Il punto più basso, quasi una Fossa delle Marianne ancora più profonda, della sua carriera di trasformista l’ha toccato ieri. Domenico Scilipoti detto Mimmo, l’agopunturista di Barcellona Pozzo di Gotto, si è reso conto di cosa significa essere considerato un infame o, come spesso gli urla la piazza quando va a lavorare a Montecitorio, un “venduto”. Da perfetto semi sconosciuto parlamentare dell’Idv, Scilipoti è assurto a fama e gloria dopo la sofferta decisione di dare una mano a Silvio nella campagna "mi faccio i cazzi miei". Ricordate come venne accolto dai suoi ex compagni di partito dopo la conferenza stampa nella quale, insieme al veltroniano Calearo, annunciava il salto della quaglia? “Imbecille” fu l’aggettivo meno lesivo, gli altri epiteti li lasciamo stare perché siamo dei gentiluomini. Ebbene ieri, nell’Aula di Montecitorio, gli è andata anche peggio. L’antefatto. Rosy Bindi, la presidente di turno dell’assemblea, effettua la chiama per la votazione. Mimmo Scilipoti, come ultimamente gli capita di fare per essere inquadrato dalle telecamere e rendere fiera la mamma, gigioneggia nell’emiciclo. Ad un certo punto, con uno scatto da centometrista e la tessera magnetica per votare in mano, si precipita verso il suo banco. Tenta di votare una volta, due, tre tanto che la Bindi è costretta a segnalare ai commessi i deputati in difficoltà. Scilipoti, visto che proprio non ce la fa, lo nomina tre volte e parte una salva di sfottò che apriti cielo. Il povero Mimmino (sempre per mamma sua), arrossisce, cerca di nascondersi sotto il banco tanto che gli si vede solo la manina che cerca ancora inutilmente di infilare la tessera nell’apposita fessura, quando parte l’urlo dei suoi ex compagni dell’Idv. Le cronache riportano un coro alto e forte: “Muuunnezzaa!”. Scilipoti è livido in volto, vorrebbe azzannarli ma si rende conto che con Barbato e Borghesi potrebbe avere la peggio. Finalmente si siede e riesce a votare. L’incubo sembra finito quando Roberto Menia di Fli, con un invidiabile humor british prende il microfono e dice alla Bindi: “Signor presidente, Scilipoti è la terza volta che non riesce a votare. Suggerisco di trasferire lui e la Siliquini (transfuga di Fli promossa nel Cda delle Poste), direttamente ai banchi di governo. Così otterranno un pagamento anticipato”. Terminata la votazione fra le risate generali (anche 2232 è stato colto in un momento di risata demoniaca), per una pausa pranzo tecnica (un consiglio dei ministri volante), alla ripresa dei lavori l’urlo è riecheggiato ancora nella solennità dell’Aula parlamentare. Barbato e Borghesi, niente affatto stanchi della performance mattutina hanno infatti ribadito il loro apprezzamento per Mimmo apostrofandolo ancora con un “munnezza” che lo ha fatto barcollare. Per il resto, tutto è andato secondo copione. La maggioranza militarizzata e blindata ha bocciato gli emendamenti proposti dall’opposizione compresi quelli che tendevano ad allungare i tempi per i processi dell’Aquila e di Viareggio, ma niente da fare, la salvezza di Silvio val bene una strage anzi, due. Alle 19 è iniziata la corrida delle ultime dichiarazioni prima del voto finale. Come sempre si è distinto Antonio Di Pietro che ha coniato un termine nuovo di zecca per il Nano²: “Delinquente del terzo tipo”, suscitando la stizzita e indignata reazione di 2232 che, nella sua dichiarazione di voto, ha ammesso senza alcuna vergogna che la “legge è fatta apposta per salvare Silvio Berlusconi dalla persecuzione ‘ad personam’ alla quale è sottoposto dalla magistratura comunista”. Dal tribunale di Roma, invece, una bella notizia. Gioacchino Genchi, persona degnissima e poliziotto tutto d’un pezzo, è stato assolto con formula piena dall’accusa di “accesso abusivo alla banca dati Siatel”, fatto per il quale Berlusconi adoperò la frase “il più grosso scandalo della repubblica”. Quel fatto non esiste, non c’è, Genchi non è entrato abusivamente da nessuna parte, mentre altrettanto non si può dire del Cavaliere che entra ed esce dove vuole meno che di galera. A chi lo avesse dimenticato, vogliamo ricordare che Genchi è stato espulso dalla Polizia di Stato per aver espresso dubbi sulla dinamica dell’attentato “dinamitardo” nel quale rimase ferito Berlusconi a Milano. Sapete com’è, Berlusconi, Belpietro, Capezzone, cosa non si farebbe per un quarto d’ora di notorietà.
