È l’Associazione Luca Coscioni a riaprire il delicato dibattito sul fine vita e sulle possibilità di scelta di come porre fine alla propria esistenza, ce lo racconta Tg La7 cronache.
C’è un dibattito prudente che divide da sempre l’opinione pubblica, sull’eutanasia e sulla libertà dell’essere umano di avere il controllo sulla propria vita, decidendo il confine dopo il quale una vita non vale la pena di essere vissuta. È tra i più delicati e spinosi della nostra contemporaneità e ha spaccato in due tracciando una linea tra Paesi che ne hanno riconosciuto la validità e Paesi che hanno continuato a bandirla come omicidio. A Roma si sono incontrati i parenti dei personaggi del mondo dello spettacolo che hanno scelto come morire, li ha invitati l’Associazione Luca Coscione che da sempre si batte perchè il Parlamento appronti una legge.
La chiamano “morte all’italiana”. Su 30.000 decessi in terapia intensiva negli ospedali iatliani, il 62% avviene grazie alla comprensione dei medici che aiutano il paziente terminale a morire. Nessuna iniezione letale, semplicemente uno stop a terapie ormai inutili, che non ha nulla a che vedere con l’eutanasia. In ambinete medico viene chiamata “desistenza terapeutica”. I dati si riferiscono al 2007, nessuno li aggiorna perchè l’argomento è difficile da affrontare. Sia Piergiorgio Welby sia Paolo Ravasin, hanno dovuto combattere anche loro come leoni per vedersi riconosciuto per legge il diritto ad avere un’ assistenza e una morte dignitosa, come accade nei paesi civili. Non l’hanno ottenuto.
Ogni anno i Italia si verificano 1000 suicidi e oltre 1000 tentati suicidi. ( fonte Istat)
” Ci sono morti clandestini negli ospedali – Mauro Cappato tesoriere associazione Luca Coscioni – nella disperazione domestica, suicidi, eutanasia dell’esilio di chi va all’estero, contro tutto questo, riteniamo sia preferibile la forza della legge e del diritto, unico strumento per affermare la libertà individuale”.
Una scelta non solo per le persone in fin di vita a causa di gravissime patologie ma anche per chi, anziano e malato, sente di non poter vivere con dignità. Carlo Troilo, Associazione Luca Coscione:”È il 10° anniversario del suicidio di mio fratello, Michele, che era un signore di 71anni, scapolo, malato terminale di leucemia. In realtà non si è suicidato perchè terminale, si è suicidato perchè ha avuto un episodio di incontinenza. Ha sentito di andare incontro a una serie di azioni che per lui, che era una persona molto riservata, schiva, elegante, era intollerabile e ha preferito farla finita”.Per richiamare l’attenzione distratta dei mezzi di comunicazione e dell’opinione pubblica sulla inadempienza e l’opportunismo di chi ci governava e governa, l’Associazione Luca Coscioni e comitato promotore Eutanasia Legale, che a settembre ha presentato una raccolta firme ( 70.000) per una legge ad hoc ha promosso anche la conferenza stampa e proprio durante il suo svolgersi, arriva inaspettata la solidarietà del Capo dello Stato: “Il Parlamento non dovrebbe ignorare il problema delle scelte di fine vita e eludere un sereno e approfondito confronto di idee sulle condizioni estreme di migliaia di malati terminali in Italia”… “Richiamerò l’attenzione del Parlamento su l’esigenza di non ignorare il problema delle scelte di fine vita”. Lo scrive il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Il 60% dell’opinione pubblica, secondo l’Associazione si dice favorevole all’eutanasia, è la politica che non è pronta, dicono i sostenitori della legge. Chiedono il giusto, una legge che garantisca il distacco dal respiratore qualora il malato (non solo lui) non fosse più in grado di sopportare la vita. “Vorrei veramente una legge, – dice la vedova Welbi – a tutto tondo, dove i cittadini possano scegliere per se stessi, se interrompere le terapie e passare alle cure paliative, dove il medico accompagna la persona a una morte dolce”.
Chiara Rapaccini, vedova di Mario Monicelli: ” Noi siamo sempre indietro, nei paesi più avanzati è successo. Nel mio caso sono qui, per motivi personali, politici, per appoggiare questa legge”. A sostenere l’iniziativa ci sono anche loro i familiari di Mario Monicelli e Carlo Lizzani. Due grandi registi che a un certo punto hanno deciso di porre fine alla loro vita. Una scelta diffcile e purtroppo violenta perchè, dicono alla conferenza, in Italia, non c’è una legge.