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santuari urbani in magna grecia: i casi di metaponto e poseidonia./1.

Da Leucosia

Metaponto  e Poseidonia, due colonie magnogreche caratterizzate dalla presenza di santuari nel tessuto urbano. similitudini e analogie, non solo architettoniche ma anche legate ai culti praticati all’interno del perimetro urbano.

la tesina è divisa in tre parti, e questa è la prima.

1.Il santuario urbano di Metaponto

-   Introduzione.

-   Storia degli scavi.

-   L’impianto urbano.

-   Il santuario urbano: inquadramento topografico e cronologico.

-   Le fasi di vita del santuario.

-   Il tempio C . Il tempio A. Il tempio B. Gli argoi lithoi. Il tempio D.

-   I reperti.

-   I culti.

Introduzione.

La colonia di Metaponto venne fondata alle foci dei fiumi Bradano e Basento, lungo la costa ionica dell’attuale Basilicata, tra la fine del VIII e gli inizi del VII sec.a.C., da genti achee, probabilmente per difendere gli interessi dell’altra colonia achea della costa ionica, Sibari, preoccupata dell’espansione territoriale della colonia spartana di Taranto[1] . I dati archeologici fanno risalire la fondazione della colonia alla metà del VII secolo a.C. La città sorgeva in un territorio favorevole dal punto di vista dello sfruttamento agricolo, la piana costiera detta appunto di Metaponto, e divenne così famosa per la produzione cerealicola che  assunse come simbolo nelle monete la spiga.

Il sito di Metaponto si è rivelato da subito un interessante caso di studio; esso infatti è stato oggetto di frequenti indagini archeologiche, realizzate sia programmaticamente che in risposta a situazioni di emergenza.

Gli scavi, condotti a partire dai primi decenni del secolo scorso, si sono concentrati non solo nell’area dell’abitato ma anche nella zona occupata in antico dalla necropoli[2].

La storia più recente di Metaponto è tuttavia costellata dal riferimento a continue operazioni di smantellamento degli antichi monumenti, utilizzati come vere e proprie cave di pietra. Estesi interventi sono stati effettuati sul territorio per eliminare acquitrini e zone malsane e per creare le infrastrutture necessarie all’avvio di un’agricoltura di tipo estensivo. Queste intense operazioni di bonifica e riorganizzazione del territorio hanno portato al rinvenimento e talvolta alla distruzione e alla dispersione di una cospicua parte della documentazione archeologica.

Storia degli scavi.

Le indagini nell’area dell’abitato antico cominciarono a partire dalla fine del ‘700 ad opera dell’abate di Saint-Non, che individuò il tracciato delle strade e il circuito delle mura. La ricerca proseguì nel secolo successivo con gli scavi condotti dal Duca De Luynes e dall’architetto Debacq nell’area del tempio di Apollo. Alla fine dell’800 le indagini condotte con rigore scientifico da Michele Lacava, portarono all’individuazione del perimetro della città e all’acquisizione di informazioni sulla topografia di tutta l’area. Nuovi interventi si susseguirono negli anni ’30 e ’40, contemporaneamente alle opere di bonifica della palude.
La riforma agraria degli anni ’50 e ’60 si rivelò rovinosa per il patrimonio archeologico di Metaponto, danneggiato in maniera irreversibile dai lavori necessari allo sviluppo dell’agricoltura.
Con l’istituzione nel 1964 della Soprintendenza Archeologica della Basilicata e con la nomina a Soprintendente di Dinu Adamesteanu, le ricerche a Metaponto ricevettero nuovo impulso, grazie anche a metodologie moderne quali l’aerofotogrammetria, le indagini geofisiche e gli scavi stratigrafici. I saggi di scavo, condotti da A.De Siena, hanno contribuito ad ampliare le conoscenze sull’impianto urbano e sulle architetture pubbliche e private.
A risultati interessanti ha condotto anche l’indagine sul territorio, intrapresa da Castagnoli, Schmiedt e Chevallier, sulla base della fotografia aerea, ed in seguito proseguita dalla Università del Texas, sotto la direzione di J.C.Carter.
Si è giunti, infine, alla istituzione di un parco archeologico che copre l’area del santuario di Apollo e dell’Agorà.

