Sabato pomeriggio mi sono ritagliata un angolo di Giappone nella mia città: grazie agli show cooking organizzati all’interno del Salone di Firenze, ho assistito ad una lezione di cucina casalinga giapponese.
Esperienza interessantissima. Primo perché della cucina del Sol Levante conosco onestamente ben poco, ed è stata un’occasione per capire i fondamentali di questa cultura gastronomica. Secondo, perché Hiromi, un’elegante signora che gestisce l’associazione culturale LAILAC che promuove la cultura del Giappone in Italia, ha fornito una panoramica davvero esaustiva e chiara su alcune preparazioni tipiche, tra cui la zuppa di miso, il pollo fritto marinato, la salamoia di verdure ed l’onnipresente brodo Dashi.
Iniziamo da alcuni concetti fondamentali che ci ha spiegato Hiromi: la cucina giapponese è in via generale una cucina “salutare” perché utilizza pochissimi grassi, molto pesce e per lo più fresco, molte spezie e le preziose alghe. Basta riflettere sul fatto che difficilmente si incontrano dei giapponesi grassi, per capire come la loro alimentazione sia sana e bilanciata. In particolare, le alghe, largamente usate come base di moltissime ricette, sono una vera e propria fonte di vitamine, iodio ed altri preziosi elementi nutritivi, a fronte di un contenuto calorico bassissimo, praticamente pari a zero. La più nota e forse più usata è l’alga Kombu, chiamata anche bruciagrassi per il suo potente potere di “pulizia” del sangue.
In genere, nei brodi che vengono usati come base di cottura, le alghe sono spesso unite al pesce secco, altra fonte concentrata di utili nutrienti. La carne è invece entrata nella dieta dei giapponesi solo dopo la seconda guerra mondiale, perché portata dagli americani; non a caso, non essendo abituati al gusto della carne animale, la troviamo quasi sempre marinata nella soia o nel sakè, piuttosto che speziata con ginger fresco o altri aromi, proprio per mascherarne il sapore. La fonte proteica, nella dieta tradizionale giapponese proveniva, infatti, oltre che dal pesce, dalla soia, nelle sue diverse forme: salsa, latte, formaggio e miso, una sorta di pasta ottenuta dalla fermentazione di questo vegetale.
Foto dal blog lacuocapetulante
E da questo ingrediente, nasce la famosissima zuppa, la zuppa di Miso, appunto. Hiromi ci ha fatto assaggiare una versione veramente gustosa ed equilibrata. Sebbene la sua spiegazione sia stata molto precisa, temo che replicare quei sapori non sarà così semplice e banale…ma ci proveremo lo stesso! Se siete curiosi di fare questo esperimento anche voi, si prepara così (per 4 persone):
450ml di brodo Dashi
4 cucchiai rasi di Miso
1 cipollotto fresco
un pò di alghe Wakame
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Per prima cosa va preparato il famoso brodo Dashi: si fa mettendo 30gr di alga Kombu in 800ml di acqua fredda; dopo averla lasciata in ammollo per una mezz’ora, si accendere il gas a fuoco medio e quando inizia a bollire, si rimuovono le alghe. Proseguire la cottura a fuoco basso dopo aver aggiunto 12gr di Katsuobushi (che sarebbe del pesce secco) e quando si sarà depositato sul fondo, filtrarlo con un retino. Una volta che il Dashi sarà pronto, riportarlo ad ebollizione ed unire le alghe Wakame che avrete prima ammorbidito in acqua. Aggiungere quindi il miso filtrandolo con un colino di bamboo e far bollire un pò. Prima di servire, aggiungere il cipollato affettato finissimo. In alcune versioni che ho assaggiato, ho alle volte trovato anche dei pezzettini di tofu, il formaggio si soia.
Dopo questa gustosa zuppa, Hiromi ci ha spiegato come realizzare il Pollo fritto Tatstuta-age, ovvero, pollo fritto marinato, una particolare versione di tempura, ma diversa dalla classica tempura che si trova normalmente al ristorante giapponese.
Si prepara così (per 4 persone):
400gr di petto di pollo
200 gr. di fecola di patate
Salsa per marinare (4 cucchiai di salsa di soia, sake, 1/2 spicchi d’aglio)
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Si inizia tagliando il petto di pollo a fette in obliquo, tenendo la lama inclinata a 45°: in questo modo, si ottengono delle fette fini e larghe, non dei tocchetti. Si mettono poi le fette in un recipiente e si condiscono con la salsa; si lascia a marinare per almeno 10/15 minuti. Si prendono poi le fettine una ad una con le bacchette e si passano nella fecola, prima di metterle a friggere in olio ben caldo. La temperatura dell’olio, che deve essere abbondate e in una pentola fonda, è fondamentale per una buona riuscita della frittura. Per capire se la temperatura è quella giusta, Hiromi ci ha insegnato che basta mettere la bacchetta nell’olio: se si fanno delle piccole bollicine, è pronto. Si procede con poco pollo alla volta, mettendolo a sgrondare in una gratella sul lato della padella prima di trasferirlo su un vassoio con carta assorbente. Non serve aggiungere sale perchè basta quello della marinatura.
Infine, Hiromi ci ha deliziati con una fresca Salamoia di verdure Otsukemono: si prepara affettando finemente del cetriolo e del Daikon (una verdura simile ad sedano rapa che oggi si trova anche al supermercato) e lasciandoli a marinare con 4 cucchiai sale, 3 cucchiai di Dashi in polvere ed 1 peperoncino.
Questa breve lezione ci ha aperto un mondo e sicuramente proveremo a casa le ricette di Hiromi e cercheremo di seguire uno dei corsi di cucina che l’associazione Lailac organizza: non solo sushi e cucina tradizionale, ma anche lingua e scrittura giapponese, origami, shatsu, danza, etc…un ottimo modo per conoscere la cultura di un paese lontano e viaggiare con la mente ed il gusto!
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