In casa Laurent la sveglia suonava sempre prima del previsto. Eppure Papà Giorgio si proponeva sempre di svegliare la sua Greta nel giorno della gara, ma lei faceva sempre da sé. Il sole non era ancora sorto ad illuminare le fredde mattinate d’inverno, ma la giovane campionessa – sci, scarponi e bastoncini alla mano – già usciva di casa per raggiungere le piste. Una routine e una sveglia che un giorno le sarebbero valse i Giochi Olimpici. E’ la storia di Greta Laurent, giovane promessa classe 1992 della nazionale azzurra di fondo che il prossimo febbraio rappresenterà l’Italia nella gara sprint femminile di Sochi 2014.
PERCHÈ IL FONDO? PERCHÈ MI DIVERTIVO DI PIÙ - Nata ad Ivrea e cresciuta a Gressoney, già dalla camera da letto dell’ospedale dove venne alla luce si vedeva la cornice delle Alpi Valdostane che circondano il capoluogo eporediese. Inutile aggiungere che montagna e sci fossero già scritte nel destino di Greta: “All’inizio facevo sia discesa sia fondo – ricorda – ma col passare del tempo, spinta anche da mia sorella che già lo praticava, mi sono decisa a concentrarmi sul fondo: si era creato un bel gruppo nello sci club e mi divertivo di più”. Il divertimento, quel valore dello sport che nel tempo del culto del risultato si sta perdendo in tutte le discipline: “Quando siamo stati in ritiro in Norvegia sono stata colpita dal modo in cui gli istruttori lavoravano coi piccolini: era tutto un gioco, qualche esercizio, una gimcana e poi balli e divertimento. Questo dev’essere l’approccio giusto per avvicinare i più piccoli allo sport: per allenamenti e competezioni c’è poi tempo”.
QUANDO LE SALITE SEMBRAVANO INTERMINABILI - Nonostante la breve carriera, Greta ha già dovuto attraversare un periodo negativo: “A 17 anni presi la mononucleosi – ricorda – ma lo scoprii soltanto a fine stagione: ho passato praticamente un anno lontano dalle gare”. Un incubo per un atleta: le salite sembravano non finire mai e la fatica si faceva sentire sempre troppo presto: “Non riuscivo a rendere e non sapevo perché: mi sentivo sempre stanchissima, anche dopo sforzi leggeri”. Qui entra in gioco mamma Carla: “Ha fatto di tutto per scoprire il mio problema – racconta – perché anche fuori della piste da sci mi sentivo strana”.
E tra famiglia e allenatori, c’è un motivo se Greta non ha mai smesso di credere nei propri mezzi: “Mi ripetevano sempre di stare di tranquilla, di non preoccuparmi, che quello non era il mio livello e che potevo tranquillamente rendere di più”. Finchè è arrivata la ‘buona notizia’: “Quando finalmente scoprimmo la causa è scattata una molla dentro di me: tutta la sofferenza che avevo passato l’ho trasformata in carica e mi sono preparata al massimo per la stagione successiva, dovevo recuperare tutto il terreno perduto”.TORINO 2006-SOCHI 2014: DA TIFOSA AD ATLETA - Da buona sprinter si può dire che la rimonta sia arrivata: se otto anni fa scese a Torino per ammirare il suo idolo, la campionessa Marit Bjørgen, a Sochi la norvegese dovrà guardarsi le spalle da Greta Laurent. “La medaglia è ancora lontana – ammette modestamente l’azzurra, alla sua prima partecipazione olimpica – ma mi sento pronta per partecipare perché mi sono conquistata il posto sul campo, coi risultati che ho ottenuto, e questo mi sta dando una grande carica”. Anche sugli obiettivi è piuttosto concreta: “Voglio tornare a casa con un buon risultato: punto a qualificarmi nelle 30 e a passare un quarto d’oro, che significherebbe entrare tra le prime 12”. Vorrebbe una conferma, quindi, dell’undicesimo posto che ha ottenuto lo scorso 31 dicembre in Coppa del Mondo, a Lenzerheide in Svizzera. E poi, diamole tempo: nonostante i soli 22 anni Greta ci ha già dimostrato che quando ottiene le sue risposte sa caricarsi per lo sprint giusto e un domani, tra l’edizione coreana di Pyeongchang 2018 o nel 2022, ce ne accorgeremo sicuramente.
Stefano Rosso