L’impianto urbano.

Circondato da una cinta muraria eretta in diverse fasi (VI-IV secolo a. C.), l’impianto urbano, risalente al VI a.C. , è organizzato con quattro complessi ben definiti: santuario, agorà con i suoi monumenti, ergasteria e i quartieri di abitazioni civili.

Una particolare attenzione è riservata alle aree d’ interesse collettivo: all’agorà ed al santuario è infatti riservata una vasta superficie da est ad ovest per 1 km circa, e da nord  sud per 300 m circa.

Si tratta di un gigantesco spazio pubblico, risparmiato sin dalla fondazione e che viene bipartito, con da un lato i templi, gli altari ed il santuario urbano, dall’altro l’agorà e l’ekklesiasterion [3].

Lo spazio urbano è dunque disegnato secondo principi di regolarità basati sullo sviluppo progressivo di arterie minori est-ovest (stenopoi), tra loro parallele, che incrociano due assi maggiori (plateiai) ortogonali. In questo modo si realizza una sequenza di isolati (strigae) stretti e lunghi (35 x 263 m.) che partono dall’agorà e proseguono nelle due opposte direzioni .

La lunghezza degli isolati corrisponde perfettamente alla dimensione dell’agorà. La plateia occidentale nord-sud sembra avere una  maggiore larghezza (m. 22 ca.) rispetto all’altra, come se rappresentasse quasi il principio generatore di tutto l’impianto urbano, e confluisce nell’area pubblica separando fisicamente i due complessi del santuario e dell’agorà.

L’impianto urbano è inoltre caratterizzato da una fitta rete di canalizzazioni, che dovevano controllare la falda freatica molto superficiale presente nell’area in questione[4].

Il santuario urbano: inquadramento topografico e cronologico.

L’area santuariale, circondata da un peribolo, ospita quattro templi che segnano le tappe della progressiva monumentalizzazione dello spazio sacro, tra VI e V sec.a.C. [5]

L’area sacra è marginata su due lati (ovest e sud) da ampie strade ortogonali, mentre sul lato est solo una simbolica teoria di piastrini la separa fisicamente dell’agorà[6].
Le fasi di vita del santuario.

Le prime strutture sacre hanno la forma semplice degli altari di cenere e dei sacelli di modeste dimensioni (oikoi), costruiti con zoccolo di pietra locale ed elevato in mattoni crudi [7].Uno spesso strato di legno bruciato ritrovato nella parte orientale dell’area poi occupata dai templi maggiori del santuario urbano e il materiale prevalentemente votivo fanno pensare all’esistenza di un primo edificio sacro. Si ipotizza la presenza di una struttura lignea di dimensioni consistenti, che occupa l’area dei templi A e B [8]. Nel luogo in cui sorgerà il tempio di Apollo c’è un altare in cenere poggiato direttamente sulla terra e un gran numero di cippi.

Agli  inizi del VI comincia la lunga fase edilizia, con i templi A1, A2 B1 e B2, e si chiude con la costruzione di un temenos agli inizi del V.

Il tempio C.

L’edificio più antico del santuario è il tempio C,  situato vicino all’asse stradario A (il limite meridionale dell’area del santuario e nello stesso momento la principale arteria viaria est-ovest della città).  Si tratta di un sacello rettangolare, di cui sono state individuate due fasi architettoniche: nella prima fase (C1), datata al primo quarto del VI a.C. , il sacello  presenta un orientamento diverso rispetto all’impianto stradale.   L’oikos, di circa 6,40×7,15 metri, aveva il suo accesso ad est e si alzava su una solida fondazione di grossi blocchi di conglomerato e calcare di fiume[9].  Nella seconda fase (C2), datata al V a.C. ,  il tempio viene completamente ristrutturato e racchiuso da un altro edificio[10], che mantiene l’orientamento originario; anche il tetto è restaurato, mediante l’uso di marmo insulare greco, arricchito da sime gocciolatoio a forma di protome leonina.

Il tempio A.

Il maggiore dei templi – cosiddetto tempio A[11], periptero – inizialmente fu concepito con un orientamento parallelo al tempio C.  Di quest’edificio sacro sono state individuate due fasi edilizie.

