Casaleggio non lo sa, ma la storia ci insegna che paragonarsi a Gesù Cristo porta una sfiga della madonna. Lo fece John Lennon appena sbarcato a New York parlando della fama dei Beatles, e tutti sanno com’è andata a finire. Riproporre lo stesso paragone al Guardian (nessuna intervista a un giornale italiano, please), non sappiamo fino a che punto possa giovare al M5S che, ci dicono, è retrocesso dal secondo al terzo posto, dopo il Pd e Monti. Comunque affari suoi, noi, sommessamente, ci permettiamo di avvisarlo. Finalmente è uscito il simbolo della crociata pro-tagli e banche del Professore, messo a punto dalla stessa agenzia che cura la comunicazione di Nichi Vendola, alias il “Conservatore”. Pulito, essenziale, fondo bianco, il tricolore stilizzato che, chissà perché, ci ricorda la scia di un F15, a Mario Monti mancava solo il berretto con visiera delle Frecce Tricolori e poi l’incontro con i giornalisti si sarebbe trasformato in un Risiko. Durante la solitaria conferenza stampa, una sorta di one man show, Mario Monti ha delineato quella che sarà la sua campagna elettorale: lista unica al Senato, rappresentata dal simbolo presentato ieri, e tre liste alla Camera, la sua, quella di Fini (con su il nome dell'ex pupillo di Almirante) e quella di Pierfy Casini il quale, se non vede il suo cognome stampato sui manifesti, viene colto da una incontrollabile crisi di visibilità. Bisognerà attendere invece martedì, per conoscere i nomi dei candidati montiani doc, c’è prima il “vaglio Bondi”, quella specie di certificazione di qualità che il Professore ha preteso prima di dare l’avallo a chicchessia per presentarsi con lui. Si fanno bei nomi, ci sarà tanta società civile, gente immacolata, fior di professionisti, fini dicitori, facce nuove e pulite, oxfordiani di risulta, futuri senatori e deputati di provata fede cattolica (certificata dal parroco e dal vescovo della diocesi di appartenenza), possibilmente con una sola famiglia, di tendenze rigorosamente etero, con un forte senso di appartenenza allo Stato, ma non necessariamente alla Costituzione, discretamente omofobi, con una necessaria, pur se limitata, conoscenza del mondo finanziario e bancario e, per concludere, con l’indispensabile pelo sullo stomaco per fingere di curarsi solo degli interessi della nazione. A questo punto, l’attesa per conoscere il dream-team del Professore è spasmodica. Si parla di Ichino, ma anche di un ripescaggio all’ultimo minuto di Corrado Passera, mentre sembra senza possibilità di riuscita la candidatura di “occhibelli” Franco Frattini: su di lui pesa la cittadinanza onoraria egiziana data a Ruby. C’è da dire che la conferenza stampa di Mario Monti al Plaza, è durata dieci minuti, che non ha accettato domande, rinviando alla diretta di oggi su Twitter il confronto con quanti siano interessati alla sua lista. Si è però rifatto abbondantemente in tv, a Otto e mezzo, da Lilly Gruber. In quella sede il Professoreha parlato, madonna quanto ha parlato, e ha detto anche cose interessanti. Come quella di non aver sentito l’appello che gli ha rivolto Berlusconi di dimettersi da senatore a vita. Male che gli vada, piuttosto che tornare a fare il rettore alla Bocconi, il Professore preferisce uno scranno fisso a Roma. Volete mettere il fascino del Ponentino!
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Casaleggio non lo sa, ma la storia ci insegna che paragonarsi a Gesù Cristo porta una sfiga della madonna. Lo fece John Lennon appena sbarcato a New York parlando della fama dei Beatles, e tutti sanno com’è andata a finire. Riproporre lo stesso paragone al Guardian (nessuna intervista a un giornale italiano, please), non sappiamo fino a che punto possa giovare al M5S che, ci dicono, è retrocesso dal secondo al terzo posto, dopo il Pd e Monti. Comunque affari suoi, noi, sommessamente, ci permettiamo di avvisarlo. Finalmente è uscito il simbolo della crociata pro-tagli e banche del Professore, messo a punto dalla stessa agenzia che cura la comunicazione di Nichi Vendola, alias il “Conservatore”. Pulito, essenziale, fondo bianco, il tricolore stilizzato che, chissà perché, ci ricorda la scia di un F15, a Mario Monti mancava solo il berretto con visiera delle Frecce Tricolori e poi l’incontro con i giornalisti si sarebbe trasformato in un Risiko. Durante la solitaria conferenza stampa, una sorta di one man show, Mario Monti ha delineato quella che sarà la sua campagna elettorale: lista unica al Senato, rappresentata dal simbolo presentato ieri, e tre liste alla Camera, la sua, quella di Fini (con su il nome dell'ex pupillo di Almirante) e quella di Pierfy Casini il quale, se non vede il suo cognome stampato sui manifesti, viene colto da una incontrollabile crisi di visibilità. Bisognerà attendere invece martedì, per conoscere i nomi dei candidati montiani doc, c’è prima il “vaglio Bondi”, quella specie di certificazione di qualità che il Professore ha preteso prima di dare l’avallo a chicchessia per presentarsi con lui. Si fanno bei nomi, ci sarà tanta società civile, gente immacolata, fior di professionisti, fini dicitori, facce nuove e pulite, oxfordiani di risulta, futuri senatori e deputati di provata fede cattolica (certificata dal parroco e dal vescovo della diocesi di appartenenza), possibilmente con una sola famiglia, di tendenze rigorosamente etero, con un forte senso di appartenenza allo Stato, ma non necessariamente alla Costituzione, discretamente omofobi, con una necessaria, pur se limitata, conoscenza del mondo finanziario e bancario e, per concludere, con l’indispensabile pelo sullo stomaco per fingere di curarsi solo degli interessi della nazione. A questo punto, l’attesa per conoscere il dream-team del Professore è spasmodica. Si parla di Ichino, ma anche di un ripescaggio all’ultimo minuto di Corrado Passera, mentre sembra senza possibilità di riuscita la candidatura di “occhibelli” Franco Frattini: su di lui pesa la cittadinanza onoraria egiziana data a Ruby. C’è da dire che la conferenza stampa di Mario Monti al Plaza, è durata dieci minuti, che non ha accettato domande, rinviando alla diretta di oggi su Twitter il confronto con quanti siano interessati alla sua lista. Si è però rifatto abbondantemente in tv, a Otto e mezzo, da Lilly Gruber. In quella sede il Professoreha parlato, madonna quanto ha parlato, e ha detto anche cose interessanti. Come quella di non aver sentito l’appello che gli ha rivolto Berlusconi di dimettersi da senatore a vita. Male che gli vada, piuttosto che tornare a fare il rettore alla Bocconi, il Professore preferisce uno scranno fisso a Roma. Volete mettere il fascino del Ponentino!
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