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Schiava di Roma

Creato il 19 febbraio 2011 da Malvino

Roberto Benigni ha fatto notare a Umberto Bossi che l’analisi grammaticale dell’inno di Goffredo Mameli rivela che schiava di Roma non è l’Italia ma la vittoria (Raiuno, 17.2.2011) e Lilli Gruber lo fa notare a Mario Borghezio (La7, 18.2.2011), che obietta in modo scandaloso. Può darsi sia così – concede – ma il 99% dei padani legge la frase come la legge il Senatur e non c’è neppure bisogno di chiudere il sillogismo: Mameli ha scritto che l’Italia è schiava di Roma, e questo non è giusto, quindi fanculo all’inno.È follia, ma ha un metodo. È su questo che conviene appuntare l’attenzione, sennò non resterebbe che farsi una risata, ma ridere dei pazzi non è bello. Il senso di una frase – secondo Borghezio – non starebbe in ciò che essa esprime nel rispetto della logica che regge la sua costruzione, ma in ciò che normalmente se ne intende, anche se proprio contro quella logica.Non uso normalmente a caso, perché norma è regola, ma anche moda, ed è evidente che Borghezio chiami a convenire sulla norma data dalla media lasca degli ignoranti al suo livello, che in forza del numero aspirano a dettar legge. Come vedete, una risata sarebbe fuori luogo, perché siamo dinanzi a una questione delicata: la media lasca degli ignoranti non si azzardano a voler cambiare le norme che regolano la costruzione di una frase – la qual cosa sarebbe estremamente impegnativa anche se legittima – ma avanzano la pretesa di poterla leggere come meglio pare a loro. In Borghezio, insomma, non c’è pretesa di una nuova grammatica, ma di poter fare della vecchia il cazzo che gli pare. Non è posta la questione se Mameli possa essersi espresso in modo ambiguo: Mameli voleva dire l’Italia è schiava di Roma anche se non lo ha detto, perché così Bossi legge l’inno e così può ritenersi sia per il 99% dei padani.Dico padani, ma è per cautela: non vorrei aver inteso male, ma mi pare che Borghezio possa aver detto addirittura italiani. Potremmo dover essere ignoranti per aspirare ad essere normali.

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