La pianta della prima fase (A1), non è chiara poiché sono conservate solo alcune fondazioni [12], dove non furono riutilizzate per la costruzione del secondo tempio nella stessa area.

Le sue dimensioni –  22×44 m. – testimoniano  l’intento di monumentalizzazione dell’area sacra.
La seconda fase del tempio (A2) , presenta un orientamento uniformato a quello dell’impianto cittadino. Per la sua edificazione furono riutilizzati i blocchi dell’alzato del tempio precedente, mantenendo la stessa larghezza ed estendendone la lunghezza. La peristasi , formata da 17 colonne sui lati lunghi e 8 sui lati brevi, si arricchì di una seconda fila di colonne sulla fronte. La cella (naòs) era del tipo detto”a megaron”, caratterizzato da una forma semplice, con pronao privo di colonne tra le ante e senza adyton. Il colonnato centrale è sostituito da una doppia file di colonne, addossate alle pareti della cella[13]. Le colonne doriche sono di raffinata fattura, simili a quelle che ritroveremo nelle Tavole Palatine. L’architrave è ornato da un motivo decorativo a foglie (kymation), al di sopra correva il tradizionale fregio dorico a metope e triglifi, particolarmente ricchi.
La decorazione fittile del tempio subì diversi rifacimenti, riconoscibili attraverso i colori, l’argilla e le diverse tecniche utilizzate per fissare le lastre al monumento[14].

Il Tempio B.

Il tempio B presenta anch’esso due fasi, la prima datata al 570 a.C., la seconda al 530 a.C.[15].

Nella fase B1 il tempio, di 18,24×36,70 m, è edificato su fossati riempiti di ghiaia. Presenta una cella con pronao, naos e adyton, inserita nella peristasi; il naos è diviso da una fila centrale di colonne[16]. Si propone una ricostruzione dei lati lunghi con 17 colonne. Nella fase B2 la planimetria resta invariata (7×15 colonne), anche se la peristasi viene allargata e creata una nuova facciata più avanzata, con un profondo pronao prostilo.  L’alzato è caratterizzato da un elemento particolare: la peristasi è formata da un muro continuo con semicolonne (l’esempio più vicino è quello del tempio F a Selinunte).

Davanti ad ogni tempio sorgeva un altare (eschara): se di quello pertinente al tempio B resta solo il fossato di spoliazione, davanti al tempio A vi sono importanti resti[17].

Gli “argoi lithoi”.

Una caotica concentrazione di elementi in pietra, profondamente inseriti nel terreno vergine, è stata rinvenuta in prossimità dell’altare del tempio B.

Sono stati individuati anche una serie di cippi iscritti, risalenti al primo quarto del VI a.C. ;questi reperti si riferiscono ad un particolare rituale  riservato ad Apollo (gli argoi lithoi): pietre grezze infisse nella terra attorno all’altare. Quest’usanza è presente anche in una città dell’Acaia, Fare (Pausania VII,22,4)[18].

Il Tempio D.

Di questo edificio sacro, in stile ionico (8×10 colonne) sono conservati pochi resti in situ: l’angolo sud ovest, parte delle fondazioni occidentali della cella  ed il blocco di fondazione più basso dell’angolo nord ovest.Gli scavatori comunque ipotizzarono la seguente pianta sulla base di una ricostruzione delle dimensioni delle fondazioni: il tempio era periptero, estremamente lungo e stretto, con un numero inusuale delle colonne: 8x 20. il tempio era pseudoperiptero, con un ampio ptera. La cella era molto semplice, con naos e pronao allungato, senza colonne nel pronao, né antae e nemmeno opistodomo o adyton. Il pronao non era aperto per la sua intera ampiezza, pare che si entrasse tramite una porta, che dava alla cella l’aspetto di un megaton. Non c’erano colonne all’interno della cella. La cella era allineata con la terza colonna lungo i lati della peristasi. Diversamente dagli altri templi maggiori del santuario, il tempio ionico ha avuto solo un’unica fase di costruzione[19] , con fondazioni,peristilio e cella costruiti in successione. L’edificio fu costruito verso la fine del primo quarto del V a.C. frammenti di acroteri in terracotta sono più tardi, e testimoniano un restauro del tempio. La ceramica indica invece che il tempio fu distrutto nel III  a C. subito dopo, le strutture architettoniche furono rimosse e riutilizzate , le fondazioni riempite di frammenti, inclusi alcuni elementi della decorazione architettonica.

