La lettera di Alessandra Bortolotti alla redazione di Mattino Cinque riguardante questa puntata con Tata Lucia ha scatenato un puttiferio, decine di articoli, centinaia di commenti.
La storia è sempre la stessa: c’è chi “crede” in un modello educativo ad “alto contatto” e chi “crede” in un modello a “basso contatto”. I primi sostengono un allattamento oltre i due anni, co-sleeping, fasce per portare i piccoli, tante coccole e meno pianti possibili. I secondi sostengono l’allattamento artificiale, la nanna nel lettino fin dai primi giorni, passeggini e pianto “terapeutico” (impara e fa polmoni).
Ma è davvero così? Davvero esistono due schieramenti netti, due metodi educativi distinti? E i genitori devono per forza schierarsi di qua o di là prendendo uno o l’altro pacchetto completo?
Mi chiedo perché una lettera pacata come quella di Alessandra Bortolotti che non chiedeva la censura o l’abolizione delle tate, ma semplicemente riportava dati sul perché alcuni consigli elargiti con tanta sicurezza in tv fossero sbagliati, abbia scatenato una reazione così violenta nella “seconda fazione”.
Non entro (ora) nel merito della discussione, riassumo per sommi capi. Il primo punto riguardava l’allattamento notturno che, secondo tata Lucia a 7 mesi non dovrebbe più esistere, mentre, fa presente la Bortolotti, a 7 mesi un bambino dovrebbe avere appena inizato lo svezzamento mantenendo il latte materno come alimento complementare (indicazioni OMS/UNICEF). Il secondo riguardava la paura di un bambino di 4 anni che, all’improvviso non voleva più restare solo in una stanza senza sua madre; la tata consigliava di ignorarlo, la Bortolotti suggerisce un approccio di dialogo per capire la reale natura della paura del bambino.
E’ abbastanza evidente da che parte pendo, lo so. E se lo faccio è perché trovo più sensato, sia a logica che per esperienza, il ragionamento della Bortolotti che mette il genitore in ascolto del figlio.Il “primo schieramento” paventa una società di criminali e disadattati se continua un’educazione a basso contatto. Ecco, qui dissento, in parte. Sono convinta che un bambino cresca meglio, più sicuro e più sereno in una famiglia che lo circonda di affetto e attenzione. Credo che su questo sia difficile non essere d’accordo. Ma penso anche che non sempre, con tutta la nostra buona volontà possiamo capire i nostri figli e che quindi anche un bambino cresciuto ad alto contatto possa un giorno manifestare grossi disagi, così come uno tirato su a scappellotti e maleparole possa diventare una persona di tutto e rispetto e, magari, un genitore particolarmente amorevole. Questo perché, per fortuna, siamo liberi di diventare ciò che vogliamo. Ciò non toglie che io preferisca crescere i miei figli dedicando attenzione ai loro bisogni per facilitare loro il compito di diventare adulti felici ed equilibrati. Visto che posso e che questo non mi costa nulla se non un po’ di tempo e di pazienza in più.
Infine, ultimo punto per cui sostengo le tesi di Alessandra Bortolotti: un genitore dovrebbe decidere in base al momento, alle circostanze, al figlio cosa fare e come fare di fronte ad una certa scelta educativa. Però le informazioni che riceve non sono equilibrate e complete. Soprattutto se non frequenta internet riceverà i consigli di pediatri frettolosi che proporranno l’aggiunta e magari anche il ciuccio; se allatterà al seno riceverà critiche se lo farà in pubblico, se lo farà di notte, se lo farà oltre una certa età (mica 5 anni eh… già dopo 5-6 mesi si sta allattando “troppo”); se porterà con la fascia starà viziando il bambino, gli starà impedendo di diventare autonomo o lo starà soffocando; se lo consolerà quando piange gli starà impedendo di “fare polmoni”, di nuovo lo starà viziando, lo starà facendo diventare un bambino capriccioso.Ecco che un genitore che sente dentro di sè l’istinto di tenere in braccio il suo piccolo, di allattarlo quando piange, di consolarlo quando si sveglia o ha paura, rischierà di sentirsi “sbagliato” e incompetente. E magari cederà alle pressioni esterne invece che all’ascolto del suo piccolo e di se stesso.
Quindi i consigli della Tata non sono necessari. L’OMS con le sue indicazioni sull’allattamento non arriva, purtroppo, in tutte le case, tata Lucia sì. E allora la richiesta di Alessandra non è così sbagliata: chiede maggiore equilibrio, chiede informazioni corrette. E tutto questo schierarsi di qua e di là a priori non ha alcun senso perché non c’è un metodo educativo “giusto” e uno “sbagliato” su tutta la linea: ognuno deve fare i conti con sè stesso, con i propri limiti, le proprie capacità, i propri figli e l’ambiente che lo circonda.
E alla fine dei conti non è detto che una madre che non ha voluto/saputo/potuto allattare suo figlio non avrà modo di crescere una persona “bella”, così come non è scontato che chi allatta al seno sarà in grado di dare al figlio sempre e comunque ciò di cui ha bisogno.
Se amiamo i nostri figli, dedichiamo loro il nostro tempo, la nostra attenzione, il nostro ascolto, se ci interroghiamo su questi temi, sul loro futuro, sulle nostre scelte per la loro vita senza dare per scontato che la nostra sia la sola verità, allora saremo dei “bravi” genitori e, pur sapendo che commetteremo degli errori, sapremo anche di aver dato tutto ciò che potevamo dare. E loro sapranno perdonarci e amarci per questo.