Scilipoti: “I Responsabili nati da uno spermatozoo”. Andreotti come Misery, ma alla fine non muore nessuno (a parte Gheddafi)
Creato il 22 ottobre 2011 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Non è uno scherzo né una battuta. Mimmuzzo Scilipoti ha risposto a chi gli chiedeva cos’è la Responsabilità, con la seguente frase destinata a restare impressa a caratteri di fuoco sul monumento della Storia: “La Responsabilità è uno spermatozoo che genererà un mondo nuovo e diverso. Il nostro movimento è stato fecondato dal popolo”. Ora, a parte il fatto che ci riesce davvero difficile immaginare un intero popolo che si fa una pippa (che non è la sorella di Kate ma l’andare leggero e sognante della mano) per fecondare in vitro il movimento di Scilipoti, ma come diavolo fa un uomo politico a farsi venire in mente una cazzata del genere? Misteri del trasfor-mimmo. Roma è stata la sede del primo congresso nazionale del Movimento di Responsabilità. A leggere il resoconto dei lavori, sia sul Fatto che su Repubblica, ci è sembrato di stare in un circo popolato da clown rincoglioniti e prossimi alla pensione, da domatori di pulci e da quattro (diconsi 4) contorsioniste sgallettate in tutina blu (in omaggio al colore preferito da Silvio) portatrici di un progetto di risanamento della morale pubblica. I resoconti parlano di discorsi al limite del delirio, di inciampi linguistici, di parole tronche, di pensieri monchi, di frasi smozzicate e di idee confuse. A chi ha proposto di trasformare un traliccio dell’Enel alto 250 metri nella Tour Eiffel dello Stretto di Messina, da adottare come nuovo simbolo della Sicilia, ha fatto da contraltare il discorso del presidente del Movimento per l’Italia Garantista, Pier Paolo Zaccai, che qualche anno fa venne espulso dal Pdl perché, dopo una notte a base di trans e coca, gli era venuta la voglia di tenere un comizio da un balcone completamente nudo. Ovviamente venne ricoverato con un Tso d’urgenza e, da quel momento, è diventato il paladino del garantismo all’italiana. Presenti ovviamente, anche altri campioni della coerenza italica, l’ex Pd Bruno Cesario e il suo collega dipietrista Antonio Razzi il quale, mettendosi una mano sul cuore come se stesse ascoltando l’Inno di Mameli ha detto: “Spero che Berlusconi possa vivere almeno sino a cent’anni per governare. Senza di lui non ci sarebbe il Pdl, non ci sarebbe niente”, men che meno, aggiungiamo noi, chi possa assicurargli la continuazione di una carriera politica all’insegna del vuoto che si fa nulla. Incazzatissimi, invece, i nazifascisti del Msi arrivati in coppia, Gaetano Saya e la di lui signora Maria Antonietta Cannizzaro in completo color kaki, che non si li è filati nessuno. Immancabili il prete (vero) e una suora (anche lei vera e non Nicole travestita) giunti a dare il sigillo di cristianità al Movimento nato da una sega. Benedicendo il congresso, don Marcello Stanzione, parroco di campagna di Eboli, ha detto: “Chi è l’angelo custode di Scilipoti? Gli angeli non hanno carta d’identità”, frase che ha lasciato tutti di stucco perché sembrava provenire direttamente da un degente del manicomio criminale di Aversa. Noi, più prosaici e meno sognatori di Scilipoti, ci facciamo un paio di domande. La prima: chi ha pagato tutto ciò? Chi ha tirato fuori dalle tasche il vitto, l’alloggio e il piccolo cachet per i mille figuranti accorsi alla kermesse scilipotiana? La seconda: è mai possibile che si debba organizzare un momento delirante solo per permettere a Silvio di dire che governerà almeno per altri cinque anni? Non basta leggere le dichiarazioni di Pannella e di Casini per capirlo? Ma comunque sia andata, a lavori congressuali conclusi, Mimmuzzo ha chiamato la mamma, che aveva seguito in streaming la performance dell’amato figlio, e le ha detto: “Mammuzza, ti sono piaciuto? Come sono andato”. “Testa di minchia eri testa di minchia restasti”, gli ha risposto la mamma chiudendogli il telefono in faccia. Preferendo non entrare nella polemica riguardante il trattamento subito dal cadavere di Muhammar Gheddafi perché potrebbero scapparci delle considerazioni vietate ai minori, preferiamo chiudere con l’ennesima boutade di Giulio Andreotti che nessuno vede e sente più ormai da una vita. Dato quasi per spacciato da Dagospia, e da altri giornali che avevano ripreso la notizia dando per certa una sua prossima dipartita, il tenutario di mille segreti di questa strana repubblica, ha preso carta e penna e scritto una nota per le agenzie: “In questi giorni mi giungono voci insistenti su un mio ricovero per aggravamento di salute. Capisco che molti attendono un mio passaggio a ‘miglior vita’ ma io non ho fretta e ringrazio tutti coloro ai quali sta a cuore la mia salute e in particolare il Signore per l’ulteriore proroga”. Resterà nella storia dell’andreottismo, la battuta del senatore a vita sul medico che, durante la visita di Leva, gli diagnosticò sei mesi di vita. “Anni dopo lo cercai – disse Andreotti – volevo fargli sapere che ero sopravvissuto. Ma era morto lui. È andata sempre così: mi pronosticavano la fine, io sopravvivevo, sono morti loro”. A chi trova parallelismi con la storia della fine politica di Silvio diciamo che a pensar male si fa peccato ma che quasi sempre ci si azzecca.
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