Questo tempio, dal punto di vista stilistico, presenta alcune caratteristiche peculiari la combinazione di un’architrave, fregio modanato, dentelli, geison e sima non è conforme ai canoni dello stile ionico, prevalente in Asia Minore. La pianta allungata, l’effetto pseudoperiptero creato dalla cella stretta, sembra essere un presagio dello sviluppo dell’architettura in stile ionico durante il periodo ellenistico, per esempio il tempio di Apollo a Didime. 

Si è in presenza di architetti inseriti nella tradizione metapontina. La maggior parte delle decorazioni presenti sui collarini delle colonne, sui capitelli o sulla trabeazione sono schematiche e dure, però l’edificio, nonostante i mezzi eterogenei impiegati, nel suo insieme è elegante ed originale.

 

 

 

Durante il III ed il II secolo a.C. l’area sacra perde progressivamente monumentalità e funzione[20].

Modesti interventi ottenuti recuperando i materiali lapidei di altri edifici consentono la realizzazione di un sacello[21] (E), forse dedicato al culto di Dionisio, di porticati leggeri lungo l’asse stradale principale e di piccoli ambienti di servizio con pozzi per l’approvvigionamento idrico[22]. Tutto questo denuncia un evidente impoverimento della città ed il crollo già avvenuto dei grandi templi[23].

La spoliazione del santuario è testimoniata dal ritrovamento di un denario cesariano nel riempimento conseguente l’asportazione di un blocco di fondazione presso l’altare del tempio A.

I reperti.

I reperti più antichi provenienti dal santuario urbano risalgono alla fine del VII a.C.

Si tratta di statuette di tipo dedalico, antefisse e una lastra fittile raffigurante una hierogamia.

Intorno al tempio A sono state messe in luce ricche stipi votive, situate agli angoli SO e NE, dalle quali proviene un cospicuo repertorio di bronzi e ceramiche, in gran parte di produzione locale.
 di trovano le stipe votive. I bronzi si datano tra la fine del V e il IV a.C., tra i quali spicca, oltre a diverse anse di vasi, una figurina raffigurante un kriophoros di produzione locale. Ha colpito gli scavatori anche la disposizione stratigrafica dei vasi fittili, che va dallo strato superficiale composto da balsamari fusiformi della seconda metà del IV fino ai vasi arcaici di tipo corinzio, ma di produzione coloniale, rinvenuti in profondità[24].

Del tempio  A sono stati recuperati numerosi elementi architettonici; la sua decorazione fittile ha subito diversi rifacimenti nel corso dei secoli, riconoscibili attraverso i colori , l’argilla e le modalità di fissaggio delle lastra alla struttura lignea del monumento.

Al primo quarto del VI a.C. si data invece il fregio fittile rinvenuto tra il tempio C ed il tempio A: di produzione achea[25], rappresenta su di un carro tirato da mule e preceduto da un giovane nudo siedono due donne , una delle quali velata mentre l’altra regge le redini e agita la sferza; il carro è seguito da un corteo di donne con fiori e corone. Si tratta di un corteo nuziale o di una processione sacra in onore di Destra e Kore[26]?

A partire dalla metà del VI a.C. la crescente prosperità di Metaponto si riflette oltre che nello sviluppo dell’organizzazione urbana anche nell’incremento della produzione artistica.

Nell’area del santuario urbano è stata ritrovata nel 1974 una testa marmorea femminile, databile al 540/530 a.C.  raffinata pettinatura, grandi occhi globulari, marcato sorriso trattamento morbido delle superfici [27].

Dalla seconda metà del VI a.C. alla tipologia subdedalica di ispirazione cretese/corinzia si sostituisce un influsso greco-orientale, legato sia al nuovo afflusso di genti ioniche, ma anche all’importazione dalla Ionia di una serie di statuette, maschere e balsamari fittili configurati che determinano un nuovo gusto e influenzano la produzione locale.

