post pubblicato in diario, il 15 febbraio 2014
Lodi e benemerenze ad una iniziativa meravigliosa del Corriere. Con grande intelligenza vengono proposti i libri di uno di un narratore a mio modesto avviso enorme: Giorgio Scerbanenco.
Una prosa spezzata, sghemba e nervosa, talvolta non facile ma di sicura presa al servizio di storie che sembrano uscite da uno di quei fogli di cronaca del pomeriggio che non ci sono più (e che erano scritti con uno stile scarno ed asciutto che, anche nel peggiore dei casi, era scuola).
Il noir in Italia è roba sua. Gli altri sono epigoni. Spesso di classe ma difficilmente in grado di raggiungere quelle vette.
Assieme a Salgari e pochissimi altri è stato l'unico a fare autentica letteratura popolare e a restituire un gusto della lettura così puro e limpido associato ad uno spessore che solo adesso viene colto.
Come Salgari è stato un autore di una prolificità assurda, impensabile. Dettata dalle esigenze e da una richiesta sempre pressante: in fin dei conti erano tempi in cui si leggeva molto più di adesso ed anche l'operaio e la casalinga si facevano coinvolgere da racconti brevi di cui le riviste popolari erano infarciti. Scerbanenco era una autentica macchina da guerra che sfornava storie a getto continuo spaziando tra i generi. Alcune saranno anche tirate per i capelli (immagino il fiato degli editori sul collo) e meno ispirate di altre ma chi oggi è in grado di scrivere così?
Nei suoi noir, oltre a farci conoscere il sottobosco della mala Milanese e di tanti altri (di)sgraziati personaggi, ci documenta un'Italia che non ricordiamo più: quella delle osterie, dei negozi all'angolo dove ti facevano credito, dei dopolavori. Archeologia di un passato recente tramite la narrativa.
Oggi ho comprato il Centodelitti. Una meraviglia.
Tra pochi giorni mi sembra che comincia San Remo. Una ragione ancora più valida per lasciare spento il televisore ed accendere una serata con un libro.
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