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Scampato pericolo? Ma perché i giornalisti non parlano chiaro…

Creato il 11 maggio 2010 da Massmedili

L’ultimo weekend è stato di quelli da fare venire i capelli bianchi e provocare il cardiopalma. L’euro stava per crollare, le Borse hanno rischiato il tracollo e le banche italiane, trattate a colpi di mitragliatrice da Moody’s, hanno perso il 20% del loro valore in una sola seduta di Borsa. Se aggiungiamo la marea nera della Florida e l’eruzione del vulcano islandese c’era proprio da farsi benedire.Ma, passata la festa, gabbato lo santo.  Il lunedì era euforia, euforia delle Borse, sollievo dei mercati. E meno male che qualcuno, come Dario Di Vico, ci informa dalle pagine del Corrirere di oggi (martedì) che “il difficile viene adesso”. Come viene adesso? Non abbiamo scampato il pericolo? Berlusconi ha anche detto che è stato tutto merito suo… Dario prosegue implacabile “Non siamo ancora usciti dalla più ampia recessione dal dopoguerra a oggi e il copione dell’economia globale ci impone, come in una gara di slalom, di affrontare un altro ostacolo, la crisi della finanzia pubblica europea…”. Di Vico iscritto al partito degli iettatori? Non proprio, ma ha una tesi da porre: quella della bontà del progetto di Rete Imprese Italia, l’associazione di commercianti e artigiani (che riunisce Confcommercio, Confesercenti e le tre maggiori organizzazioni dell’artigianato nazionale) lanciata dalla sua penna sul supplemento economico del lunedì (sempre Corriere) solo il giorno precedente con alcuni argomenti anche molto interessanti (“..per lungo tempo le nostre elite hanno pensato e detto che la modernizzazione del paese passava per una riduzione del ruolo della rappresentanza. Thatcherianamente pensavano che ’la società non esisteva’ e guai a darle voce”.). A parte qualche scivolone di consecutio una posizione molto interessante, degna della Cgil . Ma dove voleva andare a parare si è capito oggi verso la sesta riga della seconda colonna del suo fondo (a proposito, da quand’è che il Corriere fa articoli di fondo a due colonne?) quando, citando Giuseppe De Rita, ha sostenuto che “con questa pressione fiscale non si fa ripartenza” intendendo probabilmente ripresa economica… Opinione integrata dal titolo tre colonne più a destra sulla stessa pagina dell’opinione dell’economista della Cattolica Alberto Quadrio Curzio (continua a pagina 42) E se tassassimo gli speculatori? Buona idea, detto così su due piedi. Ma come? Se non si riesce neanche ad accordarsi su accise comui a livello europeo, neanche su un’aliquota unica dell’Iva, come si può pensare di imporre tasse a soggetti per definizione esteri se non offshore? La posizione di Quadrio Curzio in realtà è un po’più articolata di così, ma per scoprirlo bisogna andare, appunto, a pagina 42. Dalla prima pagina sembra che la posizione del Corriere sia “tagliamo le tasse sulle imprese e mettiamole sugli speculatori”: limpido, semplice, impossibile…

Forse c’è un po’di confusone sull’argomento, visto che i mercati sembrano aver sonoramente premiato una politica di investimento pubblico (la Bce compra bond dei paesi a rischio sul secondario) che lascia spazio all’espansione e non una politica di aumento delle imposte, per definizione restrittiva.

Un po’ di sale sembra mettercelo Francesco Daveri su lavoce.info (ttp://www.lavoce.info/articoli/pagina1001704.html) con il suo ottimo “La produzione industriale cresce, anzi no” sull’amplificazione e confusione fatta dai media sui fondamentali della situazione economica e sulla frenetica rincorsa di dati contrastanti (e sempre enfatizzati) che finisce per lasciare disorientati quando non frastornati i lettori. Casualmente il Sole 24 Ore di ieri, taglio basso, della prima ha proprio un titolo del genere “Produzone industriale in recupero…ma -0,1% su febbraio”.

E’ un vizio dei media italiani o è così anche all’estero?

I titoli del Wall Street Journal di ieri recitavano più o meno: “Il piano europeo funziona, ma rischi per l’etica… L’acquisto di titoli crea un precedente, ma il fondo di 750 miliardi è vero o è una finzione? In ogni caso l’euro zona si gioca anche la casa….”. In altre parole scetticismo, prudenza, perplessità. Lasciando capire molto chiaramente che la voce dei mercati americani, quella di Rupert Murdoch non è proprio del tutto soddisfatta che l’Europa abbia trovato un accordo in extremis.

Ma è solo Murdoch? L’altro grande medium economico finanziario americano, Business Week, o meglio Bloomberg Busness Week come si chiama da quando ne ha preso possesso il sindaco conservatore di New York Mike Bloomberg nell’edixione online è ancora meno tenero. Parla senza mezzi termini di “provvedimenti che hanno sconcertato i mercati”, “volatilità fuori controllo”, “fuga dalla Borsa” dopo la presa di posizione europea. Avrebbe titolato così anche con una proprietà meno politicamente schierata?

Può darsi. Ma il fatto che non esista più una stampa economico finanziaria indipendente negli Stati Uniti dovrebbe rendere piuttosto inquieti non solo i Governi europei (a partire dal nostro, visti i rapporti conflittuali fra Murdoch e Berlusconi) ma anche i vertici delle banche e i responsabili dei mercati finanziari. Oltre naturalmente alle masse dei cittadini e dei risparmiatori…


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