Anche nel santuario urbano di Metaponto, area del tempio D, sono state ritrovate statue in terracotta tipologicamente e stilisticamente legate al gusto ionico: significativa la kore stante col braccio destro proteso. Sempre dall’area del tempio ionico proviene il torso in terracotta di una figura maschile nuda ed inginocchiata (forse un arciere), datata alla fine del VI a.C. e le sime laterali decorate a meandro e le sime gocciolatoio a forma di protome leonina[28] .

Un’altra tipologia molto diffusa tra fine VI inizi V da Taranto Siris, Crotone e Metaponto è quella dell’antefissa/gorgoneion tardo arcaica.

Nel corso del V secolo a.C. , per quanto riguarda  la scultura in pietra locale, l’unica documentazione proviene dall’area del tempio A di Metaponto. Si tratta di frammenti di sculture architettoniche: il torso di guerriero /amazzone con corazza sul chitonisco , raffigurato nell’atto di cadere o di tendere l’arco. Sempre dal santuario di Apollo proviene la testa in marmo, di giovane imberbe, alcuni frammenti di acroteri equestri e grondaie leonine. 

La scoperta più importante relativa al tempio B è avvenuta sul lato settentrionale, lungo la fondazione sconvolta. Questi documenti, ritrovati a centinaia[29] sono di massima importanza per la conoscenza dei due tipi di decorazione fittile del V a.C. :  si tratta di grondaie leonine, sime e cassette pervenute in perfetto stato di conservazione, con ancora intatta la policromia.

I culti.

In base agli ex – voto e alle iscrizioni ritrovate di recente, contrariamente all’opinione fino ad oggi accreditata, è possibile attribuire il tempio B al culto di Apollo, mentre il tempio A era dedicato al culto di Hera[30].  Le pietre di Metaponto rimandano solo al culto di Apollo Lykaois/Nikaios[31] . Restano dubbi sulla loro funzione: servivano a formare lo spazio per i riti collettivi o sono un’offerta individuale (su alcuni cippi compare il nome del dedicante)?

È significativo che l’ intero pantheon risulti già definito nel momento dell’impianto della colonia e comprenda Atena, Hera, Apollo Lykaios ed Artemis. Hera assume il ruolo di divinità centrale, poliade, comune a tutti gli Achei, come a Sibari, Crotone e Poseidonia.

Gli altri culti, invece, tradiscono le origini dei coloni che in Occidente hanno trasferito le loro specifiche tradizioni religiose. Non è infatti casuale che essi trovino sicura espressione, e quasi una duplicazione, anche nel territorio.

 Il santuario urbano ha il compito di operare la sintesi religiosa e politica per l’ intero corpo cittadino, mentre nella campagna, divisa e controllata dalle varie comunità (k o m a i), trovano localizzazione ed enfasi i singoli culti.

La fase dello sviluppo monumentale e delle grandi trasformazioni urbanistiche si afferma nei decenni centrali del VI secolo a.C.

I due maggiori templi dorici della città, quello di Hera (A) e di Apollo Lykaios (B), cambiano il loro orientamento ‘religioso’ est-ovest, subiscono una significativa rotazione verso sud dell’asse longitudinale, e s’inseriscono perfettamente in una griglia geometrica che interessa l’intera città.

Si tratta evidentemente di un grande progetto di opere pubbliche e di infrastrutture urbane che deve aver richiesto una enorme quantità di risorse finanziarie ed una forte volontà politica.

L’ambizione per un intervento così ampio e costoso può forse essere ricercata nella figura di un tiranno[32]. Un importante indizio è dato dall’iscrizione arcaica riportata su un blocco di architrave della fronte orientale del tempio di Hera. Il testo non è completo, ma si legge molto chiaramente: autoi kai ghenei (per sé e la sua famiglia).

La dedica non può riguardare l’edificio sacro riservato alla divinità, ma l’arrogante atteggiamento individualistico del suo autore che si attribuisce il merito della costruzione, o dell’ iniziativa, e che associa in questo anche il suo gruppo familiare può ben corrispondere a quello di un personaggio autoritario.


