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Saro Minardi: Liberamente Amleto

Creato il 02 maggio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il maggio 2, 2012 | TEATRO | Autore: Marina Alario

Saro Minardi: Liberamente AmletoLibero Amleto “Tinturìa ‘u to nomu è fimmina”, spettacolo diretto da Carlo Ferreri ed interpretato dall’attore Saro Minardi, è stato recentemente riproposto dal Teatro degli Specchi di Catania. All’inizio ero molto perplessa sia dal progetto dell’opera (l’Amleto in versione siciliana), sia dal numero dei personaggi (uno). Mi sembrava un sacrilegio recitare una delle più belle tragedie di Shakespeare in dialetto, di solito usato per commedie divertenti e parodistiche. La scena che mi si presenta davanti sul palcoscenico non è certo quella classica dell’opera del Bardo. Vi è un detenuto, seduto su una sorta di brandina, rinchiuso tra le sbarre. Quando lo spettacolo ha inizio si spengono le luci e lo spettatore è completamente avvolto dall’oscurità. Si sente una voce quasi sussurrata che recita il primo monologo del principe di Danimarca. La luce è data solamente da una torcia elettrica che l’attore punta, alternando, su sé stesso e sul pubblico. Quando i rumori della prigione cessano e le celle si chiudono ha inizio un allucinato soliloquio. La scelta di recitare la pièce in siciliano dà un colorito umoristico a tutto lo spettacolo, anche nelle parti più drammatiche. La cosa straordinaria di Minardi è che, grazie alla sua mimica ed al gioco di luci, i personaggi sono facilmente comprensibili. Allora sulla scena si susseguono il saggio ‘Razio, la smorfiosa ‘Felia, il ruffiano Polonio, l’irruente Claudio e l’inquieto Amleto.

Saro Minardi: Liberamente Amleto

A metà spettacolo, la realtà dell’isolamento del prigioniero irrompe sul palco. Si vede la follia impossessarsi del detenuto, che si lancia in un ballo sfrenato, per poi abbandonarsi al sonno nella sua branda. Per non diventare pazzo, data la sua condizione di recluso, si rifugia dentro le pagine della tragedia, interpretandola a modo suo. Uno dei momenti più poetici è la morte di Ofelia, rappresentata dalla caduta dall’alto di petali di rosa. Il detenuto sente una forte empatia con il personaggio dello sfortunato principe. Entrambi, infatti, sono alla ricerca di una via d’uscita dalla propria condizione, uno spiraglio che li liberi dalle loro colpe. Lo trovano nella finzione teatrale. Amleto riesce a compiere la sua vendetta anche grazie alla scena di teatro nel teatro che svela i crimini di suo zio Claudio. Il detenuto senza nome riesce a fuggire dallo spazio asfissiante della sua cella grazie all’opera di Shakespeare. Uno spettacolo che convince. Un modo per dire che l’arte può arrivare a tutti e che può salvare dalla solitudine; un modo per dire che tutti possono dare una propria interpretazione alle opere, in base alle proprie esperienze di vita.



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