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Scagli la pietra chi è senza peccato.

Da Shappare
La settimana scorsa sono stata nella mia cittadina di studi.
Dovevo riconsegnare “La nascita del Purgatorio”, senza nemmeno averlo finito: ho preferito vivermelo tutto, ‘sto purgatorio.
E poi io e Silvia festeggiavamo sempre Santa Lucia quando vivevamo assieme.
Mi aspetta nel locale più “comunista” dell’intera Pavia, mangia lenticchie (la sua passione) a un tavolo con gente strana e straniera che mi confonde.
E’ già difficile ogni ritorno, a Pavia.
A fianco a me, un biondissimo francese si fa spiegare dalla ragazza con dreadlocks chilometrici il significato del detto “tira più un pelo di figa che un carro di buoi”. Poi lei gli illustra la magnificenza della sua cantante preferita: Elisa.
Rivolgo a Silvia uno sguardo speranzoso. Mi guarda a sua volta; ci siamo, penso.
Ma lei:
“Stavo rivalutando il concetto di evoluzione. Cioè, le donne nell’antica Roma riuscivano a provocare un orgasmo nei loro uomini solo con movimenti della vagina. E’ triste la nostra condizione attuale, no?”
“Ma l’ha detta Troiani a Storia Romana, ‘sta cazzata?”
“Guarda che è universalmente noto!”
 
Poi mi presenta Gaetano, che dimostra 40 anni e ne ha 29; è nato e cresciuto lì nelle risaie ma ha un incredibile accento campano.
Non crede che io sia di Brescia. Gli assicuro che è così.
Non si capacita allora di come mai io parli in maniera umana, rida in maniera umana, sembri umana.
(Devo prendere meno alla leggera gli stereotipi sui bresciani.)
Appurato che sono proprio della città delle Mille Miglia, si volge verso il ragazzo alla mia sinistra (che finora non ha fatto altro che parlare delle sue prestazioni), dicendogli: “Ma guarda questa ragazza! E’ di Brescia eppure è così graziosa!”
Ormai in semidepressione, mi dedico alla cena indiana e soprattutto al film indiano trasmesso nel ristorante indiano. Una specie di “Grease” in stile Bolliwood.
Perdiamo gli uomini per strada. Succede sempre così.
 
E via, a casa di Silvia ad ascoltarla farsi del male rianalizzando ancora la fallita convivenza con Alessandro. Lei sempre più magra e io che so sempre meno come aiutarla.
Le unghie della sua gatta nelle mie cosce bianche.
Poi la domanda, di rito, su come io stia e cosa stia facendo.
E’ così che cominciano i fermo-immagine, nella mia testa.
 
Una festa a sorpresa, un mal di testa insopportabile, la juve eliminata sotto la neve.
 
Tu da me non hai che l’assenza,
quello che ti resta è la distanza
 
Subito dopo una stanza vuota, il divano a quadri, la locandina di un concerto.
Mani, collo, profumo.
 
Fuori dalla tua porta fare la cosa giusta,
essere razionali mentre ti gira la testa
 
E di nuovo un sole caldo, due braccia conosciute, le labbra familiari; occhi castani che paiono sempre increduli.
 
Perché mi amavi non l’ho mai capito, così diverso da quei tuoi cliché,
perché fra i tanti, bella, che hai colpito ti sei gettata addosso proprio a me
 
Infine due sorrisi, che non si sono mai incrociati e che sembrano essere ora dove dovrebbero stare.
 
Ed ecco arriva l’alba, so che è qui per me
meraviglioso come a volte ciò che sembra non è
fottendosi da sé, fottendomi da me…
 
Sono stata a bere qualcosa con le mie amiche di sempre, ieri.
Guardavo Gaia, la mia migliore amica dalla quinta ginnasio. Sua madre due giorni fa ha avuto un infarto.
Lei si volta e siamo alla solita sfida tra occhi verdi.
“E allora, in Puglia?”
Già, la Puglia. Me ne ero completamente dimenticata.
Come se poi si potesse cambiare qualcosa. Posso cambiare discorso, però.
 
Curo le foglie, saranno forti
se riesco ad ignorare che gli alberi son morti
 
Fratello stamattina mi ha chiamata con il cognome di Fidanzata.
Incidentalmente il cognome di Fidanzata è lo stesso di D.
Perciò, invece di correggersi, “Bè, tra poco…”, asserisce sorridendo.
 
Per la buona azione quotidiana, ho telefonato a Nonna.
Breve scambio di battute sul freddo e sullo status del Garda.
Su che giorno sia davvero il compleanno di mio cugino.
Su mia madre persa in se stessa e sull’isola che non c’è.
“Viene su D. per Natale?”
“Non so Nonna, penso di sì”
“Oh ma non ti molla più!
[Nonna non nutre grande fiducia nelle mie relazioni con gli uomini perché esco solo con ragazzi con lo stesso nome ma soprattutto perché non ho le tette e non riesce a persuadermi ad usare il reggiseno imbottito.]
Allora c’è un matrimonio in vista…”
“Ciao, Nonna”.
 
…E non c’è da stupirsi che la Famiglia, gli Affetti, le Amiche di nuovo non abbiano capito nulla. Non abbiano idea di niente.
Perché tanto io starò qui seduta, senza cambiare; e sarò ancora una volta quel che ho scelto al tavolino d’essere.
 
La chiave della felicità è la disobbedienza in sé
a quello che non c’è.
Perciò io maledico il modo in cui sono fatto,
il mio modo di morire sano e salvo
dove m’attacco
il mio modo vigliacco di restare sperando che ci sia
quello che non c’è.

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