[1] Numerose sono le tradizioni circa la sua fondazione, riportate dagli autori antichi.

Secondo il geografo Strabone (VI.1.15) una prima Metaponto venne fondata da Nestore di ritorno dalla guerra di Troia.  un’altra tradizione vuole invece che gli abitanti vantassero origini micenee, poiché il suo nome richiamava quello di Metapa, un distretto del regno miceneo di Pilo in Messenia.

[2] Fino alla costituzione della Soprintendenza Archeologica della Basilicata nel 1964, si è trattato, in realtà, per lo più di interventi di emergenza e di rinvenimenti sporadici. Si possono tuttavia annoverare le ricerche del duca di Luynes condotte già nel 1826 nell’area del tempio di Apollo e le campagne di scavo del Lacava tra il 1877 e il 1883 che, seppur intraprese con il dichiarato scopo di accrescere la disponibilità di  materiale archeologico in vista dell’inaugurazione dell’Antiquarium metapontino, permisero di mettere in luce parte delle mura di cinta e dell’impianto urbano e consentirono inoltre di individuare, per la prima volta, l’ubicazione di alcune delle tombe cittadine. L’indagine sistematica dell’area di necropoli iniziò solo nel 1939-40 ad opera del Sestieri e si focalizzò principalmente nella zona in prossimità dell’ovile della masseria di C.da Ricotta. La maggior parte dei rinvenimenti è tuttavia legata all’attività di estrazione delle ghiaie: nel 1942 e successivamente negli anni compresi fra il 1952 ed il 1956 gli intensi lavori compiuti nella zona dalla Ditta Di Summo rivelarono l’esistenza di numerose sepolture nelle C.de Ricotta e Crucinia. Solo a partire dal 1964 si è avviato un vero e proprio programma di scavi nella città di Metaponto, nelle sue necropoli e nella chora, che prevedeva in primo luogo la sorveglianza quanto mai assidua di tutto il territorio, la collaborazione con Istituti nazionali e stranieri e nuove riprese aeree che permisero di realizzare una più dettagliata e rinnovata cartografia del luogo.

[3] Ai loro margini, specialmente nei settori meridionale ed orientale, si localizzano i quartieri abitativi ed artigianali, dimensionati in modo tale da poter soddisfare le esigenze di successivi sviluppi demografici e richieste di nuovi possibili arrivi di coloni.

[4] La documentazione attuale riguarda l’età ellenistica, ma in relazione al progressivo innalzamento della falda, iniziato nella prima metà del VI sec.a.C., pare credibile estendere lo stesso sistema anche ai periodi precedenti fino all’età arcaica .

Le condutture corrono lungo un margine delle plateiai, sempre all’opposto delle cloache del sistema di drenaggio pubblico; sono ricondotte ad un periodo che va dalla metà del VI sec.a.C., epoca della definizione dell’impianto ortogonale, alla fine del V sec. a.C. , momento della prima sistemazione architettonica del sistema fognario. E’ così provata, fin dall’età arcaica, l’esistenza di un sistema di approvvigionamento pubblico parallelo a quello privato dei pozzi. Il drenaggio delle abitazioni private era garantito dalle canalette di scarico. Meta delle canalizzazioni di scarico domestiche erano le cloache del sistema di drenaggio pubblico. Esse correvano lungo il margine di ogni asse viario, principale o secondario, e sempre lungo quello est delle plateiai nord-sud, in modo da garantire un servizio capillare; si collegavano fra loro seguendo un ordine gerarchico analogo a quello degli assi viari e le fognature principali conducevano l’acqua al di fuori delle mura, attraverso varchi lungo le cortine e nelle strutture fortificate delle porte.

Nella zona del santuario di Apollo Licio il perno del sistema di cloache è un grande canale che, corrente lungo il temenos ovest, raccoglie le acque delle due principali cloache della plateia A-A1. Il canale risale nel suo primo impianto alla metà del VI sec.a.C., di questa fase rimangono i primi due filari in calcare marino della spalla ovest, ma l’assetto attuale è quello ellenistico di fine IV-inizio del III sec.a.C., quando fu ricostruito il temenos ovest, tenendo come fondazione la spalla est del canale, oggi spogliata. Le acque venivano poi scaricate all’esterno delle mura tramite un varco bipartito, aperto sul fondo del canale.