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Scilipoti blues. Una “munnezza” per Silvio
Creato il 14 aprile 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Il punto più basso, quasi una Fossa delle Marianne ancora più profonda, della sua carriera di trasformista l’ha toccato ieri. Domenico Scilipoti detto Mimmo, l’agopunturista di Barcellona Pozzo di Gotto, si è reso conto di cosa significa essere considerato un infame o, come spesso gli urla la piazza quando va a lavorare a Montecitorio, un “venduto”. Da perfetto semi sconosciuto parlamentare dell’Idv, Scilipoti è assurto a fama e gloria dopo la sofferta decisione di dare una mano a Silvio nella campagna "mi faccio i cazzi miei". Ricordate come venne accolto dai suoi ex compagni di partito dopo la conferenza stampa nella quale, insieme al veltroniano Calearo, annunciava il salto della quaglia? “Imbecille” fu l’aggettivo meno lesivo, gli altri epiteti li lasciamo stare perché siamo dei gentiluomini. Ebbene ieri, nell’Aula di Montecitorio, gli è andata anche peggio. L’antefatto. Rosy Bindi, la presidente di turno dell’assemblea, effettua la chiama per la votazione. Mimmo Scilipoti, come ultimamente gli capita di fare per essere inquadrato dalle telecamere e rendere fiera la mamma, gigioneggia nell’emiciclo. Ad un certo punto, con uno scatto da centometrista e la tessera magnetica per votare in mano, si precipita verso il suo banco. Tenta di votare una volta, due, tre tanto che la Bindi è costretta a segnalare ai commessi i deputati in difficoltà. Scilipoti, visto che proprio non ce la fa, lo nomina tre volte e parte una salva di sfottò che apriti cielo. Il povero Mimmino (sempre per mamma sua), arrossisce, cerca di nascondersi sotto il banco tanto che gli si vede solo la manina che cerca ancora inutilmente di infilare la tessera nell’apposita fessura, quando parte l’urlo dei suoi ex compagni dell’Idv. Le cronache riportano un coro alto e forte: “Muuunnezzaa!”. Scilipoti è livido in volto, vorrebbe azzannarli ma si rende conto che con Barbato e Borghesi potrebbe avere la peggio. Finalmente si siede e riesce a votare. L’incubo sembra finito quando Roberto Menia di Fli, con un invidiabile humor british prende il microfono e dice alla Bindi: “Signor presidente, Scilipoti è la terza volta che non riesce a votare. Suggerisco di trasferire lui e la Siliquini (transfuga di Fli promossa nel Cda delle Poste), direttamente ai banchi di governo. Così otterranno un pagamento anticipato”. Terminata la votazione fra le risate generali (anche 2232 è stato colto in un momento di risata demoniaca), per una pausa pranzo tecnica (un consiglio dei ministri volante), alla ripresa dei lavori l’urlo è riecheggiato ancora nella solennità dell’Aula parlamentare. Barbato e Borghesi, niente affatto stanchi della performance mattutina hanno infatti ribadito il loro apprezzamento per Mimmo apostrofandolo ancora con un “munnezza” che lo ha fatto barcollare. Per il resto, tutto è andato secondo copione. La maggioranza militarizzata e blindata ha bocciato gli emendamenti proposti dall’opposizione compresi quelli che tendevano ad allungare i tempi per i processi dell’Aquila e di Viareggio, ma niente da fare, la salvezza di Silvio val bene una strage anzi, due. Alle 19 è iniziata la corrida delle ultime dichiarazioni prima del voto finale. Come sempre si è distinto Antonio Di Pietro che ha coniato un termine nuovo di zecca per il Nano²: “Delinquente del terzo tipo”, suscitando la stizzita e indignata reazione di 2232 che, nella sua dichiarazione di voto, ha ammesso senza alcuna vergogna che la “legge è fatta apposta per salvare Silvio Berlusconi dalla persecuzione ‘ad personam’ alla quale è sottoposto dalla magistratura comunista”. Dal tribunale di Roma, invece, una bella notizia. Gioacchino Genchi, persona degnissima e poliziotto tutto d’un pezzo, è stato assolto con formula piena dall’accusa di “accesso abusivo alla banca dati Siatel”, fatto per il quale Berlusconi adoperò la frase “il più grosso scandalo della repubblica”. Quel fatto non esiste, non c’è, Genchi non è entrato abusivamente da nessuna parte, mentre altrettanto non si può dire del Cavaliere che entra ed esce dove vuole meno che di galera. A chi lo avesse dimenticato, vogliamo ricordare che Genchi è stato espulso dalla Polizia di Stato per aver espresso dubbi sulla dinamica dell’attentato “dinamitardo” nel quale rimase ferito Berlusconi a Milano. Sapete com’è, Berlusconi, Belpietro, Capezzone, cosa non si farebbe per un quarto d’ora di notorietà.
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