foto: flickr
Sabato mattina, Luca fa appena in tempo a fare colazione per precipitarsi a Milano, dove deve provare un pezzo con un paio di persone. Oltretutto, non mi posso nemmeno lamentare, perché sono stata io a incastrarlo con quel pezzo lì.
Io faccio vestire i bambini, poi ci facciamo un giro tra le vacche. Si accoda anche un papà della scuola steineriana, che in questo periodo sta costruendo una casetta di paglia e fango nei weekend.
Arrivati alle stalle dove una volta stava il "mio" manzo, ci trovo il polacco, intento ad occuparsi di due vacche malate e incinte. Colta da un barlume di speranza, gli chiedo che fine abbia fatto quel toro così e cosà, che stava lì qualche mese fa. Inaspettatamente, lui mi racconta che Kojak (l'hanno chiamato così perché è un po' pelatino) è stato trasferito alla Zelata, nella stalla coperta, e con grande gioia soddisfa i bisogni di circa 30 vacche. Poi continua, raccontando a me e all'allibito padre steineriano le prodezze sessuali dell'altro toro da carne, Luxuria, e del misero torello frisone che pare tanto macilento ma poi le vacche non lo mollano per una notte intera.
Ieri, dopo aver passato mezza giornata da sola a fare la casalinga disperata (bambini dai nonni e marito al corso di bonsai), ho portato la famiglia a trovare Kojak, il mio amico ritrovato. Lui ci è sembrato molto contento della sistemazione e socievole come al solito, tutto contento di prendersi i grattini tra le corna. Poi i bambini hanno cominciato a dargli da mangiare un po' di erba e lui ha mostrato di gradire. Dopo un po', anche le altre mucche hanno reclamato la loro parte. Ce n'era una bellissima, tutta nera ma con il musino e una riga lungo la schiena marrone. Ma non riusciva quasi mai a mangiare dalle nostre mani, perché finiva sempre tra una nera e una pezzata molto voraci.
Ecco, è in momenti come questi che POI (ovvero 12 ore dopo) mi ricordo che avrei potuto portarmi la macchina fotografica e mi pento di non averlo fatto. E in realtà, chi si sarebbe messo a fotografare anziché strappare l'erba?