[5] Nel quadro complessivo dello sviluppo urbanistico e monumentale della città si inserisce anche la riorganizzazione dello spazio destinato agli edifici sacri della città ed alla loro collocazione all’interno dello schema urbano.

[6] Il lato sud del santuario era delimitato dal temenos e dalla plateia con andamento est-ovest, mentre il lato nord era delimitato dalla fortificazione.

[7] Fin dal momento iniziale della colonia, l’area era sacra, come testimonia il ritrovamento di terrecotte dedaliche e subdedaliche nell’area del tempio C, di ceramica protocorinzia e paleocorinzia vicino al B , e ceramica della seconda metà del VII nell’area ad ovest.

[8] Nello strato 2c per la sua tipologia e per il deposito votivo con aryballos, sembra supporre nell’area poi occupata dai templi A e B un piccolo edificio interamente in legno. L’aryballos proviene dalla trincea di drenaggio ad est del tempio B su un livello sconvolto, ma considerando il suo ottimo stato di conservazione è probabile che provenga da un deposito votivo contemporaneo.

[9] La pianta del tempio non è chiara, si tratta di una struttura rettangolare, conservata per  una lunghezza di circa 9,30 x 6,40 m . nella sua seconda fase il tempio fu ricostruito e ampliato, e sebbene siano pochi i resti della struttura di questo tempio, è stato ricostruito come un distilo in antis senza peristilio. Mertens 1985, fig. 2.

[10] La decorazione del nuovo edificio che ha abbracciato il sacello C era tutta in marmo: di questi elementi architettonici si è recuperato ben poco, a causa del loro riutilizzo in una fornace moderna, realizzata proprio al centro del tempio, per la preparazione della calce.

[11] Il primo tempio, A1, iniziò verso il 570.560 a.C. . questo tempio non fu mai completato, poco dopo il suo innalzamento fu abbandonato, e le sue fondamenta riutilizzate per un secondo edificio, la cui costruzione iniziò intorno alla metà del V a.C. il tempio fu distrutto nell’ultimo quarto del IV a.C., con l’arrivo dei Lucani.

[12] A causa della situazione geologica, caratterizzata da terreni paludosi, la struttura venne infatti impiantata su letti di sabbia, in trincee scavate nel banco d’argilla sottostante.

[13] Il tempio A può, per la presenza del propteron e della cella lunga e stretta, essere accostato architettonicamente agli edifici sacri presenti in Sicilia, per esempio il tempio C  di Selinunte o il tempio di Apollo a Siracusa

[14] Le terrecotte architettoniche sono attualmente conservate nell’Antiquarium di Metaponto.

[15] Quest’ultima coincide con l’edificazione del tempio sul Bradano e con quella dell’Heraion di Poseidonia, la cosiddetta “Basilica”.

[16] Questa divisione della cella è presente anche nell’Heraion di Poseidonia e probabilmente ha un significato cultuale. L’edificio si inserisce nella tradizione tipologica della regione, mantenendo la fila di colonne centrali.

[17] Accanto all’altare di Hera (caratterizzato da una decorazione architettonica con triglifi) vi sono ex-voto ed una colonna votiva con capitello ionico, datata agli inizi del V a.C. 

[18] Il periegeta, descrivendo un santuario dell’Acaia, regione dalla quale provenivano i coloni di Metaponto, dice che in epoca arcaica venivano dedicati alla divinità argoi lithoi , in luogo delle statue.

[19] Fu costruito insieme all’altare nel 470 a.C. nella zona Nord del santuario nel rispetto dell’orientamento più antico.

