire.
Un’altra beatificazione velocissima, proprio ad opera di Wojtyla, era stata quella di Madre Teresa di Calcutta; prima della suora albanese il più rapido e fortemente contestato era stato era stata Josè Escriva de Balaguer, fondatore dell’Opus Dei.
“Raccomandato da consorterie potenti” dissero i teologi dissenzienti (che non furono poi pochissimi), molto più raccomandato di Pio XII (papa dell’assordante silenzio sulla shoah) che morto nel 1958 si vide avviare la pratica di beatificazione nel 2001 proprio da Ratzinger, ma solo nel 2009 viene firmato il decreto che ne sancisce le “virtù eroiche”.
Resta tra noi comuni mortali il vescovo Romero, ammazzato sull’altare in Salvador nel 1980: difendere i contadini affamati non lo ha reso popolare in Vaticano.
Lo hanno colpito sull’altare come Tomas Becket, arcivescovo di Canterbury 750 anni prima.
Il poema che gli dedica Eliot (Assassinio nella cattedrale) viene scritto in opposizione ai regimi nazisti e fascisti che imperversavano nel 1935.
Adesso è l’America di Romero.
Nel 1977 arrivano a Roma le carte e le conclusioni faticosamente raccolte dalla chiesa salvadoregna che aveva aperto il processo di beatificazione in mezzo ad enormi difficoltà, e le difficoltà continuano anche in Vaticano perchè Romero beato è la sconfessione di una politica dedicata ad emarginarlo.
Era stato facile negli anni in cui Wojtyla pensava alla chiesa del silenzio nella sua Polonia.
Un religioso a Varsavia diventa l’eroe che conquista gli altari, ma i preti, le suore massacrati in Salvador dalla dottrina di Reagan non servono a combattere il comunismo e liberarsi da Mosca.
Finalmente agli albori del 2000 sarà proprio Wojtyla a nominarlo martire della fede tra le dimenticanza delle gerarchie ecclesiastiche mentre l’allora cardinal Ratzinger intima ad un vescovo del Brasile di far togliere immediatamente lo striscione che i fedeli avevano appeso all’ingresso un ritratto di Romero con scritto “santo delle Americhe”.
Il vescovo sconsolato torna tra le sue miserie dicendo: “Povero Romero, Roma continua a detestarlo. Chissà perchè?”
Già, chissà perchè.