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Sara Mahmoud, discriminata per il velo. Agenzia eventi chiede diritto di replica

Da Ladyblitz @Lady_blitz
Sara Mahmoud, discriminata per il velo. Agenzia eventi chiede diritto di replica

ROMAA seguito della denuncia di Sara Mahmoud, ragazza musulmana più volte discriminata nel lavoro a causa del suo velo, l’agenzia “Evolution Events“, di cui né su Ladyblitz nè su Repubblica, -il quotidiano da cui è stato ripreso l’articolo- è stato mai rivelato il nome, chiede il diritto di replica.

Zita Dazzi ha raccontato su Repubblica la storia di Sara, che spesso ha dovuto sentirsi dire “Sei molto carina e se vuoi lavorare qui devi togliere il velo”. Così la ragazza, italiana e musulmana perché figlia di genitori egiziani ma nata e cresciuta in Italia, dopo l’ennesima mail che le rifiutava un lavoro per via dello hijab, ha fatto ricorso al Tribunale di Lodi.

A seguito di questa notizia, la suddetta agenzia di eventi manda il seguente comunicato:

In relazione alle recenti notizie divulgate a mezzo stampa, diffuse anche attraverso conosciuti portali online (repubblica.it, corriere.it, ilgiorno.it, ed altri) e trasmissioni televisive di grande rilevanza nazionale (MEDIASET, RAI) e riguardanti una presunta ipotesi di discriminazione religiosa e/o razziale che sarebbe stata posta in essere nei confronti di una ragazza di Milano, Sara Mahmoud, la Agenzia citata da alcuni degli organi di informazione quale responsabile di detta pretesa deprecabile condotta, la Evolution Events S.r.l. di Imola, in persona della legale rappresentante Dott.ssa Roberta Casetti, per il tramite del sottoscritto legale evidenzia che la notizia in questione è destituita di ogni concreto fondamento, considerato che la suindicata Agenzia conferma di non aver posto in essere, né in questa occasione, né mai, alcun comportamento anche solo astrattamente idoneo a configurare una discriminazione di qualsivoglia natura nei confronti dei propri Collaboratori e/o comunque di terzi.

La “Evolution Events” è stimata Agenzia di Organizzazione di Eventi da tempo radicata nel panorama nazionale, che, nel corso della sua pluriennale esperienza, si è sempre contraddistinta per l’impeccabile professionalità tenuta nei confronti dei propri Clienti nonché, soprattutto, nei confronti dei propri Collaboratori, reclutati senza alcuna distinzione di nazionalità, religione o razza, e con i quali ha sempre instaurato e conservato rapporti di reciproca assoluta correttezza e serietà.
D’altro canto anche dal tenore della notizia così come riportata dagli organi di informazione, emerge inequivocabilmente che nel caso di specie la mancata instaurazione di un rapporto lavorativo, nulla ha a che fare con il credo religioso della candidata, bensì è riferibile alla mancanza di precisi criteri e standard estetici richiesti da Evolution Events.
Invero, dall’esame della ricostruzione dei fatti riportata dalla Sig.ra Mahmoud e, segnatamente, dalla richiesta di disponibilità, inoltrata alla ragazza da parte di Evolution Events, di eventualmente svolgere la propria attività lavorativa senza lo “hjiab”, si deduce facilmente che la Agenzia non abbia assolutamente inteso opporre un rifiuto alla richiesta di lavoro della Sig.ra Mahmoud per il fatto che la medesima fosse di religione musulmana, bensì abbia evidentemente rilevato, dopo aver incassato il rifiuto da parte della ragazza, nell’ambito della propria intangibile sfera di discrezionalità di organizzazione della propria impresa, che la giovane non avrebbe potuto soddisfare le molteplici e specifiche esigenze relative all’immagine e all’aspetto che sono rappresentate dai Clienti alla Agenzia.
Essendo la sopracitata notizia, così come diffusa, evidentemente pregiudizievole per l’immagine e per l’attività della Agenzia Evolution Events oltre che per il decoro e la reputazione delle persone che la rappresentano, si chiede di dare alla presente precisazione il medesimo spazio fornito alla predetta notizia, con rettifica del contenuto secondo quanto in questa sede rappresentato.
Con espressa riserva di tutelare i propri diritti nelle competenti sedi giudiziarie nei confronti di tutti coloro che hanno diffuso, e/o contribuito a diffondere, la infondata notizia in oggetto. Tanto si doveva”.


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