[20] La crisi si manifesta nel IV a.C. quando i greci d’Occidente si vedono costretti a chiedere aiuto a condottieri mercenari per liberarsi dalla pressione lucana. Le lotte continue, i saccheggi e le depredazioni segnano in modo negativo la ricchezza economica e culturale della città. A seguito della sconfitta di Pirro per Metaponto inizia la dominazione romana: il latifondo sostituisce la piccola proprietà contadina. La palude si impadronisce lentamente della piana ed il declino della polis è segnato anche dallo spostamento del Basento.Il centro antico, seppure ridotto nei confini del castrum romano, continuò a vivere almeno fino al VI-VII sec.d.C., epoca in cui viene impiantato il complesso fortificato di Torre di Mare, mentre i monumenti della città antica divennero oggetto di sistematico depredamento.

[21] Un altro sacello (D), anch’esso edificato insieme all’altare mediante il riutilizzo di materiale, era stato innalzato tra i due templi maggiori (infatti il suo piano di posa corrisponde al basamento su cui si impostavano le colonne dei due edifici sacri).

[22] Lungo il lato Sud del santuario sono costruiti inoltre una seri di ambienti rettangolari muniti di pozzetti centrali, di cui non è chiara la destinazione.

[23] Secondo gli studiosi, il crollo degli edifici sacri è da attribuire alla presenza di una falda acquifera, nonostante i numerosi lavori di canalizzazione e drenaggio che si erano susseguiti nel corso dei secoli.

[24] Degna di nota è, inoltre, una oinochoe decorata con una fascia di cani correnti, che imita lo stile protocorinzio e testimonia la precoce attività delle officine ceramiche metapontine. Ad esse si possono, inoltre, attribuire le numerose statuette arcaiche di tipo dedalico, realizzate con l’uso di matrici e caratterizzate da una testa a punta, con naso e mento sporgenti, e dal busto appiattito.

[25] Al gusto orientalizzante subentrano un rilievo più marcato e uno stile più solido, forse di origine peloponnesiaca, con figure vive e corpose.

[26] L’esegesi anche in questo caso è piuttosto controversa.
Torelli ritiene che possa trattarsi di una cerimonia nuziale, di un atto reale modellato forse su un’unione divina e porta a confronto un pinax di Locri in cui è attestata una scena analoga. La giovane sposa è seduta sul carro tirato da muli, mentre la sacerdotessa con gli strumenti rituali segue a piedi. Il corteo assume carattere sacro perché scandisce un momento importante della vita sociale, il passaggio dalla condizione di fanciulla a quella di sposa.

La Mertens-Horn, che ha esaminato tutta la documentazione disponibile, interpreta l’insieme come una processione rituale per l’iniziazione di una giovane sacerdotessa.

[27] Probabilmente una versione locale dei modelli della grande plastica arcaica della Ionia.

[28] Lo stesso tipo di grondaia si ritrova nello stesso periodo a Poseidonia.

[29] Queste terrecotte si sono salvate perchè caduti già in antico, più lontano dalle fondazioni e su uno strato rimasto, per puro caso, non toccato dalla distruzione del tempio avvenuta negli anni 1908-1909.

[30] L’attribuzione ad Apollo del tempio A era stata data in passato dal ritrovamento di una serie di terrecotte architettoniche recanti sul retro l’abbreviazione del nome di Apollo. Invece sul retro delle terrecotte architettoniche del tempio B è stato letto il nome di Hera, e di conseguenza a tale divinità venne riferito l’edificio sacro.

[31] Si tratta di un culto che è presente a Sicione e ad Argo: qui Apollo esercitava nello spazio dell’agorà il suo patrocinio ai giovani con le armi . Del tutto coerente con la rete di connessioni, è il fatto che a Metaponto troviamo il culto di Apollo Lykaios e considerando la sua assenza in Acaia e la sua centralità ad Argo e a Sicione, ed è ben difficile che non abbiano avuto nulla a che veder con l’apollinismo liceo di questi ambienti.

 Siamo di fronte ad una rete fitta di connessioni : ciò presuppone negli ambienti di partenza dei movimenti coloniali dell’Acaia, fenomeni di mobilità ai più vari livelli,. tra ambienti contigui che non devono meravigliare in un’epoca di grandi trasformazioni.

[32] Recenti scoperte archeologiche ed alcuni riferimenti recuperabili dalla tradizione letteraria sembrano provare l’esistenza a Metaponto intorno alla metà del VI secolo a.C. di un personaggio autorevole, forse di un tiranno.



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