Il decreto non è ancora stato firmato dal presidente della Repubblica, non è pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, ma soprattutto, già dal primo articolo del testo, mostra un’arida sfiducia verso la legislazione italiana e una mancanza di strategia spaventosa. Il presidente del consiglio Matteo Renzi aveva chiesto ai sindaci di indicargli quali opere strategiche, utili alla crescita economica, avevano bisogno di risolvere vecchi problemi “burocratici”, ad esempio un veto di una Soprintendenza, come il premier aveva detto in un convegno di economisti a Trieste – non a Cernobbio!
Sin dalla prima riga per rilanciare l’economia italiana la priorità è la Tav Palermo-Messina-Catania, che qualcuno ha già ribattezzato il nuovo ponte di Messina. Per costruire lo strano mostro in una regione così povera di treni regionali, secondo una lamentela giustificata e datata decenni or sono, si verseranno miliardi (e quando li si recupererà? Che piano economico può giustificare una cosa simile?) e si daranno, se il decreto diverrà legge, poteri di commissario all’ex presidente di Tav spa, oggi ad di Fs, Marco Elia.
Elia, da commissario, potrà sorpassare tutte le leggi, persino la 241/90, ma anche quella costitutiva del ministero dell’ambiente, la 349/86, con deroghe degne di una licenza di uccidere.
E il vantaggio per l’intero Paese? Dopo la Palermo-Catania-Messina compare nella bozza di decreto, bloccato e mai uscito da Palazzo Chigi, sostiene “il Tempo”, ecco la Tav Napoli-Bari, ancora con supercommissariamento.
Non un disegno per l’intero Paese e il miglioramento dei sistemi infrastrutturali, nessuna nuova idea per rendere più sopportabile l’automobile o più efficiente il treno (battaglia forse persa per sempre), bensì solo deleghe a segmenti di poteri, come quello della Tav, che sono svincolati da un progetto di crescita globale, ammesso che di crescita si possa ancora parlare. Vengono premiati i poteri esistenti e prorogate contro ogni ragione le vecchie fissazioni di Berlusconi. E Lupi, che usa il potere in modo più efficace e distruttivo di Renzi, privo di qualunque strategia e circondato da ministri temibili.
Rispunta nello Sblocca Italia anche il trattato d’amicizia italo-libico, per proseguire altri cantieri. Ma avranno più sostegno alcuni studenti libici che quelli italiani?
Quando uno Stato disprezza in questo modo le sue risorse per delegare la politica a gruppi d’interesse pronti a tutto non ha più un’identità e una speranza. Renzi è il presidente del governo della disperazione.
Il capitolo sugli idrocarburi confonde ancora speculazione con economia. Il territorio italiano verrà sconvolto e distrutto palmo a palmo.